Parla di “ipocrisia” in merito alle diffuse critiche al Qatar, ma quelle che suonano ipocrite sono in realtà le sue parole. Il discorso nella conferenza stampa di apertura del Mondiale di calcio del presidente della FIFA Gianni Infantino, che si terrà a partire da domenica 20 novembre per la prima volta in un paese del Golfo e soprattutto per la prima volta in inverno, farà discutere.

L’erede di Sepp Blatter alla guida della Federazione internazionale del calcio non ha paura di parlare dei temi più controversi che riguardano l’assegnazione della competizione al Paese arabo, dalla condizione dei lavoratori alla repressione dell’omosessualità e dei diritti civili, fino alle recente retromarcia sulla vendita di alcolici negli stadi.

Infantino, presidente della Fifa dal 2016 e unico candidato alla propria successione nel 2023, si lancia in una “arringa difensiva” spericolata per difendere il Mondiale qatariota.  Oggi mi sento qatarino, oggi mi sento arabo, oggi mi sento africano, oggi mi sento gay, oggi mi sento disabile, oggi mi sento lavoratore migrante”, ha detto nel suo discorso introduttivo.

Quindi la metafora e il riferimento al suo trascorso personale. “So cosa vuol dire essere discriminato, molestato, in quanto straniero. Da bambino – ha raccontato Infantino – sono stato discriminato (in Svizzera), perché avevo i capelli rossi e le lentiggini: io ero italiano e parlavo male il tedesco”. “Fra le grandi aziende che guadagnano miliardi in Qatar, quante hanno risolto la questione del destino dei lavoratori migranti? Nessuna, perché un cambio di legislazione equivale a minori profitti. Ma noi l’abbiamo fatto“, ha detto, in conferenza stampa, prima di chiedersi: “Perché nessuno riconosce questo progresso?”.

Nella difesa del Paese organizzatore del Mondiale, Infantino ha proseguito sottolineando che una volta diventato presidente della FIFA “ho voluto vedere qui le  sistemazioni dei lavoratori stranieri e sono tornato alla mia infanzia. Ma come la Svizzera a poco a poco è diventata un esempio di integrazione, così sarà per il Qatar”, ha detto davanti ai giornalisti il boss del calcio mondiale.

Un discorso in cui dimentica come solo recentemente, e sotto il forte pressing della comunità internazionale, il Qatar ha abolito il terribile sistema della “kafala”, una sorta di schiavitù moderna nascosta dietro una “sponsorizzazione” del datore di lavoro nei confronti del lavoratore migrante. Nei fatti quest’ultimo diventava uno schiavo, perché gli veniva impedito di cambiare liberamente datore di lavoro o di lasciare il Paese, anche se abusato, attraverso la confisca del passaporto.

Eppure per Infantino proprio l’Europa e i Paesi del mondo occidentale che da tempo criticano il Qatar sono gli “ipocriti”. “Per quello che noi europei abbiamo commesso negli ultimi 3.000 anni dovremmo scusarci almeno per i prossimi 3.000 anni, prima di dare lezioni morali agli altri Paesi. Queste lezioni morali sono solo pure ipocrisia”, è stata la ‘contro-lezione’ di Infantino, che ha definito “quello che sta accadendo” come “profondamente ingiusto”.

Infantino è tornato anche sull’ultima polemica, in ordine cronologico, relativa al Mondiale in Qatar: il divieto di vendere e consumare alcolici all’interno degli stadi, deciso dalla FIFA su pressing delle autorità locali. I tifosi possono “sopravvivere senza bere birra per tre ore“, ha detto Infantino, minimizzando il caso che rischia però di provocare problemi legali alla stessa Federazione internazionale, avendo intascato 75 milioni di dollari dello sponsor Budweiser proprio per consentire la vendita di alcolici negli impianti.

Nella foga di difendere il Paese organizzatore del Mondiale, Infantino si è spinto fino a sottolineare come in Qatar “ognuno è benvenuto, di qualunque religione, di qualunque orientamento sessuale sia”, dimenticando la brutale repressione interna, con leggi che criminalizzano i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso. Infantino ha anche risposto al suo predecessore, l’ex presidente FIFA Blatter, che ha ammesso con grande ritardo come l’assegnazione del Mondiale al Qatar sia stata un errore: “A quei tempi non io non c’ero. Ma nel frattempo ci sono stati grandi cambiamenti, abbiamo ben chiara l’importanza dei diritti umani – è stata la risposta del numero uno FIFA – Ci guarderanno 5 miliardi di persone e a loro mi sento di indirizzare questo messaggio: vedrete il più bello spettacolo di sempre“.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia