Ci risiamo. Periodicamente torniamo a occuparci della conferenza internazionale organizzata dall’Onu per discutere del clima e delle questioni correlate. Con cadenza circa annuale i “Potenti della Terra” si riuniscono per constatare il peggioramento della situazione che avevano lasciato l’anno prima e meditare, impotenti, sui motivi del nuovo fallimento.

I timidi avanzamenti, che pure si erano concordati in qualcuna delle 25 riunioni precedenti, sono stati sconfessati nei fatti, per poi essere accantonati nelle conferenze seguenti. I potenti della Terra dimostrano di aver studiato la Divina Commedia e di aver appreso bene il suggerimento dato da Guido da Montefeltro a papa Bonifacio VIII per espugnare Palestrina: «lunga promessa, con l’attender corto», cioè promettere a lungo, per poi disconoscere presto la promessa. Ma la conclusione della storia devono averla letta distrattamente. A Guido il consiglio fraudolento costò la dannazione… Il rischio che corriamo oggi è analogo, la dannazione del pianeta.

Cerchiamo di spiegare in parole semplici la questione. La Terra si sta riscaldando. Negli ultimi decenni si è registrato un aumento progressivo della temperatura media che ha raggiunto + 1 grado, rispetto ai valori registrati nell’epoca precedente. Il termometro fu inventato all’inizio del ‘600 da Galileo Galilei ed è stato sempre uno strumento affidabile. Quindi possiamo essere sicuri di questo dato.

Dite che un grado in fondo è poco? Dipende. La temperatura corporea umana è di 36.5°. Con un grado in più arriviamo a 37.5° e si comincia a stare male. Se la prospettiva è l’aumento rapido di un altro grado, come risulta dalle proiezioni, a 38.5° la situazione comincia a diventare grave. Immaginate se foste condannati a restare col febbrone per sempre. Come i falsari di Dante. E come il Pianeta, se non invertiamo subito la tendenza. No, un grado può non essere affatto poco, e due gradi possono essere drammatici. Pochi giorni fa, la Sicilia e la Calabria sono state investite da un uragano di tipo tropicale. Un uragano di forza -tutto sommato- modesta, ma sufficiente a produrre un’alluvione. E non sono gli allagamenti il problema maggiore. Il problema è che c’è stato un uragano di tipo tropicale nel Mediterraneo! La Sicilia come Haiti…

Evento così inusitato, che i meteorologi hanno dovuto trovare un nuovo termine per definirlo. Hanno usato una crasi, l’unione della radice della prima parola con la desinenza della seconda. Era un Uragano del Mediterraneo, cioè un Mediterranian Hurricane? Battezziamolo Medi-cane, c’est plus facile. Il dramma è che gli scienziati non inventano nuove locuzioni per definire casi isolati e irripetibili. Le inventano quando credono che dovranno usarle spesso in futuro. Come è stato per rottamazione, Imu, berlusconismo.

Gli esperti incaricati dall’Onu di studiare le origini di questo fenomeno di surriscaldamento sono riuniti in un gruppo di lavoro permanente denominato Ipcc, International Panel for Climate Change, comitato internazionale per (lo studio dei) cambiamenti climatici. Nella serie di bollettini pubblicati con cadenza circa quadriennale, gli scienziati dell’Ipcc sostengono con un livello di confidenza sempre crescente che il riscaldamento del pianeta, il Global Warming dipende dalle attività umane. Infatti ogni attività, in misura maggiore o minore, comporta il rilascio di gas serra clima-alteranti. Perfino quando semplicemente respiriamo, emettiamo anidride carbonica, il principale gas serra. E molto di più quando produciamo energia elettrica bruciando materiali fossili come petrolio e carbone, quando circoliamo con mezzi alimentati a benzina e gasolio, quando alleviamo animali e coltiviamo campi. Come la respirazione, alcune di queste attività sono irrinunciabili ma, a differenza della respirazione, la quantità di gas serra emesso potrebbe essere ridotta drasticamente, applicando metodi e tecnologie più opportune. È quella che si chiama transizione ecologica, tanto predicata, quanto disattesa.

L’Ipcc ci dice quindi che il surriscaldamento è dovuto all’effetto serra. Altra locuzione entrata nel linguaggio comune, ma forse non perfettamente compresa. Ne parlai già diffusamente su queste stesse pagine, lo ricordo in breve per completezza di informazione. Immaginiamo due auto, una cabriolet e una berlina, parcheggiate sotto il sole in una giornata gelida invernale. Il sole scalda gli abitacoli di entrambe ma, mentre il calore prodotto nella cabriolet sfugge all’esterno, quello della berlina resta imprigionato nell’abitacolo. La persistenza del calore in questo secondo caso è l’effetto serra su piccola scala. L’effetto serra su scala planetaria è analogo: lo strato di gas serra immessi in atmosfera svolge una funzione simile a quella del parabrezza e dei finestrini della berlina: permette alla luce del sole di raggiungere il suolo, ma non al calore così generato di essere rilasciato verso lo spazio esterno, il che comporta un costante aumento di temperatura.

E chi ci garantisce che davvero la quantità di anidride carbonica non sia mai stata così alta e che non si tratti solo di un ciclo dell’ecosistema? Magari l’anidride carbonica è aumentata e diminuita periodicamente nel corso dei millenni e adesso ci autoflagelliamo, attribuendoci una responsabilità che non abbiamo, invece di rassegnarci a un evento inevitabile di origine naturale? Anche per questo c’è una risposta scientificamente certa.

Sulla superficie del continente Antartico, nel corso di milioni di anni, si è accumulato un spesso strato di ghiaccio dovuto alla deposizione della neve precipitata e poi compressa sotto il proprio stesso peso. Gli strati più profondi corrispondono quindi alle epoche più antiche e, quelli superficiali, alle epoche più recenti. All’interno del ghiaccio sono rimaste intrappolate bollicine di aria aventi la composizione chimica dell’atmosfera al tempo della precipitazione. Perforando la calotta con una trivella cava i ricercatori sono riusciti ad estrarre un cilindro (“carota”) di ghiaccio che rappresenta un archivio storico della concentrazione di anidride carbonica a partire da 800mila anni fa. Il risultato è che, in questo arco di tempo, la quantità di anidride carbonica non è mai stata tanto elevata. È un’evidenza scientifica dirimente, che non ammette replica, come la prova del nove. Quindi affermare che il valore attuale è solo fluttuazione spontanea è falso. Certo, in epoche più remote si sono avute concentrazioni superiori, ma era un altro mondo, quello dominato dai microorganismi o dai dinosauri. Nel mondo come oggi lo conosciamo, non è mai successo prima. E i grafici mostrano inequivocabilmente che la curva delle emissioni di gas serra nel tempo è sovrapponibile a quella dell’aumento della temperatura.

Adesso è arrivato anche Obama alla Cop. Greta invece ha abbandonato Glasgow, perché non poteva perdere altri giorni di scuola.

Davvero l’unica speranza per salvare il mondo sono un presidente ormai in pensione e una liceale che per smuovere le coscienze è costretta a marinare la scuola? Ma se non pensiamo a salvare il nostro futuro, quali altri pensieri ci occupano la mente?

Glasgow passerà, Obama passerà, Greta passerà. Ma il problema del clima resterà. Un problema gigantesco come il mondo, di cui nessuno di noi, se continuiamo così, vedrà la fine.