Schermaglie parlamentari infuocate intorno alla riforma Cartabia. Il premier la vuol vedere approvata entro la fine della settimana e lo ha fatto sapere chiaro e tondo. Ma i lavori della Camera hanno rimesso in discussione il timing del provvedimento sulla riforma del processo penale dopo che gli emendamenti sull’abuso d’ufficio presentati dal centrodestra sono stati ritenuti inammissibili. Ragion per cui Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno chiesto l’allargamento del perimetro degli emendamenti e presentato un ricorso al presidente della Camera contro l’inammissibilità, sul quale Fico deve pronunciarsi questa mattina.

Un doppio percorso che punta allo stesso risultato: far rientrare nella riforma il ridimensionamento del reato dell’abuso d’ufficio. «La decisione dell’ufficio di presidenza della Commissione Giustizia della Camera sull’allargamento del perimetro degli emendamenti sulla riforma del processo penale è stata rinviata. La Commissione tornerà a riunirsi domani (oggi, ndr)», spiega il capogruppo Pd in Commissione, Alfredo Bazoli, critico con Forza Italia che accusa di forzatura sul tema dell’abuso d’ufficio. Intanto ieri sono stati segnalati da parte dei gruppi gli emendamenti-chiave che, in questo modo vengono ridotti da oltre 2000 a circa 400.

«Su quelli si lavorerà questa settimana, fino a giovedì, con la speranza che la riforma possa approdare in aula venerdì», sintetizza Bazoli. Ed essere votata con la fiducia. Un banco di prova non tanto per la maggioranza, che ha comunque i numeri, quanto per i volubili equilibri interni del M5S. Il Pd si schiera con la ministra Cartabia. Il dem Franco Vazio è relatore per la riforma del processo penale alla Camera e parla di una “riforma epocale”, semmai da temperare con «una introduzione graduale dei suoi effetti sui processi». Il segretario Enrico Letta dice che «la riforma è lo strumento giusto, consente alle diverse anime della coalizione di mantenere qualche distinguo e comunque di votare per far andare avanti il governo». Ma la tenuta della maggioranza di sussulti ne conosce di nuovi, grazie alla festa di Mdp-Art.1, partito di Speranza e Bersani, a Bologna. Le sparate sopra le righe di Travaglio, che se la prende con Draghi «figlio di papà che non capisce un cazzo» tra gli applausi generali, creano imbarazzi all’ala più a sinistra della maggioranza. Speranza prende le distanze quando s’accorge della valanga.«Parole che non ci rappresentano».

Ma Salvini chiede le dimissioni del ministro della Salute, leader di Mdp. «Speranza si dimetta. Che senso ha stare al governo se i suoi applaudono convinti agli insulti del direttore del Fatto?», si chiede su Twitter. Le scuse le chiedono anche FI con Licia Ronzulli e Noi con l’Italia con Maurizio Lupi: «Travaglio è volgare da sempre ma stavolta deve scusarsi». Matteo Renzi stigmatizza «le parole offensive e deliranti di Marco Travaglio su Draghi – orfano di padre all’età di 14 anni – che dimostrano come il direttore del Fatto Quotidiano sia semplicemente un uomo vergognoso. Stupisce che ancora venga pagato per insultare tutti a reti unificate».

Il problema Rai c’è. I gettoni di presenza per Travaglio e Scanzi a modo loro pesano, anche se sulla loro entità sembra esserci una sorta di segreto di Stato; proprio ieri sono stati resi noti i bilanci di viale Mazzini: dal 2018 ad oggi quella che era una grande azienda pubblica in attivo è diventata un colabrodo, dal Conte 1 al Conte 2 si è accumulato un debito mai visto prima, perdendo nel 2019 35 milioni di euro.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.