Anche fischi dagli spalti
Il gol più bello dell’Iran ai Mondiali, i giocatori non cantano l’inno per protestare contro il regime
Le note dell’inno risuonano dagli altoparlanti ma i giocatori della nazionale iraniana rimangono in silenzio, ognuno con la mano sulla spalla del compagno. Come il pugno al cielo di Carlos e Smith a Città del Messico o il ginocchio a terra durante lo Star Spangled Banner di Kaepernick, il gesto pacifico a supporto delle proteste contro il regime di Raisi potrebbe passare alla storia.
Nel momento più sacro ed emozionante che un atleta possa vivere, quello di rappresentare la propria nazionale durante la massima competizione sportiva che lo vede protagonista, i ragazzi di Queiros sono rimasti muti e immobili. Sugli spalti molti tifosi si sono commossi, altri hanno fischiato mostrando da che parte stanno: quella degli ayatollah. Se da un lato, la nazionale iraniana ha deciso di unirsi simbolicamente alle manifestazioni in corso nel proprio Paese, dall’altro anche l’Inghilterra ha voluto lanciare un messaggio. Prima del fischio di inizio, infatti, i giocatori della nazionale dei tre leoni si sono inginocchiati per qualche secondo. Un gesto fatto per esprimere solidarietà verso il movimento anti-razzista Black Lives Matter.
Già fuori dallo stadio i tifosi iraniani che inneggiavano a Masha Amini, la giovane uccisa dalla polizia iraniana dopo l’arresto da parte dei paramilitari Basij con l’accusa di non aver indossato l’hijab, morte che ha scatenato proteste in tutto il Paese, represse con violenza che hanno provocato oltre 400 morti, da parte del regime. Non è stato il solo nome cantato dai supporter persiani, che hanno anche invocato Ali Karimi, l’ex giocatore che si è schierato a favore della rivolta.
Le parole di Ehsan Hajsafi, il capitano della nazionale, avevano fatto ancora più rumore. Alla vigilia aveva così commentato la situazione nel suo Paese: “Noi giocatori stiamo dalla parte di chi ha perso la vita, dobbiamo accettare il fatto che le condizioni attuali in Iran non sono giuste e il nostro popolo non è contento. Innanzitutto voglio esprimere le mie condoglianze a tutte le famiglie che hanno avuto un lutto, voglio che sappiano che siamo con loro, che li sosteniamo e sposiamo la loro causa”.
Le ripercussioni delle proteste in Iran arrivano fino in Qatar. In Iran è in corso da oltre due mesi una drammatica protesta contro il regime. Dal giorno della morte di Masha Amini, il 16 settembre scorso, sono stati 378 i morti nelle strade secondo l’Ong Iran Human Rights, con sede in Norvegia, oltre 15mila gli arrestati. Una rivoluzione che non ha lasciato indifferenti neanche i calciatori. Ma che evidentemente non è piaciuta ai tifosi che erano lì. A Teheran i manifestanti hanno chiesto l’esclusione dal torneo, così tutta la squadra si è interrogata sull’atteggiamento da tenere per non dimostrare indifferenza rispetto alle proteste.
Nel settore dedicato ai tifosi dell’Iran, compresi quelli che hanno fischiato i calciatori che hanno cantato l’inno, ce ne sono altri, sia uomini che donne, i quali mostrano cartelli con i colori della bandiera nazionale e le scritte ‘Freedom for Iran’ e ‘Woman Life Freedom’.
Arrivano anche le parole inquietanti del ministro della Difesa di Israele Benny Gantz. L’Iran potrebbe “attaccare i Mondiali di calcio in Qatar” per causare “instabilità regionale”, ammonisce Ganz. “L’Iran sta cercando di conservare l’instabilità come situazione costante. Quando il mondo intorno è stabile, è esattamente l’opposto di quanto sta succedendo in Iran. I Mondiali di calcio sono probabilmente uno di quegli eventi in cui Teheran cerca di causare instabilità”.
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