Promessa in campagna elettorale, ribadita anche a novembre quando era ancora “Presidente eletto” in attesa dell’esito dei ricorsi presentati dall’entourage legale di Trump, la lotta di Joe Biden alle carceri private negli Stati Uniti si fa adesso concreta. Il neo-eletto presidente ha infatti firmato quattro ordini esecutivi, uno dei quali ha imposto al Dipartimento di giustizia di porre fine all’uso di prigioni private nel sistema carcerario federale. Gli altri provvedimenti riguardano la lotta alla discriminazione razziale e il consolidamento dei rapporti tra governo e tribù di nativi americani.

Secondo quanto riferito dalla consulente per le politiche interne di Biden, Susan Rice, la disposizione ordina al procuratore generale di non rinnovare – alla scadenza – i contratti con le carceri private. La misura si applica però solo alle strutture del DOJ (Department of Justice, ndr). Ciò significa che l’ordine avrà un impatto soltanto su 12 strutture, che ospitano circa 14mila detenuti, ma non sui centri di detenzione privati in accordo con i singoli stati o con altre agenzie governative, come il Dipartimento per la sicurezza interna. Complessivamente sono 116mila le persone detenute in istituti “non statali”, quasi dieci volte quelli interessati dal provvedimento. La mossa riporterà il Dipartimento di Giustizia alla stessa posizione che aveva alla fine dell’amministrazione Obama, e che era stata modificata durante la gestione Trump. “È un primo passo per impedire alle aziende di trarre profitto dall’incarcerazione”, ha commentato Biden, aggiungendo di essere “solo all’inizio del piano per affrontare i problemi sistemici del sistema di giustizia penale americano”.

L’Ufficio federale delle prigioni aveva comunque già deciso negli ultimi mesi di non rinnovare alcuni contratti, vista la diminuzione del numero di detenuti dovuta anche al rilascio di alcuni di questi a causa della pandemia. GEO Group, una società privata che gestisce carceri federali, ha definito l’ordine Biden “una soluzione alla ricerca di un problema”. “Dati i passi già annunciati sul taglio dei contratti – ha scritto in un comunicato un portavoce del gruppo – l’ordine esecutivo di oggi rappresenta semplicemente una dichiarazione politica, che potrebbe comportare gravi conseguenze, come la perdita di centinaia di posti di lavoro e un impatto economico negativo per le comunità in cui si trovano le nostre strutture”.

La decisione scontenta in parte anche gli attivisti per i diritti civili. David Fathi, direttore del National Prison Project dell’American Civil Liberties Union, ha osservato come l’ordine non abbia tenuto in considerazione i centri di detenzione per immigrati gestiti da privati. “Quello di oggi – ha dichiarato – è un primo passo importante per riconoscere i danni che sono stati fatti, ma Biden ha l’obbligo di fare di più, soprattutto considerando la sua storia e le sue promesse”.

Il nuovo presidente si è infatti impegnato a portare avanti radicali riforme, tra le quali l’abbassamento dei tassi record di incarcerazione negli Stati Uniti e interventi contro la massiccia presenza di detenuti appartenenti alle minoranze.

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Napoletano, Giornalista praticante, nato nel ’95. Ha collaborato con Fanpage e Avvenire. Laureato in lingue, parla molto bene in inglese e molto male in tedesco. Un master in giornalismo alla Lumsa di Roma. Ex arbitro di calcio. Ossessionato dall'ordine. Appassionato in ordine sparso di politica, Lego, arte, calcio e Simpson.