La polemica dopo l'incontro in Vaticano
Caso Orlandi, papa Francesco: “Su Wojtyla illazioni offensive e infondate”. Il fratello Pietro: “Mai accusato Giovanni Paolo II”
“Certo di interpretare i sentimenti dei fedeli di tutto il mondo, rivolgo un pensiero grato alla memoria di san Giovanni Paolo II, in questi giorni oggetto di illazioni offensive e infondate”. Così papa Francesco al Regina Coeli, applaudito dai fedeli riuniti in Piazza San Pietro. Si legge anche su Vatican News, che spiega: “Dopo la recita del Regina Caeli, Papa Francesco ha difeso il predecessore san Giovanni Paolo II, la cui figura negli ultimi giorni è stata al centro di accuse infamati legate al caso Orlandi, mosse sulla base di anonimi ‘si dice’, senza testimonianze o indizi”. Le parole del Papa fanno riferimento alla polemica che da qualche giorno infiamma le cronache sul caso Orlandi dopo che il fratello Pietro è stato ascoltato in Vaticano. La notizia dell’Audizione di ben 8 ore di Pietro Orlandi in Vaticano aveva riacceso la speranza di un passo decisivo verso la verità sulla scomparsa di Emanuela avvenuta nel 1983, 40 anni fa. Ma nei quattro giorni successivi a quell’importante incontro è scoppiata la polemica, culminata con le parole del Papa in piazza. Cosa è successo?
Dopo l’incontro e un primo iniziale silenzio, il Vaticano, attraverso Vatican News e i suoi organi di stampa, prima ha manifestato irritazione per alcune presunte affermazioni di Pietro Orlandi su Giovanni Paolo II, poi il Promotore di Giustizia ha convocato sabato mattina l’avvocato della famiglia Orlandi, Laura Sgrò, per conoscere la fonte di tali informazioni ritenute dal Vaticano “illazioni infamanti”. L’avvocato ha opposto il segreto professionale e a quel punto il Vaticano ha accusato con un titolo su Vatican News: “Pietro Orlandi e l’avvocato Sgrò si rifiutano di fare nomi”. Immediata la risposta di Pietro: “Falso, abbiamo consegnato una lunga lista”.
L’incontro in Vaticano, Pietro Orlandi ascoltato per 8 ore
Proviamo a ripercorrere tutto dall’inizio. L’11 aprile Pietro Orlandi è stato ricevuto in Vaticano e ascoltato per otto ore come persona informata sui fatti nell’ambito di una nuova inchiesta aperta dal Vaticano sul caso della scomparsa di Emanuela. Il confronto è avvenuto con il promotore di Giustizia Vaticano Alessandro Diddi. Al termine Orlandi si è detto sereno di quell’incontro che attendeva da tempo. “Abbiamo parlato di tante cose – ha detto all’Ansa – della famosa ‘trattativa Capaldo’, del trasferimento di Emanuela a Londra, di pedofilia, degli screenshot dei messaggi di cui siamo entrati in possesso” con l’avvocato della famiglia, Laura Sgrò. “Finalmente, dopo 40 anni, ho potuto sfogarmi e ho trovato ampia disponibilità a fare chiarezza, a mettere un punto, qualunque sia la responsabilità. Mi hanno ascoltato e hanno accettato tutto quello che avevo da dire, sottolineando che auspicano la massima collaborazione con la Procura di Roma e le altre istituzioni italiane”.
Pietro Orlandi ha detto che tutte le sue dichiarazioni sono state verbalizzate. “Da tre anni chiedevo di essere ascoltato. Questo è un momento importante perché a qualcosa deve portare, dopo le mie dichiarazioni ci devono essere delle risposte. Il fatto stesso che il promotore abbia ricevuto da Papa Francesco e dal Segretario di Stato il compito di fare chiarezza e non fare sconti a nessuno è significativo, se ci sono responsabilità, anche in alto, io non mi tiro indietro. Ho presentato una nota informativa con tutte le persone, e i cardinali, che andrebbero interrogati, che potrebbero aver avuto un ruolo o essere a conoscenza dei fatti. Loro non hanno escluso nessuno”. Un’occasione richiesta più volte dalla famiglia, che ha avuto così la possibilità di depositare un’ampia memoria – 13 pagine e una lista di 29 testimoni – utili alle indagini.
L’avvocato convocato sabato in Vaticano
“Incontro-lampo dell’avvocato Laura Sgrò con il Promotore di Giustizia Alessandro Diddi – si legge su Vatican News – la mattina di sabato 15 aprile la legale della famiglia Orlandi si è recata in Vaticano dov’era stata convocata in qualità di testimone per riferire in merito alle fonti delle informazioni riguardanti Giovanni Paolo II e più in generale sul caso della ragazza scomparsa. L’avvocato ha scelto di opporre il segreto professionale e dunque si è rifiutata di riferire da chi lei e Pietro Orlandi abbiano raccolto le ‘voci’ sulle presunte abitudini di Papa Wojtyla che, secondo quanto raccontato dal fratello di Emanuela durante la trasmissione Di martedì, ‘la sera se ne usciva con due suoi amici monsignori polacchi’ e ‘non andava certo a benedire le case’. Parole che Pietro Orlandi ha pronunciato in diretta su La7 la sera dell’11 aprile, dopo essere stato lungamente ascoltato dal Promotore di Giustizia, lasciando così intendere di voler in qualche modo asseverare il contenuto di un audio nel quale un membro della Banda della Magliana faceva pesanti allusioni sul Pontefice polacco”.
“Questa mattina – ha dichiarato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede Matteo Bruni – il Promotore di giustizia, professor Alessandro Diddi, insieme al professor Gianluca Perone, Promotore applicato, ha ricevuto l’avvocato Laura Sgrò, come da lei ripetutamente e pubblicamente richiesto, nell’ambito del fascicolo aperto sulla vicenda della scomparsa di Emanuela Orlandi, anche per fornire quegli elementi, relativi alla provenienza di alcune informazioni in suo possesso, attesi dopo le dichiarazioni fornite da Pietro Orlandi. L’avvocato Sgro si è avvalsa del segreto professionale”. E qui il titolo: “Pietro Orlandi e l’avvocato Sgrò si rifiutano di fare nomi”. Sempre per i media vaticani, preferendo “inaspettatamente e sorprendentemente” opporre il segreto professionale, l’avv. Sgrò avrebbe deciso “di non collaborare con le indagini dopo che più volte e pubblicamente, negli scorsi mesi, aveva chiesto di poter essere ascoltata”.
Immediata via Facebook, la reazione di Pietro Orlandi: “Ma sono impazziti, ma cos’è questo gioco sporco? Ma chi si rifiuta di fare i nomi? Ma se gli abbiamo dato una lunga lista di nomi, ma perché ? Altro che strumentalizzare le parole, qui in questo titolo c’è il peggio del peggio. Ma come, sono andato in primis a verbalizzare proprio per fare i nomi, tra gli altri, riguardo i famosi messaggi whatsapp affinché fossero convocati e interrogati e ora hanno il coraggio di dire che non ho fatto nomi?”.
Più tardi anche la lettera dell’avvocato Sgrò al prefetto del Dicastero per la Comunicazione Paolo Ruffini, al direttore editoriale Andrea Tornielli e al direttore della Sala stampa vaticana Matteo Bruni, in cui la legale ha sostenuto senza mezzi termini che “attaccare il segreto professionale è attaccare la libertà e la ricerca indipendente della verità. Tale attacco è ciò che avete fatto oggi”. Sgrò puntualizza che “una mia personale audizione come persona informata sui fatti è evidentemente incompatibile con la mia posizione di difensore della famiglia Orlandi e dell’attività in favore della ricerca di Emanuela che sto svolgendo. Questo è quello che ho pacificamente rappresentato, come avevo già fatto telefonicamente e via mail, al Promotore di Giustizia e a tutti i presenti”.
“Per quanto, poi, riguarda la mia posizione, violare il segreto professionale – dovreste ben saperlo – vuol dire non consentire a un difensore di mantenere la propria posizione differenziata, vuol dire alterare i propri rapporti, la propria credibilità, la propria libertà di azione, intralciando il diritto alle proprie autonome indagini”, aggiunge. “La violazione del segreto professionale impedisce a un avvocato di svolgere liberamente il proprio lavoro – spiega -. Il segreto professionale è, quindi, baluardo della verità stessa e attaccarlo significa volere impedire a un avvocato di potere apportare il proprio contributo alla verità. Quanto leggo è una pressione su di me a violare la deontologia professionale cui sono tenuta e a cui non intendo, in alcun modo, derogare”. In conclusione, l’avvocato precisa che “Pietro Orlandi non ha mai accusato di nulla Sua Santità di Giovanni Paolo II e nessuna persona che io rappresento lo ha mai fatto. Ha chiesto approfondimenti su fatti a lui riferiti”.
Nello scontro è intervenuto in prima persona anche il promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, che, in un’intervista all’Adnkronos, ha definito l’atteggiamento del legale “una grande battuta di arresto sul mandato del Papa di ricercare a 360 gradi la verità” e “su quello che per anni la famiglia Orlandi ha chiesto di fare”. “Io dico solo che non si gioca con la figura e la memoria di un santo – la posizione di Diddi -, certe accuse sono gravi due volte perché non dimostrate e perché rilanciate mediaticamente, e dunque vanno chiarite subito, senza se e senza ma. Cosa che Sgrò ha preferito non fare”.
La risposta di Orlandi dopo le parole del Papa
Poi le parole di Papa Francesco domenica in Piazza San Pietro in difesa del suo predecessore. Non si è fatta attendere la replica di Pietro Orlandi: “Papa Francesco ha fatto bene a difendere Wojtyla dalle accuse formulate da Marcello Neroni attraverso un’audio reso pubblico il 9 dicembre scorso dal giornalista Alessandro Ambrosini”, ha detto all’Adnkronos. “Le uniche accuse nei confronti di Wojtyla sono emerse da quell’audio – prosegue il fratello di Emanuela – Per questo ho ritenuto di consegnare quell’audio al promotore di Giustizia in Vaticano Alessandro Diddi affinché indagasse su questo personaggio. Non posso certo io dire se in quell’audio viene detto il vero o il falso. Lo stesso Diddi mi disse che è necessario scavare ovunque. Ma è giusto che Francesco abbia ritenuto difendere Wojtyla da quelle accuse” ha concluso Pietro. E ancora sui suoi social: “Io, tantomeno l’avvocato Sgro’, abbiamo mai accusato Wojtyla di alcunché come qualcuno vorrebbe far credere. L’unico nostro intento è quello di dare giustizia a mia sorella Emanuela e arrivare alla Verità qualunque essa sia”.
“Ieri sono stata chiamata in Vaticano per Emanuela, non per Giovanni Paolo II. Nessuno mi chiesto di Giovanni Paolo II. Non è mai stato nominato dal Promotore durante il nostro brevissimo colloquio. Non risulta nel verbale, non è mai stato oggetto di conversazione“, spiega Laura Sgrò, intervistata dall’AdnKronos. “Quando sono uscita ho scoperto che sarei stata reticente su fatti che lo riguardano. Ma come si fa a essere reticenti su qualcosa di cui non si è parlato? Non ho mai messo in discussione la Santità di Giovanni Paolo II – sottolinea – come legale di Pietro Orlandi abbiamo messo a disposizione degli inquirenti quello che sapevamo. Nel rispetto della mia posizione di avvocato, sono disponibile a un colloquio. Abbiamo chiesto chiarezza” conclude Sgrò.
© Riproduzione riservata