Il 27 gennaio scorso, il Presidente dello Zambia Edgar Lungu ha commutato in ergastolo le condanne di 246 detenuti nel braccio della morte: 225 uomini e 21 donne. La conversione delle pene è stata una festa di grazia e giustizia, una festa della giustizia quando è temperata dalla grazia. La cerimonia è avvenuta nella prigione di massima sicurezza di Mukobeko, nella città di Kabwe, ed è stata trasmessa in diretta su Facebook. La commutazione di massa ha aiutato a decongestionare il braccio della morte, la sezione della prigione destinata a 50 persone ma arrivata a contenerne oltre 400. La clemenza – hanno detto le autorità – ha anche lo scopo di proteggere i detenuti dal contagio di COVID-19.

Dal 1964, quando lo Zambia è diventato indipendente, sono state impiccate 53 persone. L’ultima esecuzione è avvenuta nel gennaio 1997, quando l’ex Presidente Frederick Chiluba mandò alla forca otto detenuti nello stesso giorno. Da allora lo Zambia non ha giustiziato nessuno, grazie a una moratoria presidenziale inaugurata da Levy Mwanawasa e confermata dai suoi successori Rupiah Banda, Michael Sata ed Edgar Lungu, che si sono sempre rifiutati di firmare i decreti di esecuzione, commutando centinaia di condanne a morte.

«Le persone non possono essere mandate al macello come fossero polli. Non firmerò alcun ordine di esecuzione. Non voglio essere il capo dei boia», aveva detto il Presidente Mwanawasa, un avvocato cristiano battista di forti sentimenti abolizionisti. Per questo suo modo di pensare, di sentire e di agire, gli abbiamo conferito nel 2004 il Premio “L’abolizionista dell’Anno”. Glielo abbiamo consegnato a Lusaka, nel corso di una missione del Senato italiano e di Nessuno tocchi Caino in Zambia, dove siamo ritornati più volte negli anni successivi per sostenere la linea del Governo a favore della moratoria delle esecuzioni in vista dell’abolizione della pena di morte.

Abbiamo visitato anche la prigione di Mukobeko, il carcere di massima sicurezza, un luogo di massima concentrazione di carne umana e di disperazione. Anche allora, nel braccio della morte, erano ammassate centinaia di condannati, anche sei per una cella destinata in origine a ospitare una sola persona. I detenuti facevano i turni per dormire su due materassi per terra che uniti componevano una specie di letto matrimoniale. Il bagno per la notte era un bugliolo da svuotare alle sette di mattina, alla riapertura delle celle. Il rancio passava una volta al giorno ed era a base di fagioli, riso, polenta o pesce fritto. In queste condizioni, tubercolosi, scabbia e Aids sono malattie che non perdonano. Nel gennaio del 2015, Edgar Lungu ha prestato giuramento come nuovo Presidente dello Zambia. Anche lui ha fatto visita al braccio della morte di Mukobeko quando ospitava centinaia di persone. «È un affronto alla dignità umana, a parte i problemi sanitari e igienici che il sovraffollamento ha creato.»

Edgar Longu è andato oltre l’opera di misericordia corporale “visitare i carcerati”. Li ha anche liberati, muovendosi nel solco di una generazione di presidenti misericordiosi che, nonostante la pena di morte sia prevista dalle leggi del Paese, si sono sempre rifiutati di praticarla. Il 25 maggio 2015, una giornata altamente simbolica, il Presidente ha graziato e liberato 177 prigionieri. Ha anche commutato in ergastolo le pene di 54 detenuti condannati a morte, mentre 41 condannati a vita hanno avuto la loro pena ridotta a 25 anni. È stata la prima volta nella storia dello Zambia in cui alcuni detenuti di Mukobeko sono stati graziati in occasione del Giorno della Liberazione Africana. Il 16 luglio dello stesso anno, è andato oltre. Ha svuotato del tutto il braccio della morte, riducendo in ergastolo le condanne a morte di 332 detenuti. Nel maggio del 2018, il Presidente Lungu ha continuato l’opera di sgombero delle prigioni. Alla vigilia dell’Africa Freedom Day, ha graziato 413 detenuti e commutato le condanne di altre 51 persone che erano nel braccio della morte.

Con la commutazione delle pene di questi giorni Edgar Longu ha dato un ulteriore contributo per risolvere il problema cronico del sovraffollamento che affligge il braccio della morte di Mukobeko e tutte le prigioni del Paese, la maggior parte delle quali costruite prima dell’indipendenza dai coloni inglesi che avevano portato nel Paese anche usi e costumi dell’impero britannico. Non solo la guida a sinistra sulle strade, ma anche le punizioni corporali e la forca per le impiccagioni.

Da quando è diventato presidente, fatti i conti, Edgar Lungu ha graziato oltre 730 condannati a morte. Ha perdonato i detenuti per decongestionare le strutture di correzione del Paese. Ha graziato i detenuti perché hanno dimostrato di essere cambiati durante il loro periodo di detenzione e di essere pronti a tornare nella società. Ha invitato la società ad abbracciare i detenuti e a non discriminarli in modo tale da poterli integrare pienamente contribuendo così allo sviluppo del Paese.

È la parabola felice di Caino che da radice del male diventa costruttore di città. Una lezione per il nostro Paese che continua, invece, ad affollare le prigioni, a rifiutare e differenziare i detenuti, a marchiarli a fuoco sulla pelle con la scritta indelebile: tu non cambierai mai.