Credevate di esservi liberati di un conservatore paradossale e pericoloso come Boris Johnson? Certamente Liz Truss, che oggi sarà chiamata dalla regina, immobilizzata in Scozia, per ricevere l’incarico di governo, è diversissima da lui, benché sia stata il suo fedele ministro degli Esteri e venga da un severo rodaggio in diplomazia. Tutt’altro carattere, rispetto a quello del flamboyant Boris (che tra l’altro è un newyorchese riciclato a Cambridge) ma certamente non più morbido e accomodante. Liz è apparsa ieri davanti ai giganteschi pannelli azzurri su cui era scritta soltanto la parola “Conservatives”, con un discorso squillante e studiato per confermare la sua immagine sicura di sé, ferma nei principi e flessibile quanto basta per governare.

Nata nel 1975, già ministro degli Esteri del Regno Unito, da ieri è il nuovo Prime Minister, la terza donna dopo Margareth Thatcher e Theresa May, tre donne estremamente conservatrici e con idee chiare – almeno così sembra – in un momento di massima crisi col Regno Unito che dà segnali di rivolta nelle strade per i rincari e la crisi energetica e impegnatissimo nel sostenere con forniture di armi l’esercito territoriale ucraino che contende palmo a palmo la sua terra all’invasione russa. Il suo primo obiettivo dichiarato è del tutto simile a quello di un altro odiato campione della destra anglosassone, il presidente Donald Trump, il quale annunciò appena eletto che il suo primo strumento sarebbe stato lo shock fiscale. E lo fece. E funzionò. Per due anni. Praticò infatti, come dice di voler fare oggi la Truss, un abbattimento delle tasse dei ricchi, i quali risposero, con deprecabile simmetria, diventando più ricchi. Ma lo fecero espandendo le proprie aziende grazie alle nuove disponibilità, con conseguente shock positivo sulla disoccupazione e con l’aumento dei salari, visto che le aziende si contendevano i lavoratori. Mai gli afroamericani e poi le minoranze etniche, specialmente messicane-americane furono più felici economicamente. L’operazione trumpiana funzionò finché dalla Cina non arrivò il coronavirus.

Quello è il modello cui si è richiamata la Truss appena eletta dall’assemblea dei conservatori che l’hanno dichiarata vincitrice nel duello finale con l’ex ministro delle Finanze Rishi Sunak. A causa dello stato di salute della regina Elisabetta ci sarà una curiosa novità nella proclamazione del primo ministro perché la sovrana non si può muovere a causa dell’età dal suo castello in Scozia. E dunque per la prima volta un primo ministro dimissionario e uno entrante dovranno fare una lunga gita fuori Londra. Boris Johnson chiederà di essere ricevuto per presentare formalmente le sue dimissioni. Secondo la tradizione inglese, un primo ministro non si dimette finché il suo successore non è stato trovato. Una volta terminata l’udienza del primo ministro dimissionario, accaduto dopo una raffica di scandali che ne hanno deteriorato l’immagine, sarà la volta di Liz Truss che busserà alla porta della regina perché la regina l’avrà convocata. Così vuole il cerimoniale della prima democrazia monarchica della storia: il re non può entrare in Parlamento se non dopo aver bussato tre volte per mostrarsi sottomesso all’aula dei Comuni, ma sarà lui o lei a convocare il nuovo primo ministro, o ministra, per chiedere la cortesia di trasferirsi al numero 10 di Downing Street a Londra. C’è voluto poco più di un mese dalle dimissioni di Johnson alla scelta della Truss, ma non ci sono stati vuoti di potere.

Le condizioni del Regno Unito sono le peggiori: all’inflazione galoppante come e peggio che da noi si affianca quello spirito ribellista e stradaiolo dei londinesi in questo del tutto simili ai parigini, pronti a fare le barricate. Tuttavia, da decenni il Regno Unito vota conservatore e quindi tocca ai Tories scegliere il loro campione. E hanno scelto una donna cresciuta nella diplomazia e che poi ha guidato la politica estera di un Regno che mezzo secolo fa era ancora un impero. Ieri ha detto con un tono deciso e sorridente -per non dire sfrontato- che risponderà alle sfide economiche in maniera decisa, con le idee chiare, confermando di voler difendere la totale autonomia della Banca d’Inghilterra, cosa che ha già fatto fuggire molti investitori e danneggiato la sterlina e ha detto che si farà tutto il possibile – il che è molto vago – per soccorrere gli inglesi travolti dalla crisi economica. Il governo di Boris Johnson in questo senso ha fatto finora una figura pessima ed è stato chiamato dagli stessi conservatori un governo zombie, di morti viventi ma senza un’idea.

Molti conservatori che hanno votato per lei hanno citato l’Italia come un caso esemplare avendo il nostro governo impegnato 52 miliardi soltanto in aiuti. E viene citato il caso della Francia (dotata di centrali nucleari dove l’energia elettrica costa pochissimo) che ha messo un tappo sugli aumenti energetici. E poi il caso della Germania che ha speso 65 miliardi per mettere in sicurezza consumatori e produttori. E il Regno Unito? Il Regno Unito non ha fatto granché ma ha proceduto a zig-zag con strategie confuse fin dall’inizio della guerra, aprendo quando si doveva chiudere e viceversa. Questa schizofrenia del governo Johnson è stato il maggior fattore di crisi di fronte agli occhi del paese e dei media britannici. D’altra parte, Johnson non è un conservatore canonico e probabilmente non è neppure un vero politico essendo stato per tutta la vita un buon giornalista economico e un brillante polemista privo però di vere esperienze di governo.

La Truss è al contrario una donna che si è fatta sui dossier ma anche sull’ideologia. Crede fermamente nel libero mercato ma altrettanto fermamente nell’assoluta indipendenza della banca d’Inghilterra, cosa che ha provocato i malumori di cui dicevamo perché l’idea di una banca centrale totalmente disconnessa dai programmi del governo e da un controllo che nasca dalla democrazia istituzionale spaventa tutti quei cittadini del Regno unito che negli anni si erano molto più adattati al modello dell’Unione europea. Con la Truss l’Inghilterra recupera un altro elemento d’identità storica. E che cosa ne sarà del sostegno militare all’Ucraina? Liz Truss non è scesa in particolari ma soltanto perché come ex ministro degli Esteri è evidente che ha condiviso energicamente la politica del suo predecessore consistente nel fornire all’Ucraina insieme agli Stati Uniti quei particolari tipi di armi usate dalla nuova artiglieria consistenti in gruppi lancia razzi velocissimi e precisi capaci di sfuggire dopo aver sparato il nodo da non subire il contrattacco nemico.

Si tratta di armi ad altissima tecnologia che a quanto pare hanno soltanto inglesi e americani. E i russi, naturalmente, anche se a quanto pare la loro artiglieria è tecnologicamente inferiore e gradualmente perdente rispetto a quella fornita dai britannici e dagli americani. Si tratta come evidente di una questione politica perché il rifornimento continuo di questo genere di armi impedisce alla Russia di vincere, anche se è poco probabile che possa essere costretta a tornare dietro le frontiere varcate il 24 Febbraio scorso. La Truss ha ricordato che la crisi dipende dalla guerra e che la guerra ha dei responsabili.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.