Il suo ritiro, il fermarsi dalle competizione che doveva dominare e stravincere, è stata una delle notizie più clamorose di queste Olimpiadi di Tokyo 2020. Ma i “demoni” che hanno fermato Simone Biles, la ginnasta americana che in Giappone era chiamata a ripetere i successi già ottenuti 5 anni fa a Rio de Janeiro (cinque le medaglie d’oro ottenuto, nda), hanno un nome.

Si chiamano “twisties” e l’atleta americana, 24 anni, ne ha parlato dopo il ritiro, lasciando le sue compagne di squadra orfane della loro stella nella gara di squadra dell’all-around, poi persa giungendo dietro la Russia.

I twisties vengono descritti come un improvviso senso di vuoto che colpisce gli atleti durante una prova sportiva, che accomuna le più svariate disciplina ma che sembra colpire in particolare i golfisti. 

Per una ginnasta però la situazione può farsi più pericolosa: una improvvisa dissoluzione del senso dello spazio, una perdita di consapevolezza della propria presenza, può provocare durante un esercizio anche un grave infortunio. 

Questo fenomeno di “perdita del senso dello spazio” è “complesso”, spiega un allenatore francese all’Afp, ed è difficile da risolvere. Può essere “accentuato dalla pressione”. Il ginnasta che ne è vittima “scivola nella paura di perdersi”, e può farsi male seriamente.

Simone Biles non è la prima ad averne sofferto. “Ho avuto i ‘twisties’ da quando avevo 11 anni. Non riesco a immaginare quanto spaventoso deve essere se accade durante una gara”, ha detto Aleah Finnegan, una ginnasta americana.

Anche la ginnasta svizzera Giulia Steingruber, specialista del volteggio, che partecipa alla finale all-around a Tokyo, ha anche raccontato di aver avuto un simile “blocco mentale” nel 2014. “Avevo molta paura” e “non riuscivo a scrollarmela di dosso”, ha raccontato in un documentario. “Ha dovuto reimparare tutto un po’ alla volta”, ha detto il suo allenatore.

Redazione

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