Se questo è un omo, un gay, una checca – suvvia, non facciamo gli ipocriti, i radical chic, i politically correct – lo proveranno una manciata di segnali. Come il desiderio sessuale continuo, la ricerca di coccole e carezze, gli atteggiamenti effeminati. Sì, certo. All’elenco mancano giusto: amano il rosa, conoscono a memoria Sex and the city, sono i migliori amici delle donne. Non ci stupiremmo di certo a trovare segmenti del genere in un articolo – o pezzo, o scritto, fate vobis – intitolato Come riconoscere un gay: ecco i consigli da seguire. Che tra l’altro premette, con grammatica incerta: “Eliminiamo immediatamente i luoghi comuni che è facile riconoscere un gay”. E menomale. Che se fosse stato facile chissà quali meno accurati e perfino più immediati scivoloni e castronerie avremmo trovato su questo sito di informazione, Lucanianews24, che dovrebbe raccontare la Basilicata ma che non si capisce bene quale legami abbia con la regione.

Già l’attacco promette bene e introduce “un discorso un pochino spinoso”. E che infatti farà sanguinare – un po’ ridere e un po’ piangere – i lettori fino all’ultima parola. È come se il pezzo si prefigga poi un vero e proprio servizio pubblico. Poiché il problema, la domanda, il pretesto al quale risponde è “riuscire a capire se un uomo o una donna è gay”. Per stanarli, “farli uscire allo scoperto”, “per trovarli, per ghermirli e nel buio” scovarli. Perché? Perché “molti gay e lesbiche si sposano e creano una famiglia ‘normale’ (le virgolette non assolveranno mai nessuno, ndr) per camuffare questa tendenza”; perché “pensate ad un amico che sta vivendo male la sua sessualità. Riuscire poi a parlarne con una persona vicina, ebbene potrebbe essere di aiuto per fare coming out”; perché “i genitori che vogliono essere d’esempio e di sostegno ai propri figli, hanno bisogno di scoprire o riconoscere un figlio gay”. E quindi via al vademecum, allo scalcinato gay-finder.

Che parte da fantomatici segnali “vedo non vedo” che sono una galleria di cliché e sciatteria: “desiderio sessuale discontinuo; ricerca di compagnia maschile e continui contatti, come carezze o abbracci verso persone dello stesso sesso, sensibilità estrema, atteggiamenti effeminati, non solo nei gesti, ma anche nell’abbigliamento; sfuggente sul discorso dell’omosessualità”. Ai quali ci sentiremmo di aggiungere: vestono molto colorato, adorano Madonna o Beyoncé, conoscono tutte le battute dei film di Ozpetek e Almodóvar. Il campionario fru fru, si spiega, è tratto da uno studio dell’università di Oxford. Non essendo riusciti a risalire a tale studio abbiamo provato a contattare il portale Lucanianews24 al numero indicato sul sito, che però risulta inesistente. Quel dommage!

Il manuale, improvvido e avventuroso scova-gay, continua con un consiglio quasi infallibile considerando che “nel 91% dei casi proprio i dispositivi mobili o la cronologia sui computer ha dato una prova chiara”. Dunque raccomanda di spiare su computer e altri dispositivi, premettendo tuttavia che “nel rispetto della privacy occorre dire che non è proprio un’azione ‘legale’, ma tuttavia può essere uno spunto per chiarire la situazione”. E quindi per rintracciare chat o siti porno nella cronologia. E infine “per eliminare ogni dubbio, quando avete poi accumulato indizi, prove e quant’altro, l’unica cosa da fare è chiederlo”. Ma – e questi rientrano tra i consigli da non dimenticare – farlo senza aggressività, senza giudicare, con pazienza e comprensione. Nientedimeno. Altrimenti chissà cosa si sarebbe letto in questo avventato prontuario per scovare partner figli amici ingannevoli e sessualmente clandestini. Ci vorrebbe solo qualcuno con il fascio di luce di una torcia sul volto a scandire: “Sono tra noi”, e il thriller sarebbe completo. Anche se il vademecum: confonde l’omofobia con il razzismo; mette tra le virgolette “normalità”; sottolinea, con coraggio, che la scelta di dichiarare l’orientamento sessuale è privata. E infine dimentica ricordare che l’omofobia, che è l’ombra di questa guida, a volte può nascondere, come hanno provato certi studi, una omosessualità latente.

Antonio Lamorte

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