Lettere dal carcere a Sbarre di Zucchero
“Come si vive in 7 in una cella con due metri per camminare? Ho vissuto il dolore quotidianamente”
Un arresto rocambolesco, la frattura di due vertebre provocata durante la colluttazione con gli agenti. Poi la solitudine ai tempi del Covid e la sofferenza di chi sta male, non può muoversi, e non può vedere i suoi familiari. È questo che racconta F. che ora è in affidamento in prova a casa di sua figlia. È uscito dal carcere ma nel cuore si porta tutta la sofferenza che ha visto e provato in prima persona. La sua famiglia abita in Sud America e durante la detenzione l’ha potuta vedere molto raramente, sentirla al telefono per 10 minuti tre volte a settimana. Il tutto complicato dal fuso orario. Racconta che quando è arrivato in carcere pesava 110 kg, quando è uscito solo 70 kg. ” La mancanza di affetto, di amore, di un sorriso sono per me la più grande sofferenza che ho potuto avere”, scrive. Racconta anche del suo piantone, pagato 400 euro al mese ma che, tra tasse e altre trattenute poi diventavano poco più di 240 euro. F. ha trovato le parole per raccontare come si è sentito durante la detenzione, ma sa che queste non bastano. “È complicato spiegare come si sente dentro 7 metri quadrati di stanza con due letti, sedie, tavola, armadietto e dove ti rimangono solo 2.5 metri quadrati per camminare”, scrive. Riportiamo di seguito il testo della lettera di F. a Sbarre di Zucchero.
Ciao, vi racconto la mia detenzione. Tutto è iniziato ad agosto del 2021 in un aeroporto di una città europea dove al passaggio dei passaporti mi arrestarono per un MAE (mandato d arresto europeo) per una pena di 1 anno e 10 mesi e 19 giorni. Sono stato arrestato in maggio del 2009 e rilasciato a gennaio 2010 condannato per bancarotta fraudolenta nel 2014 dopo avere passato gli 3 gradi di giudizio (condanna a 2 anni e 7 mesi). Nel frattempo avevo ricominciato la mia vita in America Latina perché in Europa dopo la “pubblicità” televisiva per più di 5 mesi non avevo più la possibilità di lavorare. Ad agosto 2021 dopo avere passato ore dentro un buco di un metro quadrato in serata due agenti dell’ Interpol sono venuti a prendermi per essere spostato in un’ altra zona dell’ aeroporto. Purtroppo nel momento in cui si è aperta la porta e ho visto dove mi si voleva rinchiudere ho avuto una reazione contro l’agente che mi stava spingendo e ho fatto un gran errore. Sono arrivati in 5 per darmi il “saluto” e lesionarmi due vertebre. Dopo 28 giorni passati in un istituto in Olanda (dove a dire la verità è un hotel a cinque stelle a confronto dell’Italia), arriva l’Interpol e mi trasferiscono in un istituto italiano dove sono rimasto fino a giugno 2022 e adesso in affidamento in prova a casa di mia figlia.
Come ho passato questi mesi in carcere. Il carcere dove sono stato collocato è un istituto di alta sicurezza vecchio pieno di muffa e poi con le leggi anti Covid l’isolamento è stato maggiore. Mi sono fatto 15 giorni di osservazione in una stanza, da solo, poi mi hanno trasferito nel reparto dei definitivi. Dopo richiesta degli avvocati e del dirigente sanitario mi portarono in ospedale perché non potevo muovermi ed è stato in quel momento che ci siamo accorti che questi simpaticoni (gli agenti in aeroporto, ndr) mi avevano rotto 2 vertebre ( L5/S1 ). Il carcere mi ha dato subito un assistente, che si chiama piantone, però preferisco chiamarlo badante. Bene per lui perché era pagato 400 euro al mese che sempre fa bene a chi non ha soldi e sono anni che sta lì. Però da questi 400 le istituzioni oltre che levargli le tasse gli hanno levato anche 108 per vitto e alloggio nell’ istituto. Alla fine prendeva una cifra tipo 240 euro.
Al mio arrivo (in carcere, ndr) pesavo 110 kg. Alla mia uscita 70kg. Sono rimasto praticamente chiuso in cella per questi mesi senza potere fare qualsiasi attività, anche se le attività sono quasi inesistenti. Un gruppo di ragazzi albanesi si è preso cura di me, veramente hanno cercato di farmi sentire bene. Un po’ complicato però. La sofferenza wuhaaaaa…La mancanza di comunicazione. La mancanza di affetto, di amore, di un sorriso sono per me la più grande sofferenza che ho potuto avere. Avevamo diritto a 3 chiamate a settimana di 10 minuti. Avendo la famiglia fuori Italia era complicato con i fusi orari dell’ America Latina. Avevamo diritto a 6 video chiamate al mese. Però anche lì con il fuso orario era complicato (7 ore). Il colloquio lo facevo una volta ogni 2 mesi perché per venire in Italia ci volevano 24/26 ore di viaggio.
Che posso dirvi…È complicato parlare di sofferenza! È complicato parlare dell’ abbandono totale! È complicato parlare del Covid vissuto in carcere, rinchiuso nei sotterranei senza neanche vedere un medico! È complicato parlare del maltrattamento delle guardie che ad ogni momento si inventano cose assurde per farti un rapporto cosi ti salta la liberazione anticipata! È complicato parlare di come un uomo si deve lavare in una stanza con 3 docce piene di muffa! È complicato spiegare come si sente dentro 7 metri quadrati di stanza con due letti, sedie, tavola, armadietto e dove ti rimangono solo 2.5 metri quadrati per camminare.
Però dentro la sezione esistono rapporti tra detenuti, c’è un gran rispetto in tutti sensi. È difficile per me parlare di questa sofferenza perché adesso che sono a casa in affidamento ho lasciato persone dentro che continuano a soffrire e questo mi fa impazzire.
Ho visto ragazzi rinchiusi per cazzate e fare fine pena. Ho visto ragazzi psicologicamente toccati e gravi che il loro posto non era in istituto. Ho visto ragazzi correre per il SERT. Ho pianto. Ho visto piangere. Ho vissuto il dolore quotidianamente. Non posso spiegarlo scrivendo. Però ho tentato.
© Riproduzione riservata