Sempre più gravi le condizioni di salute di Alfredo Cospito, il militante anarchico insurrezionalista sottoposto al regime detentivo 41bis che dal 19 ottobre scorso sta conducendo uno sciopero della fame contro la sua condanna, la sua pena al cosiddetto “carcere duro” e la possibilità dell’applicazione al suo caso dell’ergastolo ostativo. Ha perso oltre 40 chili e qualche giorno fa è caduto riportando la frattura del naso e perdendo molto sangue. Oggi, per ragioni mediche, è stato trasferito al carcere di Opera, in provincia di Milano, perché meglio attrezzata rispetto a quella di Sassari.

Cospito è nato a Pescara ma viveva a Torino con la compagna Anna Beniamino, anche lei detenuta. Entrambi si riconoscevano nella Fai-Fri, Federazione Anarchica Informale – Fronte Rivoluzionario Internazionale, composta da cellule diverse sparse in diversi Paesi che agiscono in via del tutto autonoma e che invoca la lotta armata contro lo Stato. L’organizzazione non è strutturata in maniera gerarchica.

Cospito è stato condannato nel 2013 a dieci anni e otto mesi di carcere. Aveva ferito a Genova, con colpi di pistola alle gambe, il dirigente dell’Ansaldo Roberto Adinolfi. Era già in carcere quando venne accusato di aver posizionato, nella notte tra il 2 e il 3 giugno del 2006, due pacchi bomba davanti alla scuola allievi dei carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo. Le esplosioni non causarono morti o feriti ed esplosero a mezz’ora di distanza l’una dall’altra. Erano state realizzate con una pentola a pressione e un tubo di metallo con dentro 800 grammi di polvere pirica.

Cospito e Beniamino vennero condannati – così com’era successo in primo grado – a 20 e 16 anni di carcere secondo l’articolo 422 del codice penale, “strage comune”. Secondo i giudici fu solo per caso che quelle esplosioni non causarono morti o feriti, anche perché quello spazio di tempo tra la prima e la seconda bomba “sarebbe stato più che sufficiente ad assicurare la presenza sul posto di personale incaricato dei primi rilievi”. Cospito fu così inserito nel circuito penitenziario ad alta sicurezza. E da lì scriveva per pubblicazioni di area anarchica.

Dopo sei anni, nel 2022, è stato sottoposto al regime di 41-bis, il cosiddetto “carcere duro”, diventando il primo anarchico ristretto a questa condizione. Un trasferimento giustificato dall’ex ministra della Giustizia Marta Cartabia per i “numerosi messaggi che, durante lo stato di detenzione, ha inviato a destinatari all’esterno del sistema carcerario; si tratta di documenti destinati ai propri compagni anarchici, invitati esplicitamente a continuare la lotta contro il dominio, particolarmente con mezzi violenti ritenuti più efficaci”.

Perciò Cospito fu trasferito dal carcere di Terni a quello di Sassari, dove ha vissuto isolato, con colloqui solo con familiari divisi da un vetro, il visto di controllo della posta in entrata e in uscita, la privazione di giornali e libri. Lo scorso maggio inoltre la Corte di Cassazione ha modificato il reato, su richiesta dell’accusa, da “strage comune” a “strage politica”, articolo 285 del codice penale, punito con l’ergastolo anche se non ha causato vittime. Particolare che rende possibile l’applicazione dell’ergastolo ostativo: se non il condannato non collabora con la Giustizia, non può accedere ai benefici della pena.

È anche contro questa misura che Cospito ha avviato il suo sciopero della fame. Contro l’applicazione del 41-bis la difesa di Cospito ha presentato un ricorso alla Corte di Cassazione, che aveva fissato una prima udienza al 20 aprile salvo poi anticiparla al 7 marzo. “Un’attesa così lunga non è compatibile con le condizioni fisiche di Alfredo”, secondo la medica Angelica Milia. Lo scorso 19 dicembre il tribunale di sorveglianza di Roma aveva rigettato il reclamo dell’avvocato di Cospito, Flavio Rossi Albertini, contro l’applicazione del 41-bis, e la misura era stata confermata per i prossimi quattro anni. Respinta per il rischio, secondo il tribunale, che dalla leadership di Cospito potessero partire ordini verso la sua organizzazione anarchica. Insomma la relazione che si descrive tra Cospito e la Fai è paragonabile a quella tra boss e affiliati alla criminalità.

“È un ossimoro, una contraddizione, pensare che una struttura orizzontale, come è stata ritenuta dagli stessi giudici di Torino, possa avere un capo”, ha argomentato il legale. La vicenda di Cospito ha acceso riflettori e l’attenzione pubblica sul regime del 41-bis, sulla galassia anarchica – manifestazioni e atti di protesta si sono susseguiti negli ultimi mesi – , sulla proporzionalità e i benefici della pena. A fine novembre, in Tribunale a Torino, lo stesso Cospito aveva dichiarato: “Sono stato raffigurato come un sanguinario ed è stato detto che sono un professionista degli esplosivi. Di me si può dire tutto, ma non che sono un ipocrita. Ho fatto una sola azione violenta: ho sparato a Genova e ho colpito alle gambe perché non volevo usare esplosivo. Quell’azione che ho fatto, l’ho rivendicata con onore come fanno gli anarchici. È assurda l’accusa di strage politica per due attentati dimostrativi in piena notte, in luoghi deserti, che non dovevano e non potevano ferire o uccidere nessuno. In futuro cercherò di mettere in discussione questa idea che io sono un sanguinario”.

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