Prendevano un nero (loro dicevano nigger) che immaginavano fosse colpevole di qualcosa di grave, magari di infame – forse lo era, forse no – lo bastonavano a sangue, gli sputavano addosso, gli tiravano sacchetti di piscio in faccia, lo ferivano coi coltelli e con le asce, e poi, mentre agonizzava lo impiccavano a un albero. Si chiamava linciaggio.

Era frequente negli stati meridionali degli Stati Uniti. Era una forma primordiale di giustizia, generalmente esercitata a maggioranza. Nel senso che la maggioranza o la quasi unanimità della popolazione bianca del borgo, o della cittadina – ma anche di qualche città più grande – riteneva giusta la condanna e la punizione. E questo legittimava il linciaggio. Se leggete i giornali italiani, e scorrete le dichiarazioni dei politici – quelli di ieri e dell’altro ieri, dico – avete la sensazione netta, quasi visuale del linciaggio. E potete immaginare il rogo preparato per bruciare vivi i rei. Cioè Antonio Panzeri con tutta la sua famiglia (anche coi neri, spesso si faceva così: tutta la famiglia sulla forca), e poi Eva Kaili, la deputata greca, suo padre e qualche altro funzionario, in genere socialista. Anche in questo caso il linciaggio, che è scattato pochi minuti dopo la cattura, è giustificato dal consenso dell’opinione pubblica.

Un altissimo dirigente del Pd, intervistato, ha detto semplicemente: “Mi fa schifo”. Chi gli fa schifo? Panzeri? A me no. Considero Panzeri un essere umano come tutti gli altri esseri umani; perciò non provo schifo per lui ma affetto. Che casomai cresce, e non decresce, nel momento più difficile della sua vita. Dalle notizie che leggo (e che sono abituato a non prendere per oro colato) capisco che esiste la concreta possibilità che abbia commesso un reato. Non so bene quale, bisognerà indagare e esaminare i codici prima di stabilirlo e prima di gridare al mostro. Cosa che in genere quasi nessuno fa. Se davvero hanno trovato nella sua abitazione denaro contante per circa mezzo milione di euro, a occhio qualcosa non va.

Quantomeno c’è evasione fiscale, direi. Se poi dalle intercettazioni risulti o no un rapporto illegale con le autorità del Qatar, e se risulti che questo rapporto serviva a influenzare il Parlamento europeo sul tema dei diritti umani, o addirittura a nascondere alcuni orrori commessi dallo Stato del Qatar nei confronti di cittadini qatarioti o di immigrati, questo credo che ancora non si possa dire. Ignoro i metodi della polizia e dei magistrati belgi, so che l’interpretazione delle intercettazioni è sempre una questione molto opinabile, e che è difficilissimo che dalle intercettazioni esca con chiarezza la colpevolezza di una persona. Più spesso risulta la sua innocenza, ma in questo caso di rado vengono adoperate.

Se Antonio Panzeri risulterà colpevole subirà una condanna penale. Punto. Se risulterà colpevole risulterà colpevole lui, non il socialismo. Perché l’arresto di Panzeri ha scatenato, in particolare nella destra, questo riflesso: se Panzeri trafficava con il Qatar, se Panzeri era esponente di alcune ong per i diritti umani, se Panzeri era socialista, questo vuol dire che i socialisti e le ong per i diritti umani sono formazioni di farabutti venduti. Ecco, questa non è battaglia politica, questa è malafede. Vorrei fare tre osservazioni.

La furia della destra non solo contro Panzeri e i suoi coimputati ma contro qualunque organizzazione o esponente di sinistra è davvero impressionante e temibile. Dico temibile perché travolge ogni regola della lotta politica. E quando le regole della lotta sono stracciate è difficile tornare indietro. C’è un giornale – non isolato – che ha messo sullo stesso piano il possibile delitto di Panzeri con il caso Soumahoro e addirittura con la vicenda di Luca Casarini e della ong Mediterranea. Possibile che chi scrive queste cose non sappia che Soumahoro non è presunto innocente ma è del tutto innocente nel senso che nessuno mai lo ha accusato di niente? Addirittura, quello stesso giornale, ha tirato in ballo la storia della Mediterranea. Di cosa è accusata? Di aver salvato circa 500 migranti, in condizioni di salute terribili, che da un mese giacevano sul ponte di una petroliera che li aveva salvati dalla morte e che non riusciva a riportarli a terra.

Cosa c’entra questo atto, sicuramente onesto e nobile, con i favori al Qatar? Dice il giornale del quale vi parlo che però su Casarini c’è un’inchiesta aperta per favoreggiamento dell’immigrazione (reato folle: come favoreggiamento di soccorso…): vero, va avanti da due anni questa inchiesta. I termini sono scaduti da tempo ma resta lì, perché gli inquirenti, evidentemente, non riescono a capire come possano inventarsi una richiesta di rinvio a giudizio. Mi chiedo fino a quando e dove (quo usque tandem…) possa arrivare l’amore per la strumentalizzazione politica. L’idea che lotta delle idee si possa fare solo dopo aver eliminato tutte le idee e averle sostituite con dei bastoni è terrificante. ma sta prevalendo.

La sinistra deve smetterla di accettare la subalternità a qualsiasi alito di destra soffi sulla ribalta. È troppo tempo che fa così. È dal giorno che cadde il muro di Berlino e la sinistra immaginò che l’errore non fosse stato il bolscevismo e la dittatura, ma il pensiero socialista, cioè il pensiero politico di gran lunga più completo, ricco e avanzato della storia dell’umanità. La sinistra si farà demolire dai suoi sensi di colpa e dalla sua voglia di subalternità alla destra. È da quando decise che il suo compito fosse quello di dare gruppi dirigenti alle idee liberiste, è da allora che la sinistra si muove così. Si muove per non farsi notare, per nascondersi, per negare di essere sinistra. Cosa c’entra l’eventuale reato di Panzeri con la storia del socialismo? Zero virgola zero.

Il giornalismo italiano in questi giorni sembrava interamente nelle mani di Travaglio. Il forcaiolismo che trasuda dagli editoriali di tutti i giornali, i titoli gridati ad effetto, la voglia di gogna, di linciaggio, supera le migliori performance del “Fatto”. È chiaro che su questo piano Grillo e Travaglio hanno stravinto. Scorrere i giornali della destra, in origine tradizionalmente garantisti, è stato qualcosa di impressionante. Guardavi le firme e non ci credevi. Sembravano tutti Scanzi, tutti Travaglio, tutti Grillo, tutti Di Battista. Hanno vinto loro. Non c’è dubbio, hanno stravinto: hanno in mano l’anima e il cuore del giornalismo italiano.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.