Il timore di ritrovarsi l’ennesimo focolaio di violenza alle porte di casa
C’è la guerra in Medio Oriente ma a Bruxelles si litiga sui soldi
Al centro la politica degli insediamenti ebraici in Cisgiordania
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, l’annessione del Nagorno-Karabach armeno da parte dell’Azerbaijan, le tensioni crescenti con la Tunisia e quelle mai sopite fra Serbia e Kosovo, una nuova minaccia lambisce i confini dell’Europa. Quando sabato si è percepita l’ampiezza dell’attacco di Hamas a Israele, le più alte cariche delle Istituzioni Europee hanno subito condannato i fatti. Come in molte altre capitali europee, la bandiera di Israele è stata proiettata sul Palazzo del Berlaymont, l’edificio principale della Commissione Europea, ed esposta fuori dal Parlamento Europeo.
La Presidente della Commissione Von der Leyen ha condannato gli atti di terrorismo, esprimendo pieno sostegno a Israele e affermato che “Israele ha il diritto di difendersi”. Lo stesso hanno fatto il Presidente del Consiglio UE Michel e l’Alto Rappresentante Borrell, non esprimendosi però sulla reazione israeliana. Sempre Borrell, che ha sentito telefonicamente i ministri degli Esteri israeliano e palestinese, ha chiesto una de-escalation del conflitto e la liberazione immediata degli ostaggi. Alle parole dovrebbero seguire i fatti ma la situazione pare piuttosto complessa. Nella giornata di ieri, il commissario UE all’Allargamento Varhelyi ha annunciato la “sospensione immediata” dei fondi per lo sviluppo destinati alla popolazione palestinese, in attesa del riesame dei programmi di assistenza già messi in campo per un totale di 691 milioni di euro.
Su X nel frattempo, il Commissario per la gestione delle crisi, lo sloveno Lenarčič, annunciava che aiuti umanitari non verranno in alcun modo toccati. La questione verrà discussa durate la riunione di emergenza dei ministri degli Esteri dell’Unione in giornata e l’esito non è scontato dato che Spagna, Irlanda e Lussemburgo hanno già preannunciato la loro contrarietà ad eventuali tagli.
L’attacco di Hamas spariglia le carte in un contesto di mesi di tensioni diplomatiche fra l’UE e Israele, dovute alla politica degli insediamenti ebraici in Cisgiordania e a un generale sentimento di sfiducia nella politica israeliana nella regione.
Proprio a margine dell’Assemblea Generale ONU di settembre, Borrell aveva lanciato il “Peace Day Effort”, una roadmap per riavviare il processo di pace in Medio Oriente, riunendo una cinquantina di ministri degli Esteri di paesi europei ed arabi. Progetto che, visti gli ultimi avvenimenti, pare già in frantumi.
Sarà interessante vedere come evolverà la situazione in vista della riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea e del Consiglio della Cooperazione degli Stati Arabi del Golfo che si terrà a Muscat, in Oman, all’inizio della prossima settimana.
Nella capitale del “Vecchio Continente” però, come in molte città europee, non si sono fatti attendere i distinguo. Alcuni parlamentari europei afferenti all’estrema sinistra e diverse ONG operanti a Bruxelles hanno criticato la prese di posizione della Von der Leyen.
Il Direttore dell’ONG “European Middle East Project Group” ha dichiarato che le affermazioni della von der Leyen arrivavano dopo che Israele aveva già ucciso più di 200 palestinesi a Gaza e che lasciavano “carta bianca” per gli israeliani per i giorni a seguire.
L’Europa, angosciata per le probabili vittime europee negli attacchi e nei rapimenti di massa perpetuati da Hamas, e già stretta fra le tante
crisi, guarda con preoccupazione al deteriorarsi della situazione internazionale e con il timore di ritrovarsi l’ennesimo focolaio di violenza alle porte di casa.
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