All’inizio di gennaio 2003, mia mamma Vanda e mia suocera Anna sono a Bruxelles. Mia figlia Federica era nata da qualche giorno, e mentre erano sole a casa con la piccola neonata suona il campanello: sono Flavia Prodi, posso salire? Le due signore si guardano, con un po’ di sorpresa e un po’ di apprensione. Non si aspettavano la visita della moglie del Presidente della Commissione europea, di cui ero consigliere e membro di gabinetto.

Flavia si presenta con il suo sorriso e la sua semplicità, bastano pochi attimi per mettere tutte a loro agio e passa qualche ora a discutere con una spontaneità e una sensibilità sorprendente: dei bimbi, dei suoi figli, di Bologna, di Bruxelles, dell’Europa e di molto altro. Quando qualche anno dopo Flavia e Romano Prodi vengono a trovarmi nella mia Sogliano al Rubicone, ricordo ancora le risate per una signora del posto che incrociandoci prima mi chiede se sono “il figlio della Vanda” e poi saluta Flavia e Romano, molto divertiti per questo tipico saluto da piccolo paese: “sembra di essere a Scandiano”, commentarono ridendo. Due episodi che spiegano molto di Flavia e di Romano. Flavia è sempre stata Flavia, mai “la moglie di Romano”.

Aveva una grande influenza, ma la esercitava nella discrezione e nel silenzio. E la sua spontaneità era accompagnata da un grande tatto anche quando non era d’accordo con il suo interlocutore. Ho sempre nutrito un grandissimo rispetto per questa donna molto intelligente, molto legata a Bologna e allo stesso tempo molto aperta all’internazionale e al mondo. Era atipica, perché in un’epoca di immagine e di apparenza era una First lady assolutamente di studio, di riflessione, di idee, di pensiero. Era sempre presente, accanto a Romano.

Ed era sempre pronta a dare un consiglio quando, come tanti loro amici, andavo in via Gerusalemme per salutarli e raccontargli come andavano le cose. Incontravo spesso Arturo Parisi, e i tre insieme mi facevano capire molto bene cosa voglia dire essere veramente amici. Quel trio – Flavia, Romano e Arturo – da un lato mi rassicurava molto, perché sapevo di potermi fidare e affidare alla loro esperienza. Dall’altra, davanti a tre professori di quel calibro, mi sentivo spesso un po’ sotto esame, e ogni volta mi chiedevo quale potesse essere la loro valutazione.

Anche se ero sempre molto contento quando Flavia mi chiedeva informazioni e valutazioni su politiche o programmi europei – sul fondo sociale, sul servizio civile europeo, su elementi innovativi ed europei del nostro modello di welfare -, anche perché quegli scambi erano sempre accompagnati da analisi e condivisioni della sua esperienza sul campo. Poi, quando si avvicinava l’una, in qualche minuto ci si trovava a tavola: tortellini, bollito e ottime mostarde nel fine settimana non mancavano mai. Io contribuivo ogni anno, in gennaio, con quel formaggio di fossa che ha reso famoso Sogliano. Anche questi ricordi di normali domeniche bolognesi rimarranno sempre con me.

Flavia e Romano erano una coppia fortissima: solo passare qualche ora con loro dava l’esempio di un matrimonio riuscito e di una grandissima intesa e complicità, di un grande amore. “Insieme”, è veramente parola che li descrive meglio e non a caso è stata scelta per un loro libro. Poi Flavia era una professoressa molto competente – su welfare, sociale – con una notevole conoscenza dei modelli anche di altri Paesi. A me sembrava molto più interessata alla società civile che alla politica tradizionale: credo che il primo Ulivo le debba molto, proprio per questa apertura nel 1995 alle forze migliori della società civile, che fu uno dei segreti del successo di quel pullman partito da Tricase, nel Salento.

Su questo, come su molto altro, sono convinto che Flavia abbia molto influenzato il successo di Prodi nel 1996. Dal suo impegno per le donne, senza mai concedersi alibi, alle idee per i giovani e le politiche per la famiglia, alla grande capacità di analisi e il saper scrutare il futuro partendo dalle vicende della vita reale, Flavia – come hanno ricordato molti amici – metteva sempre al centro la persona, le persone. In un’intervista La Stampa in un lontano 2007, che politicamente è molto più di una vita fa, intuì prima di altri il rischio dell’ondata di antipolitica: “Per noi la politica è senso civico”, disse. “Temo molto che l’antipolitica diventi sfiducia nelle istituzioni. È come se non ci si rendesse più conto di quanto ognuno di noi costa allo Stato, per l’istruzione, per la sanità, per i servizi. Non tutto va bene, certo, ma da qui ad attaccare le istituzioni…”.

Parole pronunciate oltre 25 anni fa e oggi quanto mai attuali. Perché una grande qualità di Flavia era quella di capire le tendenze, i movimenti ti della nostra società, molto più attraverso un’analisi delle dinamiche sociali che di quelle strettamente partitiche. Credo che anche su questo, ci fosse una grande complementarietà con Romano, altrettanto aperto ma più focalizzato sugli aspetti di governo, economia, industria e grandi questioni globali. Anche su questo, molto, moltissimo “insieme”.

Attorno a loro, Flavia e Romano hanno costruito, col loro esempio, con la loro intelligenza, una famiglia di grande simpatia e di grande apertura, che rifletteva tanto le loro personalità. Bastava stare poco a casa loro per accorgersene subito. Senza dubbio, un modello. Importante: perché i modelli esistono, e quando mettono la persona e i valori al centro, con sincerità e grande forza, come Flavia e Romano, fanno tanto bene a tutti.

Io sono tra quelli che, a Bruxelles, a Bologna, a Roma hanno avuto il grande privilegio e la grande fortuna di conoscerli insieme da vicino. E ho potuto imparare moltissimo da quella coppia tanto affiata quanto simpatica. Ti ricorderò sempre con grande affetto e grande amicizia.
Ciao, cara Flavia