È stato assolto dall’accusa di rivelazione del segreto l’ex ministro Luca Lotti. Insieme a Lotti sono stati assolti l’ex parlamentare Italo Bocchino, gli imprenditori Alfredo Romeo e Carlo Russo, l’ex generale dei carabinieri
Emanuele Saltalamacchia, all’epoca dei fatti comandante della Legione Toscana, Filippo Vannoni, ex presidente della municipalizzata fiorentina Publiacqua e Stefano Massimo Pandimiglio. Condannati, invece, gli ex ufficiali del Noe Gianpaolo Scafarto (1 anno e 6 mesi) e Alessandro Sessa (3 mesi).
Assolto anche Tiziano Renzi, padre del leader di Italia Viva ed ex premier, Matteo. Lo hanno deciso ieri i giudici del tribunale di Roma al termine di uno dei tanti processi nati dall’inchiesta Consip. I reati contestati a vario titolo erano quelli di millantato credito, traffico d’influenze, tentata estorsione, favoreggiamento, falso, rilevazione di segreto. “E’ la fine di un incubo. Un processo lungo, lunghissimo. Un iter che ho seguito dal primo giorno del processo, anzi dal primo momento che la parola Consip ha invaso, travolto e letteralmente stravolto la mia vita. Dal giorno in cui ho scoperto dai giornali di essere indagato (era il 23 dicembre 2016)”, ha affermato ieri Lotti.

La vicenda

Tutto ebbe inizio, come ha ricordato Lotti, all’antivigilia di Natale del 2016 quando il Fatto Quotidiano diede la notizia che l’allora ministro dello Sport e i vertici dell’Arma, i generali Tullio Del Sette e Saltalamacchia, erano indagati dalla Procura di Napoli per rivelazione del segreto d’ufficio.
Secondo i pm napoletani Henry Jonh Woodcock, Celestina Carrano ed Enrica Parascandolo, i tre, unitamente a Vannoni, avrebbero avvertito l’amministratore delegato di Consip Luigi Marroni che nei suoi confronti era stata aperta una indagine e di prestare quindi molta attenzione. Marroni, appresa la notizia, aveva provveduto ad una bonifica del suo ufficio rimuovendo le microspie che erano state nascoste dai carabinieri del Noe che da mesi indagavano su presunte tangenti versate da Romeo in cambio di appalti all’ospedale Cardarelli di Napoli. Romeo, accusato di corruzione, verrà anche sottoposto alla custodia cautelare in carcere.

Il filone Renzi

Dicembre 2016 era stato un mese cruciale per Renzi.L’allora segretario del Pd, sconfitto al referendum costituzionale, aveva rassegnato le dimissioni, lasciando Palazzo Chigi a Paolo Gentiloni. Del Sette, comandante generale in carica nominato proprio da Renzi nel 2014, stava per terminare il mandato. Il governo uscente lo aveva comunque rassicurato che sarebbe stato prorogato. L’indagine di Napoli e il conseguente clamore mediatico rischiavano però, di far saltare tutto. Lo stesso dicasi per Saltalamacchia, anch’egli molto stimato da Renzi che lo aveva conosciuto da sindaco quando era comandante provinciale a Firenze e che era in predicato per essere nominato capo dell’Aisi, il servizio segreto civile. Mentre su Del Sette il neo premier Paolo Gentiloni tirerà dritto prorogandolo nell’incarico, su Saltamacchia sarà invece costretto ad un passo indietro. Il filone d’indagine sulla fuga di notizie, a fine dicembre 2016, verrà stralciato e trasmesso a Roma.

Il colpo di scena

Ai primi di marzo del 2017 arriva il primo colpo di scena: l’intera informativa di reato, oltre mille pagine, trasmessa per competenza da Napoli a Roma finisce integralmente nelle redazioni dei giornali. A memoria, una fuga di notizie dalle proporzioni “mai viste”, commentò a caldo il vice presidente del Csm Giovanni Legnini. Il procuratore della Capitale Giuseppe Pignatone deciderà allora di revocare le indagini al Noe per le “ripetute rivelazioni di notizie coperte dal segreto”, delegando i carabinieri del reparto operativo di Roma. Ed ecco il secondo colpo di scena. L’informativa in questione, redatta da Scafarto, presentava alcuni “errori”, ad esempio erano state attribuite agli indagati frasi in realtà da essi mai pronunciate. I pm romani Paolo Ielo e Mario Palazzi indagarono allora Scafarto per falso ideologico, decidendo di passare al setaccio tutti gli atti redatti e riascoltando anche i protagonisti di questa vicenda.

La condanna

I magistrati di Napoli, invece, rinnovarono la fiducia a Scafarto ed ai suoi uomini. Il ministro Andrea Orlando definirà gli errori di Scafarto “gravi ed inquietanti”. Il consigliere del Csm Pierantonio Zanettin (Fi) chiese che si facesse chiarezza: “L’opinione pubblica vuole sapere se Scafarto abbia agito per sbadataggine o perché mosso da ambizione di carriera o addirittura perché manovrato da qualche burattinaio che è rimasto nell’ombra: queste vicende gettano un’ombra inquietante sul comportamento di apparati dello Stato in aperto conflitto tra loro”. Alla fine del 2017 toccherà a Woodcock e Carrano finire davanti alla Sezione disciplinare del Csm, con la contestazione di aver interrogato Vannoni, pur indagato, senza l’assistenza di un difensore. Ielo e Palazzi, nel frattempo, otterranno la sospensione dal servizio di Scafarto, accusato anche di depistaggio. Provvedimento poi annullato dal Riesame secondo cui Scafarto commise solo “errori involontari”. Ieri, però, la condanna nei suoi confronti e l’assoluzione per chi aveva indagato.

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Giornalista professionista, romano, scrive di giustizia e carcere