Il cinquantenario della scomparsa
Emilio Lussu, l’antifascista controcorrente sempre attuale

Decorre, quest’anno, il cinquantenario dalla scomparsa di Emilio Lussu. E la figura del combattente (nelle due grandi guerre e in Spagna), antifascista, giurista, politico (costituente, parlamentare e Ministro) viene riconsegnata alla memoria comune.
Era un uomo poliedrico, controcorrente: un alieno in una società, di ieri e di oggi, pervasa di individualismo e opportunismo, conforme alla vulgata prevalente, servile verso i potenti. Lussu era l’opposto. “Io scrivo con riluttanza – diceva – poiché la massima parte di quelli ai quali m’interesserebbe arrivasse il mio pensiero non sa né leggere né scrivere. Sono i contadini ed i pastori sardi.” (Il Solco, 28.8.1921). La scelta di campo fu quindi netta, da subito, e così il suo impegno politico nel Partito sardo d’azione: “È il movimento della campagna in antitesi a quello urbano, è la volontà di far partecipare alla vita politica la gran falange rurale che è rimasta finora estranea e sfruttata”(Id.).
Dunque aree periferiche, rurali, sfruttate a vantaggio delle città. È la grande sfida dell’autonomia: ancora attuale, oggi, quanto irrisolta. Scriveva infatti Lussu: “Quando alla Camera un oratore parla d’autonomia, la destra sonnecchia, la sinistra sbadiglia e il centro dorme profondamente… Tutti sono consenzienti. Tutti sono diventati autonomisti, tutti sono d’accordo nell’infischiarsene” (Il Solco 14.8.1921). Lussu voleva un’autonomia libertaria, fondata sul risveglio delle coscienze, non ottriata dallo Stato. Un uomo di pensiero e d’azione, dunque.
All’inizio giovane interventista, poi, dinanzi agli orrori della guerra, pacifista ma mai arrendevole o rinunciatario. Struggente il ricordo di quei quattro anni di trincea nella grande Guerra. “Di tutti i momenti...– scriveva – quello precedente l’assalto era il più terribile. Chi non ha conosciuto quegli istanti, non ha conosciuto la guerra”. (Un anno sull’altipiano, 1937). Anche la parola patria non è retorica, altrimenti diventa: “Patria fittizia, scolastica, fascista. Noi in guerra abbiamo imparato a conoscere un’altra Patria, non quella degli egoismi, degli arrivismi, dei fornitori dello Stato, dei professori di Università, ma la Patria della grande massa, di quelli che l’hanno servita senza saperlo, di quelli che l’hanno pronunziata, morendo, senza conoscerla.” (Il Solco, 28.8.1921).
Nel suo Marcia su Roma e dintorni (1931) emerge la temperie sociale e culturale di quegli anni: populismo, conformismo, opportunismo, di cui furono protagonisti coloro che il fascismo fecero ascendere per poi divenirne detrattori, appena cambiato il vento. Lussu era un combattente ma anche un mirabile scrittore, ironico e tagliente; anche in questo controcorrente, specie oggi, nell’epoca dei tweet e dei social che hanno tolto cittadinanza persino alla lingua italiana.
L’auspicio è dunque che gli eventi promossi dal Centro studi Emilio Lussu, nei cinquant’anni dalla sua scomparsa, d’intesa con Eurispes ed altri enti, possano riconsegnare alla memoria comune i suoi lasciti, sempre attuali, e quelli di Joyce, sua moglie e compagna in tante battaglie di giustizia e di libertà.
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