L’omosessualità? “Un danno mentale”. Parole di Khalid Salman, 60enne ex calciatore della nazionale del Qatar ma soprattutto ambassador per la Coppa del Mondo 2022 nel Paese, primo storico Mondiale di calcio che si terrà in inverno nel piccolo emirato della penisola arabica.

Salman ha riferito queste parole, che riaccendono nuovamente l’attenzione sul rispetto dei diritti nell’emirato islamico ultraconservatore, nel corso di un’intervista con l’emittente pubblica tedesca ZDF a solo due settimane prima dell’apertura del torneo di calcio nello stato del Golfo.

L’ex calciatore, ora ambasciatore dei Mondiali, (in programma dal 20 novembre al 18 dicembre, ndr) ha anche definito essere gay come haram”, ovvero “proibito”, e che ha un problema con i bambini che vedono persone gay. L’intervista completa a Khalid Salman sarà trasmessa martedì sera sulla ZDF nell’ambito del documentario “Geheimsache Qatar“, “Qatar segreto”, un approfondimento curato dalla tv tedesca sulla prossima Coppa del Mondo di calcio, ma estratti sono già stati trasmessi lunedì dal programma di notizie ZDF Heute Journal.

Nell’intervista, Salman ha anche affermato che l’omosessualità “è un danno spirituale“. “Durante la Coppa del Mondo, molte cose verranno qui nel paese. Parliamo di gay”, ha detto Salman in inglese, doppiato contemporaneamente in tedesco nel segmento televisivo. “La cosa più importante è che tutti accetteranno di venire qui. Ma dovranno accettare le nostre regole“. A danno ormai fatto l’intervista all’ambassador qatariota è stata quindi bruscamente interrotta da un funzionario dei media del comitato organizzatore della Coppa del Mondo.

Gli ormai prossimi Mondiali sono da anni al centro di polemiche, sin dall’attribuzione al Paese del Golfo avvenuta nel dicembre 2010, una scelta che ha costretto la FIFA e l’organizzazione a spostarne la programmazione nei mesi invernali per l’impossibilità di giocare match regolare di calcio in estate a causa delle alte temperature.

Quindi gli occhi dei media internazionali si sono concentrati su altri due fattori: uno, come emerge chiaramente anche dall’intervista all’ambassador Khalid Salman, è la questione del rispetto dei diritti umani e civili nel Paese, una teocrazia oscurantista dove la comunità Lgbt è costretta a vivere nascosta; l’altro è il tema spinoso delle morti nei cantieri degli stadi, strutture costruite ex novo per l’occasione da lavoratori migranti giunti nel Paese da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka per consentire il calcio d’inizio dei Mondiali.

Secondo una inchiesta del 2021 del quotidiano britannico Guardian, sarebbero almeno 6500 i lavoratori morti per costruire stadi e infrastrutture.

Redazione

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