Una crisi politica precipitata all’improvviso. Il premier britannico Boris Johnson deve fare i conti con due dimissioni di pesi massimi del suo governo: ad abbandonare il leader dei Conservatori sono Rishi Sunak, cancelliere dello scacchiere, in pratica il ministro delle Finanze, e il ministro della Salute Sajid Javid.

Quest’ultimo si è dimesso dicendo di “non poter più servire in buona coscienza in questo governo”. Una decisione presa dopo lo scandalo che ha visto protagonista l’ormai ex vice capogruppo Chris Pincher, dimessosi dopo le accuse di molestie per aver palpato in un club di Londra due uomini mentre era ubriaco. 

Johnson si è scusato, con colpevole ritardo, per averlo nominato nonostante fosse già stato informato nel 2019 di una denuncia per cattiva condotta contro di lui. Johnson ha detto di essere “a conoscenza nel 2019 di un’accusa specifica contro Pincher che è stata risolta. Ma col senno di poi, ha aggiunto, nominare Pincher al ruolo di vice capo nel febbraio di quest’anno “era la cosa sbagliata da fare“. 

Il cancelliere Rishi Sunak e il segretario alla Sanità Sajid Javid si sono dimessi pochi minuti dopo l’intervento del primo ministro.

Nella lettera al premier, Sunak scrive di esser stato “sempre leale con te, ti ho sostenuto quando sei diventato leader del partito, ho rispettato il forte mandato che hai ricevuto dal popolo nel 2019. Quando sono stato in disaccordo con te in privato, ti ho sostenuto in pubblico. Entrambi vogliamo tasse basse, crescita economica ma ciò può essere raggiunto se siamo preparati a lavorare duramente e a fare sacrifici e prendere decisioni difficili”.

Il ministro della Salute Javid è stato ancora più netto: “I conservatori al loro meglio sono visti come decisori ostinati, guidati da valori forti. Forse non siamo sempre stati popolari, ma siamo stati competenti nell’agire nell’interesse nazionale. Purtroppo, nelle circostanze attuali, il pubblico sta concludendo che ora non siamo né l’uno né l’altro”.

Il voto di fiducia dello scorso mese indica che un vasto numero di nostri colleghi concorda“, prosegue la lettera rivolta a Johnson, “mi spiace dire, ad ogni modo, che mi eè chiaro che questa situazione non cambierà sotto la tua leadership, e hai pertanto perso anche la mia fiducia“. L’ex ministro riconosce al premier “notevoli lasciti” come la “rottura dello stallo della Brexit“. “Ti ho servito lealmente da amico ma noi tutti serviamo prima di tutto il Paese“, conclude Javid, “dovendo scegliere tra queste due lealtà, c’è una sola risposta possibile“.

Può ovviamente essere soddisfatto per la crisi interna ai Tory il leader dell’opposizione laburista, Keir Starmer, che evidenzia come il governo “sta crollando” dopo le dimissioni dei due ministri. “È chiaro che questo governo sta crollando. I ministri Tory hanno sempre saputo chi era il primo ministro. Sono state le sue cheerleader durante tutta questa triste saga“, ha dichiarato Starmer parlando con i media britannici. I ministri, ha proseguito, “sono stati suoi complici in ogni occasione, mentre disonorava il suo ufficio e deludeva il Paese. Se avessero un minimo di integrità, se ne sarebbero andati mesi fa. Non inganneranno il popolo britannico. Il partito Tory è corrotto e il cambio di una persona non lo risolverà“, ha aggiunto Starmer

Le dimissioni di Sunak e Javid sono l’ennesimo colpo durissimo per la reputazione di Johnson e dei Tory, già colpiti negli ultimi mesi da ripetuti scandali sessuali. Il premier ha dovuto anche fare fronte al clamore suscitato dal ‘partygate’, le feste illegali a Downing Street durante la pandemia di Coronavirus che gli sono costate una multa della polizia, oltre alla doppia sconfitta elettorale nei collegi di Riverton e Honiton, passati ai liberaldemocratici, e a Wakefield, tornata ai laburisti.

L’unico scudo rimasto a Johnson e alla sua traballante leadership del Paese e dei Tory è quello delle regole del partito. Uscito indebolito dal voto di sfiducia chiesto dagli stessi Conservatori, col 41% del suo gruppo parlamentare che gli ha votato contro, BoJo può restare in sella per un anno, non potendo tenere altre votazioni di questo tipo prima di 12 mesi. Una norma che però all’interno del partito sono in molti a spingere per cambiare: in quel caso per Johnson le speranza di restare a Downing Street sarebbero nettamente più basse

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia