Mandiamoli a quel paese
Affitti alle stelle, cari studenti imparate a fare sacrifici: ve le ricordate le tende del Belice?
Ve le ricordate le tende del Belice? Erano quattro stracci grigio sporco sorretti da due pali di ferro. Dentro si pigiavano le famiglie che avevano avuto la casa distrutta nei paesi della Valle del Belice, fra Agrigento e Trapani, dopo il terremoto feroce del 14 gennaio 1968. Le tende dovevano star lì qualche giorno, invece restarono anni. Finché fu il presidente Pertini a lanciare il grido: “Dove sono finiti i soldi del Belice?”.
Erano passati quindici anni dal terremoto e i terremotati erano ancora in mezzo alla strada. Ecco, quello fu uno scandalo. E ti si stringeva il cuore a vedere le foto coi bambini costretti a vivere in un accampamento, nel fango, senza la scuola, senza la Chiesa, senza un posto dove giocare. Ora invece non mi si stringe il cuore. Anzi, vi confesso che mi sale una rabbia incontenibile quando sento la ragazza di Bergamo che dice frignando che lei è costretta a piantare una tenda in strada perché non può venire a studiare a Milano dove gli affitti costano troppo. Voi direte che sono una snob borghese, ma io non so trattenermi: “ragazza, muovi il sedere, fai l’abbonamento e prendi il treno! Ragazza, lo sai cosa facevano un paio di generazioni fa i poveri che volevano diventare dottori? Studiavano, lavoravano, sgobbavano, sudavano, e poi si presentavano all’esame e prendevano trenta e lode, mentre i signorini con l’aria altezzosa, figli di papà, non sapevano neanche chi fosse Schumpeter e si accontentavano del 24.
Chiaro? Non sono io che sono snob, cara ragazza piagnucolosa. Sono quelle tende che mettete voi a essere le madri di tutti gli snobismi possibili. Non è che io ritenga eccessiva la protesta degli studenti in tenda contro il caro affitti. No. La considero semplicemente uno schiaffo alla logica e alla povertà. Ci sono 5 milioni di persone, in Italia, che vivono sotto il livello di povertà. Ci sono milioni di persone che non hanno un tetto, o che devono dividerselo con la cognata o il cugino. Ci sono un esercito di lavoratori che alla fine della giornata hanno messo sì e no insieme i soldi per comprare una cena scarsa ai loro bambini. Lo sapevate? E questi ragazzetti borghesi cosa vogliono da noi? La casa. L’affitto gratis. La comodità. Il lusso.
Per favore, senza distinzioni tra destra e sinistra: mandiamoli a quel paese. Spieghiamogli che in Italia ci sono grandi questioni sociali aperte, e che loro non sono l’urgenza: si arrangino un po’. Facciano i pendolari, dividano la casa con un amico, trovino una zia che li ospiti, oppure vadano a servire a un bar la sera per mettere insieme un po’ di soldi. Ragazzi: sapete cos’è il sacrificio? È la molla per migliorarsi, per crearsi un futuro, per realizzare i sogni. E soprattutto è la lente di ingrandimento che ti fa capire il mondo, ci mostra come è fatto, e ci rende evidente la realtà. Senza i sacrifici, – amici marxisti immaginari -, nella vita non si ottiene niente.
Ricordate tutti quell’aneddoto: si racconta che la regina Maria Antonietta di Francia, moglie di Luigi XVI, alla vigilia della rivoluzione dell’89 e mentre la Francia era travolta dalla rivolta, suggerì ai suoi consiglieri che le dicevano che il popolo era furioso perché rimasto senza pane: “Ditegli di mangiare brioche…” Ecco, ora le cose si sono invertite. I ragazzi in lotta vogliono le brioche. Vi prego, gridiamogli in coro che si mangino il pane.
P.S. Ho visto che il Pd si è subito commosso per la protesta dei ragazzini che vogliono brioche. E ha deciso che il problema va risolto facendola pagare a qualcuno. A chi? Ai proprietari di case. Il Pd propone che siano puniti fiscalmente quelli che hanno una casa e non la mettono in affitto. Capito? Sarà lo Stato a decidere cosa devi fare tu con la tua casetta che ti sei comprato con i risparmi di trent’anni di lavoro. Più o meno come si faceva nella Russia di Breznev.
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