La serrata dei benzinai con le code ai distributori e gli automobilisti furiosi perché 48 ore senza carburante sono un tempo lungo per chi è pendolare e per chi lavora trasportando merci. Il parricidio politico di uno dei suoi padri putativi, un personaggio iconico per Fratelli d’Italia, soprattutto nella regione Lazio come in effetti è Fabio Rampelli. Per non parlare dei posizionamenti in ordine sparso all’interno della stessa maggioranza su alcuni provvedimenti urgenti come giustizia e concessioni balneari. “La ciliegina sarebbe – osservava ieri cupo un senatore di maggioranza – se domani (oggi alle 11 è convocato il Plenum con il Presidente Mattarella, ndr) riuscissimo nel capolavoro politico di perdere l’occasione storica per il centrodestra di avere finalmente un vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura. Eventualità più che probabile visto che non siamo riusciti a mandare a palazzo dei Marescialli un nostro esponente la cui levatura istituzionale risultasse schiacciante”.

Non ci sono bollicine e cotillon per festeggiare i primi cento giorni di legislatura che dovrebbero, per tradizione, essere i più belli, festosi, armoniosi soprattutto. Quelli della “luna di miele” per intendersi. I festeggiamenti non sono stati neppure evocati. Certo, i sondaggi fotografano una leadership comunque salda e lei si sforza di dire che “va tutto bene” e nel dare la colpa a media e giornali. Ma se metti naso tra l’agenda di palazzo Chigi e quella della maggioranza trovi crepe e divisioni. Nel decreto Mille proroghe, diventato la seconda parte della finanziaria, dovevano essere al massimo duecento gli emendamenti segnalati, equamente divisi tra maggioranza ed opposizione. Arriveranno invece a 359 (su circa 1500 presentati) e saranno così suddivisi: 110 a Fdi, 51 alla Lega, 31 a Forza Italia, 10 a Noi moderati. Più di 200 emendamenti per le forze di maggioranza: alla faccia dell’unità di azione e della visione comune. Il tema più divisivo nella maggioranza sono le oltre settemila concessioni balneari: questa importante riforma che il governo Draghi ha inserito nel disegno di legge delega sulla Concorrenza approvato a giugno e milestone del Pnrr, si è nei fatti fermata con la caduta del governo Draghi.

I tassisti ottennero lo stralcio della norma che li riguardava. I balneari ottennero la promessa che non se ne sarebbe fatto di nulla della mappatura e della messa a gara dei singoli stabilimenti balneari. Il destra-centro ci ha fatto campagna elettorale. Lega e Forza Italia hanno presentato emendamenti al Mille proroghe per rinviare tutto di un anno. Fratelli d’Italia ha evitato di farne di propri. Ieri pomeriggio il ministro con delega ai Rapporti europei Raffaele Fitto ha riunito un tavolo di maggioranza dove ha proposto di “prorogare la delega al governo sulle concessioni dei balneari”. Si tratta di dare più tempo all’esecutivo per una generica riforma di settore. “La mappatura non sappiamo neppure chi deve farla” diceva ieri un senatore di Fdi alla prima nomina ma con lunga esperienza come amministratore locale, “e i comuni non sono pronti per indire le gare a gennaio 2024”. Come dire che è “logico” dare la proroga al governo. Insomma, la proposta di Fitto agli alleati è quella di “prendere tempo”. Ma cosa dirà Bruxelles quando Fitto andrà a proporre di congelare un pezzo importante della legge sulla concorrenza mentre deve già trattare altri pezzi importanti del Pnrr?

Forza Italia e Lega sembrano averla bevuta. Anzi, considerano di avere già la proroga in tasca. “Soddisfatti per la linea del governo, in questo modo tuteliamo trenta mila imprese balneari” ha detto Salvini. Dovrebbero quindi ritirare i propri emendamenti. In realtà quella di Fitto è solo una proposta che passerà il prima possibile su un tavolo-incontro con le associazioni di settore e poi cercherà di interloquire. “Bisogna fare i conti con la realtà”, “serve buon senso”, ripeteva lunedì ad Algeri la premier Meloni. Sorprendente la metamorfosi rispetto alla leader dell’opposizione che prometteva l’impossibile e attaccava su tutto i suoi alleati di oggi ma avversari di ieri che avevano dato vita ad un governo di responsabilità nazionale. Sullo sciopero dei benzinai il ministro Urso ha provato fino a ieri sera a farlo rientrare. Forse riuscirà a ridurlo a 24 ore. Il problema è e resta quello di sempre: il governo ha alzato i prezzi dei carburanti togliendo lo sconto sulle accise; la maggioranza per difendersi dalle prime accuse dei cittadini ha dato la colpa ai benzinai “che speculano”. Da allora, i primi di gennaio, palazzo Chigi ha continuato a mettere toppe ad un problema che adesso ricadrà due volte sui cittadini: la benzina viaggia sempre intorno a 2 euro, un macigno in più per l’inflazione così alta; in più anche lo sciopero.

In vista delle regionali è “cattiva” notizia anche il commissariamento della Federazione Fdi Roma. Meloni ha fatto fuori Massimo Milani, fedelissimo di Rampelli, ed ha affidato la “culla” di Fdi, ad un suo uomo, il fiorentino Donzelli, uno che c’azzecca veramente poco con Colle Oppio e dintorni. Una decisione forte, che rompe l’equilibrio interno del partito. Farlo a due settimane dal voto regionale, ha il sapore di una prova di forza di Meloni rispetto al partito e in favore del suo cerchio magico. “Attenzione però – osservava ieri un senatore di Fdi – la storia insegna che i cerchi magici strozzano chi li crea e chi li usa”. La frattura con Rampelli è evidente. E chissà quante altre – ad esempio lo stop di Valentino al Csm – se ne sono già consumate in questi primi cento giorni.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.