Chip installati sotto la pelle per registrare le conversazioni, cani robotici che ti danno la caccia fin dentro casa, sistemi di like e commenti come discriminante per vivere in società, sono solamente alcuni dei temi che hanno consacrato la serie tv Black Mirror nell’alveo dell’immaginario cult. Nata in casa Netflix e andata in onda dal 2011, Black Mirror ha fatto subito discutere per i suoi episodi così crudi, ma anche così reali, perché prefigurano una realtà distorta, distopica appunto, ma non così impensabile, come si crede.

I suoi protagonisti, donne e uomini dell’immediato futuro, devono fare i conti con la pervasività dei mezzi tecnologici e della loro strumentalizzazione, che inevitabilmente procura a tutti i soggetti coinvolti pericolosi danni nell’ambito della privacy e nelle proprie relazioni personali e professionali. Uno scenario che è frutto di immaginazione, ma che funge da riflessione sullo schermo a proposito dell’uso delle app, dei social network e di una tecnologia che, se viene usata in maniera amorale, e in mani meno sapienti, potrebbe portarci alla deriva.

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