Le donne fuori dagli stadi, l’omosessualità bannata da ogni spazio pubblico. L’alcol strettamente vietato, inclusa la birra. Dentro e fuori dagli stadi, in Qatar, si respira un’atmosfera cupa. Il rigore c’è, ma non viene tirato in porta. Sono invece i diritti civili ad essere calciati in tribuna, mentre nel pallone finisce l’intera comunità mondiale dello sport, ormai fatta prigioniera di uno Stato islamico dove non si distingue più tra spalti e moschee.

Per i visitatori ebrei – “Almeno 10.000 tra i turisti israeliani e i tifosi Usa”, dettaglia il Jerusalem Post – è stato fatto esplicito divieto di preghiera ed esclusa la possibilità di vendere cibo kosher. L’ultimo affondo sui diritti il Qatar lo mette a segno vietando di manifestare liberamente il pensiero dei giocatori tramite simboli o segni riconoscibili. Le fasce al braccio, per esempio, sono vietate se puntano a difendere i diritti delle persone Lgbtq+. E non potendo frustare in piazza i capitani ribelli delle nazionali in gara, come qualcuno in cuor suo vorrebbe, ecco la pressione sulla Fifa affinché la protesta venga sedata da pesanti ammonizioni. I capitani che sfideranno la sharìa rischieranno una ammonizione che, con una semplice sommatoria, li metterebbe facilmente fuori dal campo. Chi non vuole guardare il resto degli incontri dalla tribuna, si adegui. E la Fifa esegue, comunicando i desiderata del padrone di casa senza protestare. Fa invece sentire la sua voce chi tutela i diritti dei perseguitati, prima tra tutte Amnesty.

«La minaccia di sanzionare i capitani delle squadre di calcio ai mondiali se avessero indossato la fascia arcobaleno è solo l’ultimo esempio di come la Fifa abbia abdicato ai suoi valori e alle sue responsabilità», punta il dito con un duro J’accuse il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, dopo che sette federazioni hanno rinunciato a far indossare ai loro capitani la fascia arcobaleno con la scritta ‘One Love’ a sostegno dei diritti delle persone Lgbtq+, per evitare ammonizioni. Anche Alessandro Zan, del Pd, è amareggiato: «La Fifa oggi ha mandato un messaggio chiaro: se sei abbastanza ricco, te ne puoi fregare dei diritti umani. E tutto il mondo del calcio, compreso quello occidentale, ha annuito. È uno spettacolo indecoroso». La seguitissima partita di ieri, Inghilterra-Iran, ha invece visto la squadra persiana rifiutarsi di cantare l’inno nazionale, in segno di solidarietà con le piazze di Teheran dove sempre più giovani e donne manifestano per la libertà della persona, bruciando i veli. Una decisione tanto discussa in Iran quanto apprezzata fuori. Da noi l’ex ministra Mara Carfagna, appena eletta presidente di Azione, ha twittato: “Per me l’Iran ha già vinto il suo mondiale. Dalla parte delle donne, per la libertà”.

Non sarà facile per i calciatori della nazionale iraniana tornare a casa, dove i Guardiani della Rivoluzione li attenderanno all’aeroporto, e non per chiedere gli autografi. Sono invece molto meno vigili altri guardiani del buon costume pubblico come quelli del Fatto quotidiano. Sul sito della testata diretta da Marco Travaglio ricorre in questi giorni la pubblicità di uno Stato straniero al quale proprio Travaglio, insieme a Peter Gomez e Marco Lillo avevano dedicato ripetuti strali: l’Arabia Saudita. Ma come, non era uno Stato canaglia, il cui regnante sarebbe stato il mandante dell’assassinio del giornalista Khashoggi? Non avevano spiegato a Matteo Renzi, reo di essere stato invitato a una conferenza a Ryad, che era vergognoso prendere denaro da loro? Sì, ma il fatto è certo: Il Fatto prende denaro per mettere in pagina articoli publiredazionali a pagamento – “Sponsorizzate”, si chiamano tecnicamente – che invitano a visitare Ryhad.Arabia Saudita, un viaggio come non l’avreste mai immaginato”. Deve averli colpiti davvero, l’Arabia, perché in effetti non avremmo immaginato tanto entusiasmo proprio per quel “regime assassino” di cui avevano scritto fiumi di nequizie.

Un anno fa esatto Marco Lillo metteva in guardia Renzi, reo di aver invitato a visitare il Paese del “nuovo Rinascimento arabo”. «La performance di Renzi al ‘Financial Sector Conference 2019‘ si svolge circa sei mesi dopo l’omicidio barbaro di Jamal Khashoggi a Istanbul. Renzi è apprezzato dai sauditi per quel che dice sui rischi del populismo in Europa o per quel che non dice sui rischi del ‘sovranismo’ in Arabia? Renzi è pagato perché offre i suoi consigli ai sauditi in vista del G20 o perché quelle cose le dice a Riyahd davanti a centinaia di persone, collegato in streaming con il mondo, seduto sorridente e senza imbarazzo alcuno accanto a principi o ministri sauditi? Dopo quell’incontro certamente il conto corrente di Renzi registra un aumento del saldo di 43mila e 800 euro. Ma, in termini di onore e dignità pubblica, l’Italia, intesa come nazione, ci ha guadagnato o ci ha perso?». L’Italia non sapremmo, ma Il Fatto con la pubblicità sull’Arabia Saudita ci guadagna, eccome.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.