Il ricordo
Cinquant’anni fa ci lasciava Emilio Lussu, il valore della dignità, il coraggio delle idee
Integerrimo uomo di princìpi, impermeabile a ogni opportunismo politico e allergico al trasformismo, se fosse ancora qui, ricorderebbe ai suoi colleghi impiegati nelle istituzioni la virtù dell’etica nella vita pubblica e privata

Cinquanta anni fa moriva Emilio Lussu, un italiano formidabile che incarna un modello virtuoso di pensatore, politico, attivista dedito alla causa di persone e comunità oppresse e sfruttate, che con lui hanno trovato una voce. Ci ha lasciato pagine ricchissime, fitte di principi e pensieri di un’attualità disarmante.
Oggi vorrei che fosse qui per chiedergli cosa pensa del dibattito sull’autonomia differenziata e lo immagino compiaciuto del richiamo della Corte Costituzionale alla impostazione solidale del regionalismo italiano. Lui, che auspicava l’introduzione del federalismo come unione delle diversità, promuovendo un’idea di autodeterminazione basata sul riconoscimento e la valorizzazione della dignità delle specificità territoriali. L’autonomia, secondo Lussu, «è coscienza di sé stessi, consapevolezza della propria funzione, conquista e difesa delle proprie posizioni etiche, sociali e politiche, funzionale al più ampio sviluppo delle capacità individuali e collettive, in ogni campo» (Federalismo, 1933). È un concetto lontano dal mero autogoverno delle “piccole patrie”, che non mette in discussione l’unità della Repubblica nell’ambito della quale le comunità locali si integrano, forti della propria identità, arricchendosi reciprocamente secondo uno schema di federalismo cooperativo. Un ideale che nel tempo è stato distorto e sprecato da chi non ha saputo dare anima e gambe all’autonomia, conquistata dopo anni di repressione alla quale Lussu non si è mai piegato, a costo della libertà, fino all’esilio.
Vorrei portarlo con me a incontrare studenti cui potrebbe raccontare la brutalità irrimediabile della guerra, la cruda ingiustizia sociale della Sardegna e dell’Italia pre-Repubblicana e gli anni difficili ma pieni di speranza della costruzione di uno Stato democratico. Integerrimo uomo di principi, impermeabile a ogni opportunismo politico e allergico al trasformismo, se fosse ancora qui, Lussu ricorderebbe ai suoi colleghi impiegati nelle istituzioni il valore dell’etica nella vita pubblica e privata. Emilio Lussu non è fisicamente tra noi ma i suoi scritti e la sua testimonianza rendono immortale e vivido il suo esempio di uomo dalla statura eccezionale, che ha concorso a porre le fondamenta costituzionali della Repubblica italiana, contribuendo concretamente a definire i principi e i valori alla base dello spirito nazionale, rivendicando le proprie radici al riparo da ogni folklore.
I suoi libri, romanzi e saggi, hanno segnato la vita di tanti, in Italia e nel mondo, grazie a una scrittura chiara e vivida, per immagini, che racconta attraverso storie di persone semplici, spesso emarginate, verità universali. Ci sono autori capaci di uscire dalle pagine e inserirsi nelle riflessioni quotidiane, fino a diventare familiari. Come molti altri ho conosciuto Emilio Lussu da bambina, attraverso “Un anno sull’altipiano” suggerito da mio padre tra le prime letture autonome; ho appreso da lui l’orrore della violenza e dell’ingiustizia, il valore della dignità e il coraggio delle idee, la possibilità di cambiare le cose impegnandosi senza risparmio. Il modo migliore per onorare questo grande conterraneo è rileggere i suoi testi e portare avanti la sua eredità di autentico democratico.
Carla Bassu – Ordinaria di diritto pubblico comparato, Università di Sassari Comitato scientifico centro studi Emilio Lussu
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