L’Arma dei carabinieri “sdogana” le fake news. La vicenda, che sta suscitando in queste ore grande imbarazzo fra le gerarchie militari, è relativa all’acquisto di una partita di ferri da stiro verticali a vapore. Nelle intenzioni dei vertici dei carabinieri, il vapore prodotto dai ferri da stiro sarebbe un alleato formidabile nella lotta al Coronavirus. All’inizio di questa settimana, il comandante dei carabinieri della Regione Lazio, il generale Marco Minicucci, ha illustrato i benefici del vapore in una circolare indirizzata a tutti i dipendenti.  Il ferro scelto dal generale ha la forma simile a quella di una normale spazzola, con un manico che funge da impugnatura e una piastra fornita di fori per la fuoriuscita del vapore. Nel manico è presente il piccolo serbatoio dell’acqua. Si tratta di un oggetto in vendita per poche decine di euro, normalmente utilizzato per stirature improvvise senza la pretesa di risultati particolarmente precisi.

Secondo Minicucci, però, questo piccolo ferro a vapore sarebbe la panacea per la sanificazione dei mobili e, soprattutto, delle uniformi del personale, confezionate con un tessuto lavabile solo in lavanderia. Si sarebbe arrivati alla scelta del ferro a vapore, prosegue Minicucci, dopo «un confronto informale» con l’Istituto superiore di sanità e grazie a «una recente campagna di informazione della Johns Hopkins University», nella quale «viene riferito in estrema sintesi che il calore è in grado di sciogliere lo strato di grasso che ricopre la membrana della molecola del virus».

La notizia delle proprietà salvifiche del vapore nella lotta al Coronavirus, attribuite allo studio dell’Università di Baltimora, era apparsa alla fine di marzo in un messaggio poi condiviso in tantissime chat Whatsapp. Il quotidiano Open, essendo divenuta virale la notizia, aveva immediatamente fatto delle verifiche accertando che non esisteva alcuno studio in tal senso sul sito della Johns Hopkins University. Anche il virologo Roberto Burioni aveva smascherato la bufala con un tweet: «Ecco l’ultima scemenza: “Il virus è una molecola proteica (Dna)”. Se uno studente mi dice che il Dna è una proteina è morto, se me lo dice parlando di un virus a Rna, come il coronavirus, lo rianimo per ucciderlo una seconda volta. Altro che John Hopkins».

Se anche l’Arma cede alle fake news, non verificando le fonti, vuol dire che siamo “alla frutta”, si sono subito scatenati tanti militari alla prese con il ferro a vapore di Minicucci. Sul capo del generale, poi, pende come un macigno il conflitto di interessi. Minicucci, oltre ad essere il comandante dei carabinieri laziali è infatti anche il presidente del Cocer, l’organismo di rappresentanza sindacale dell’Arma che dovrebbe tutelare il personale.  Un po’ come se al tavolo di concertazione con l’azienda i dipendenti della Fiat si facessero rappresentare direttamente dal presidente John Elkann. Il Testo unico dell’Ordinamento militare ha previsto il divieto che un comandante possa essere eleggibile, per ovvi motivi, al Cocer.

L’escamotage è che Minicucci è stato eletto nel 2018 prima di diventare il comandante dei carabinieri del Lazio e, a oggi, non ha mai pensato di dimettersi dall’incarico. Smascherato il tarocco della Johns Hopkins University, i sindacati militari hanno comunicato di aver chiesto l’accesso agli atti all’Istituto superiore di sanità per capire chi abbia avallato la scelta del ferro a vapore.