L’esito della crisi di governo appare ancora incerto. Alcuni ritengono che l’iniziativa di Matteo Renzi costituisca solo un pericoloso bluff e che tutto si concluderà con un nulla di fatto. Altri, più numerosi, pensano che si riuscirà a comporre un esecutivo Conte ter, con un più o meno ampio rimpasto di ministri e l’assegnazione di qualche poltrona in più per Italia Viva, magari con l’appoggio di qualche parlamentare “responsabile”. Altri ancora che sarà impossibile comporre il puzzle e che tra qualche mese, malgrado la contrarietà del Presidente della Repubblica, ci troveremo in coda alle urne. La prospettiva di una nuova consultazione è naturalmente vista con entusiasmo dalle forze di opposizione del centrodestra, sia pure con accenti diversi, ma è prospettata anche come la possibile soluzione da svariati analisti e osservatori (ad esempio, Paolo Mieli sul Corriere).

Ma quale potrebbe essere l’esito delle elezioni? Secondo tutti i sondaggi più recenti, il centrodestra si trova oggi in vantaggio, seppure in misura più esigua di quanto non risultasse qualche mese fa. Le ultime rilevazioni Eumetra assegnano all’insieme delle forze di centrodestra un totale poco sotto il 49%. Le stime Ipsos per il Corriere della Sera suggeriscono, sulla base delle intenzioni di voto rilevate a dicembre, un notevole vantaggio di seggi per il centrodestra in Parlamento (44 alla Camera dei Deputati e 22 al Senato), anche nell’ipotesi di un proseguimento dell’alleanza di governo tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle.
Ma, seppur probabile, questo scenario non è né certo né definitivo.

L’elettorato italiano si è dimostrato infatti negli ultimi anni assai mobile. È stato così in occasione delle elezioni del 2018, che hanno visto, rispetto alle consultazioni precedenti, significativi spostamenti di voti da un partito all’altro. E l’elettorato si è confermato relativamente molto fluido nel corso del 2020: i sondaggi effettuati durante l’anno scorso hanno mostrato infatti nel tempo variazioni anche vistose nel seguito virtuale di diverse forze politiche. In dodici mesi la Lega, ad esempio, ha visto diminuire il proprio seguito di circa nove punti percentuali, mentre Fratelli d’Italia è salita di tre. Anche Forza Italia è cresciuta, così come lo è, seppure di poco, il Movimento Cinque Stelle. Solo il Partito Democratico è rimasto sostanzialmente stabile.

In caso di elezioni “vere”, prevedibilmente, i flussi di voti da un partito all’altro sarebbero alla fine di dimensioni assai maggiori. È soprattutto la conseguenza della campagna elettorale: sono molti, infatti, gli elettori che si professano oggi indecisi sulla scelta di voto e non rispondono alle domande dei sondaggi (senza venire dunque “classificati” da questi ultimi), pur essendo intenzionati a recarsi alle urne quando le consultazioni saranno indette. Molti studi effettuati in occasione delle elezioni precedenti hanno mostrato come poco meno di un elettore italiano su tre decida la propria opzione di voto all’ultimo momento, determinando così il risultato finale. Ciò che diranno e faranno i partiti e i loro leader nelle ultime settimane prima del voto sarà dunque decisivo per l’esito delle consultazioni.

Di conseguenza, conterà molto “l’effetto leader”. In questo quadro occorre considerare il ruolo dell’attuale Presidente del Consiglio. Conte è riuscito ad accumulare in questi mesi una notevole popolarità personale, anche tra gli elettori dell’opposizione. È vero che essa si è in parte contratta nell’ultimo periodo, ma è vero anche che rimane assai elevata, comunque maggiore dell’esecutivo da lui presieduto. Le scelte di Conte potrebbero di conseguenza essere importanti nell’orientare le decisioni di molti elettori e influire notevolmente sull’esito del voto. Quest’ultimo rimane dunque tuttora un’incognita. Per questo diversi partiti e diversi leader sono restii a rischiare la chiamata alle urne: ma forse non potranno farne a meno.