Mappa per orientarsi nel caos totonomi
Conclave, chi sono i veri papabili: il favorito Tagle, il mediatore Parolin, il conservatore Erdö e i cardinali di Trump (e Ratzinger)
L’elezione di un Papa è anche un messaggio geopolitico cui, in una fase di grandi cambiamenti come quella attuale, tutti guardano con grande interesse sperando che l’eletto sia quanto più affine possibile

La cristianità si prepara per l’omaggio finale a Papa Francesco, e più passano le ore, più l’attenzione si focalizza su quei 135 cardinali elettori che stanno raggiungendo Roma per compiere il primo dei propri doveri: dare alla Chiesa il suo Pontefice, il 267° successore di Pietro. A molti potrebbe sembrare un atto di insensibilità verso Papa Francesco, ma anche in questo caso il meccanismo della tradizione non può essere interrotto.
Del resto con un certo cinismo acquisito nei secoli i romani erano soliti ricordare come “morto un Papa se ne fa un altro”, e del resto negli anni del Potere temporale della Chiesa la “Sede Vacans” rappresentava per la Caput Mundi un momento di instabilità e complessità, oggi difficile da cogliere, se non nello smarrimento che trova i fedeli alla notizia della scomparsa del Papa. Così i princìpi della Chiesa, con l’intercessione dello Spirito Santo, sono chiamati a colmare quel vuoto e ripristinare l’ordine delle cose, o per meglio dire l’architettura voluta direttamente da Cristo nell’atto di istituire la cattedra di Pietro: “Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam”.
Nuovo Papa conservatore o progressista?
Ed è lecito domandarsi che Chiesa sarà quella che seguirà il pontificato di Bergoglio, sarà conservatrice o modernista? Il termine progressista del resto, per quanto si presti ad una lettura politicizzata, rende ben poco le forze in gioco e gli schemi dai quali sorgerà il nuovo Papa. Del resto il totonomi, altro cinismo italico, è già iniziato da tempo, e ben prima che la salute di Papa Francesco incominciasse a dare segni di cedimento, dimostrando come il mondo guardi con attenzione al presente e al futuro della Chiesa. Del resto Francesco è stato un Papa estremamente politico, non nel senso tradizionale, ma nell’ottica di un posizionamento netto, talvolta frettoloso, nelle vicende del mondo, svuotando persino la diplomazia vaticana del suo ruolo di mediazione e equilibrio. Un papa politico, ma non certo marxista come talune semplificazioni hanno voluto raccontare, ma il fondatore della “teologia del popolo” vera e propria sfida sul terreno appunto politico al marxismo rivoluzionario in salsa sudamericana.
I cardinali elettori provenienti da 71 Paesi
Ma Francesco è stato anche e soprattutto il Papa che da non europeo ha spostato il baricentro della Cristianità dall’Europa alle periferie del mondo, dando per scontato che la secolarizzazione europea fosse ormai irreversibile. Così con i 108 nuovi cardinali nominati da Francesco si è passati dai 48 paesi rappresentati nel conclave 2013 ai 71 di oggi, dentro i quali vanno compresi i 5 cardinali nominati da Giovanni Paolo II e ancora elettori e i 22 di Benedetto XVI. Tra questi vi è naturalmente il prossimo sommo pontefice, ma già si inizia a puntare sui favoriti, con il rischio che vengano poi bruciati, secondo un altro adagio che recita: “chi entra papa in conclave ne esce cardinale”, come avvenne al Cardinale Scola nel 2013. Ma l’elezione di un Papa è un dato geopolitico e in una fase di grandi cambiamenti anche la politica e le diplomazie guardano con interesse al Conclave e con favore all’elezione di un candidato che possa rispecchiare una visione loro affine.
I papabili
Non è un mistero per esempio che i conservatori americani scottati dall’appoggio dato a Bergoglio nel 2013 questa volta puntino su un profilo come Leo Raymod Burke, che ha nel proprio cognome l’essenza del conservatorismo, e che Donald Trump gradirebbe, cosa che però rischia di rappresentare un freno per la candidatura di Burke, anche se il tema dell’obolo di San Pietro dalle donazioni americane non è argomento da sottovalutare. Così come sempre sul fronte conservatore resta salda la figura dell’arcivescovo di Budapest Péter Erdö. Sul fronte vicino al defunto pontefice da sempre favorito è il Filippino Tagle, mentre resta in ballo una figura d’equilibrio e chissà di transizione come Pietro Parolin. In corsa anche il guineano Robert Sarah, l’uomo di Ratzinger.
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