Parla l’autore della registrazione che scuote il Vaticano
“Il nastro che ha riaperto il caso Orlandi contiene altri segreti”, intervista ad Alessandro Ambrosini

Ci sono opere letterarie che fondono il “basso e l’alto”, lo sterco con la santità. A questo genere di opere, solitamente mal tollerate dalle ricostruzioni ufficiali, va ascritto con certezza quello che nelle redazioni viene definito “il nastro”, ovvero le rivelazioni raccolte da Alessandro Ambrosini sull’ultimo incredibile movente della sparizione di Emanuela Orlandi e il possibile coinvolgimento di Karol Wojtyla che il Riformista ha pubblicato in esclusiva, grazie al blog Notte criminale, nel dicembre scorso.
Due giorni fa “il nastro” è entrato in Vaticano nelle mani di Pietro Orlandi ed è stato ascoltato dal promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi. Ma la portata delle rivelazioni, tutte da verificare, di Marcello Neroni, un uomo di punta del dispositivo criminale di Renato De Pedis, mente strategica della Banda della Magliana, non si fermano alla pista vaticana e raccontano una storia di confine, quella dei rapporti tra apparati dello Stato e alta criminalità. Ambrosini oggi spiega il backstage di quel “nastro” che può innescare una rivisitazione storica del papato di Wojtyla e che di certo sarà materia di indagine della commissione parlamentare sulla vicenda Orlandi-Gregori.
Quando hai incontrato Neroni immaginavi che ti avrebbe parlato di Wojtyla e della scomparsa di Emanuela Orlandi?
Non era esattamente quello l’argomento principale dell’incontro. Mi aspettavo di parlare di Emanuela Orlandi, sicuramente. È, ed è stato, un link importante sia per la storia d’Italia, sia per la Banda della Magliana stessa. Non mi aspettavo assolutamente di sentire accusare il Papa “del muro di Berlino”, in modo così forte e soprattutto dettagliato nei passaggi antecedenti il rapimento di Emanuela.
L’intervista è del 2009, perché sei andato da lui? E perché solo nel 2022 hai pubblicato alcuni stralci di questa lunga conversazione?
In realtà, con due collaboratori eravamo andati per intervistarlo sulla Banda della Magliana, un’inchiesta che stavo facendo in relazione ai rapporti tra la criminalità romana e il potere economico-politico nella Capitale.
Pietro Orlandi ha fatto ascoltare gli audio che riguardano la sorella Emanuela in Vaticano: sembra impensabile, una trama da serie tv. Non hai pensato che Neroni potesse essere un millantatore?
Certo! L’ho subito pensato. Riascoltando l’audio nella sua interezza (oltre tre ore), capisci che non può essere frutto dell’ego criminale e inizi a cercare riscontri. Poi l’ho fatto sentire a Orlandi che ha impegnato una vita alla ricerca della verità. Non era facile mettere nello stesso articolo l’argomento degli abusi sessuali e la figura di un Papa che “doveva” diventare Santo.
Secondo l’inchiesta del giudice Otello Lupacchini sulla Magliana Neroni ha goduto di protezioni di uomini dello stato. Lo stesso Neroni ne parla nel vostro colloquio, giusto?
Esattamente. I rapporti di Neroni con uomini dello Stato sono stati profondi e di altissimo livello. Nell’audio lui parla di personaggi al centro delle vicende più intricate e oscure degli anni ‘90 e 2000. E non lo fa mai in modo approssimativo, ma con dovizia di particolari.
Neroni ammette di aver parlato di quanto era a conoscenza del rapimento della Orlandi e del movente ad apparati dello stato?
Lo dice chiaramente. “Questa è una verità che non interessa più a nessuno”.
È possibile che Neroni abbia parlato con te per mandare un messaggio e a chi?
Lui sapeva bene di trovarsi davanti a giornalisti ma anche che era stato un uomo delle istituzioni a portarci da lui. Lui non pensava di parlare con il team del mio blog, Notte Criminale, ma che avessimo un ruolo diverso. Che fossimo stati mandati da qualche magistrato o da qualche apparato dei servizi o delle forze dell’ordine. Si capisce perché alle nostre banali domande, lui spaziò su argomenti diversi, con nomi di spessore che al tempo erano sconosciuti ai più. O era troppo pericoloso anche solo nominarli. E non parlo di criminali riconosciuti. Alla fi ne, il messaggio era chiaro: conosco pezzi di storia indicibili, non pestate i miei piedi perché ho le amicizie giuste per creare problemi molto seri. E, ripeto, non parlava solo di malavita.
Il parlamento ha dato il via libera ad una commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa della Orlandi e di Mirella Gregori oltreché dell’omicidio di Simonetta Cesaroni. Tu sei disposto a fornire la tua intervista integralmente e ad essere audito?
Certo. Non ho nessun problema a essere audito, sia dalla Commissione parlamentare, sia dal Vaticano, e mettere a disposizione delle indagini l’audio integrale e completo. La vera domanda è: riusciranno ad ascoltarlo senza dover aprire altri fascicoli d’inchiesta?
Si spieghi meglio.
Il racconto di Neroni cancella i confini del bene e del male, riscrive i rapporti tra apparati dello Stato e la grande criminalità. Il personaggio è minore ma fondamentale. Lui è la fonte che annuncia un attentato che finisce in un report del Ministero dell’Interno, attentato che aveva come obiettivo il primo grande pentito della Magliana Maurizio Abbatino.
Quando e dove sarebbe dovuto avvenire questo attentato?
Alla scuola di polizia di Campobasso nel corso di un interrogatorio con tre giudici che in quel momento indagavano su tre episodi differenti: erano Otello Lupacchini, Guido Salvini e Leonardo Grassi. L’allarme fu lanciato a cavallo tra le stragi di Capaci e Via D’Amelio.
Mi faccia capire. L’uomo che dice di conoscere il movente del rapimento della Orlandi era una fonte delle forze dell’ordine?
Nell’intervista Neroni parla a lungo e diffusamente di Gianni De Gennaro, per esempio. Su momenti precisi e con dettagli mai casuali.
© Riproduzione riservata