Cronaca
Centro Astalli, il servizio dei Gesuiti per i rifugiati in Italia che contrasta la povertà sanitaria
Diceva il fondatore dell’Assistenza sanitaria San Fedele di Milano, il gesuita padre Maino: «Si può avere un’ottima diagnosi, ma se poi non ne consegue l’accesso alle terapie anche la diagnosi non serve». È questo in estrema sintesi il senso dell’azione del Centro Astalli, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati in Italia, per venire incontro alla povertà sanitaria. Da oltre venti anni, a fianco dei locali della mensa di via degli Astalli, che si trova nel centro di Roma, a piazza Venezia, è attivo un presidio sanitario con medici e farmacisti volontari che hanno risposto nel tempo ai bisogni di salute e di cura di migliaia di migranti forzati, grazie anche alla donazione di farmaci da parte del Banco Farmaceutico e di molte farmacie romane. Nel 2022 sono state 1.157 le persone assistite, la maggior parte originarie di Somalia, Mali, Afghanistan Nigeria e Senegal, le prime 5 nazionalità delle 37 rilevate nel corso dell’anno.
Così come a Roma, questo tipo di servizio è attivo anche in altre città della rete Astalli, in particolare a Palermo e a Catania. I locali di via degli Astalli sono anche uno spazio di aggregazione, dove i migranti sperimentano un clima familiare, che è centrale nel percorso di ricostruzione della fiducia in chi è in fuga da guerre e persecuzioni. Si torna a essere considerati e riconosciuti come persone, si instaura una relazione con gli operatori sanitari, e la fiducia ricostruita che ne deriva si rivela essenziale nel processo di cura delle persone. I richiedenti asilo e i rifugiati nel nostro ordinamento hanno diritto all’accesso al Servizio Sanitario Nazionale, come spesso accade, essere soggetto di un diritto non coincide con il suo esercizio.
Per i migranti questo mancato esercizio è dovuto principalmente al divario culturale, all’ostacolo della lingua e in molte occasioni anche alla paura legata alla difficoltà di possedere un permesso di soggiorno. Questo ultimo aspetto – infondato, perché anche chi è irregolare attraverso un codice Stp ha diritto a accedere a prestazioni urgenti essenziali e continuative – spesso fa percorrere ai migranti percorsi assistenziali paralleli oppure non favorisce un percorso di cura. Negli anni chi è arrivato alla mensa di via degli Astalli, perché recentemente giunto a Roma, oppure di passaggio come transitante, o ancora abitante in città ma senza fissa dimora, ha potuto esprimere un bisogno di cura della propria persona e quindi anche della propria salute. Nei locali del Centro Astalli quotidianamente è risuonata l’espressione «mi sento male» in decine di lingue diverse e a partire da questa domanda di aiuto si è andato strutturando un servizio che cerca di darle quotidianamente risposta.
Questa espressione generale può evidenziare diverse necessità: da quella di persone che sempre più spesso subiscono torture e violenze lungo le rotte che portano in Europa e che chiedono aiuto rispetto al loro vissuto, alla richiesta di coloro che non avendo altri riferimenti relazionali sul territorio trovano al Centro Astalli connazionali che fanno da ponte linguistico e culturale con il personale medico, infermieristico o i farmacisti. Questa richiesta d’aiuto da sempre fa i conti con una povertà sanitaria che da una parte è culturale, dal momento che nei Paesi di provenienza di molte delle persone che accedono al Centro Astalli non c’è un’educazione alla salute, e sulla quale insistono anche le disuguaglianze sociali che non permettono processi di prevenzione e cura. Dall’altra parte si registra purtroppo una povertà sanitaria vera e propria anche una volta arrivati in Italia. Spesso, infatti, molti migranti forzati – se si fa eccezione per il tempo breve in cui sono ospitati nei centri di accoglienza – vivono in povertà assoluta, e molte volte tale condizione compromette alla lunga seriamente la condizione di salute iniziale, anche se questa all’arrivo era buona.
Ad esempio, per molti ragazzi del Mali, la precarietà legata alla difficoltà di avere un permesso di soggiorno, negli anni ha compromesso anche la loro salute. Pertanto il servizio di accompagnamento sanitario di base realizzato a Roma, grazie anche alla collaborazione con la ASL Roma 1 che ha permesso la nascita di un centro a valenza regionale per la Salute del Migrante Forzato, noto come SAMIFO, e presente in molte altre realtà della rete dei Centri Astalli in Italia, coadiuvato dalla presenza di mediatori linguistico-culturali, medici volontari, completato dell’erogazione di farmaci gratuiti resi disponibili dal Banco Farmaceutico e da una rete che si è costruita negli anni, costituisce un presidio sanitario fondamentale per tutta la comunità. Un presidio non solo di assistenza ma soprattutto di costruzione di fiducia e di integrazione sanitaria. Questo è solo un piccolo passo per il contrasto alla povertà sanitaria che dimostra però come “In questo contesto suona del tutto insensato alimentare la contrapposizione ideologica tra sistema pubblico e privato (in larga misura accreditato), mentre sarebbe utile e necessario valorizzare le competenze del settore socio-sanitario non profit che di fatto svolge le funzioni di un vero e proprio Servizio Socio-sanitario Solidale (11° Rapporto.
Donare per curare. Povertà sanitaria e donazione di farmaci, Banco Farmaceutico-Osservatorio povertà sanitaria).
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