Il “fantomatico complotto delle toghe” (cit Magi + Europa) evocato dal ministro Crosetto tiene banco nella giornata di ripresa dei lavori parlamentari impegnati alla Camera sull’ennesima stanca fiducia su ennesimo decreto sicurezza-immigrazione, al Senato sul doppio fronte manovra e riforme costituzionali. Il governo si è riunito nel pomeriggio per un consiglio dei ministri che deve decidere sulle bollette ma solo per i vulnerabili e mette sul tavolo (solo esame preliminare) due decreti sulla giustizia che riguardano, tra le altre cose, i test psicoattitudinali per i magistrati e le pagelle del Csm ogni quattro anni di servizio. Fuori c’è anche uno sciopero generale per dare voce a stipendi sempre più poveri e famiglie con sempre meno potere d’acquisto.

Immigrazione, sicurezza, economia, povertà, tutti temi delicatissimi per il governo e per il paese rispetto ai quali però “buca” assai di più il “fantomatico complotto delle toghe” suggerito da Crosetto a cui il governo mette benzina mettendo in approvazione misure che certo non sono distensive nel complesso rapporto tra politica e magistratura.
Il ministro della Difesa ha sganciato la bomba domenica mattina con una lunga intervista sul Corriere della Sera in cui ha ipotizzato l’intervento a breve di una “opposizione giudiziaria”, inchieste ad orologeria che potrebbero riguardare la maggioranza politica e che potrebbero, guarda caso, concretizzarsi nei prossimi mesi che saranno dominati da campagne elettorali per le amministrative e per le Europee. L’esecutivo, ha detto Crosetto, “può essere messo a rischio da una fazione antagonista che ha sempre affossato i governi di centrodestra”. Suggestioni che il ministro, uno dei più quotati di Fratelli d’Italia, confida aver condiviso con fonti “serie ed autorevoli” e per cui è disponibile a riferire in Parlamento “nelle sedi opportune” che sono il Copasir (dove le audizioni sono segrete) o in Antimafia dove invece sono pubbliche (ma si può chiedere la segretazione e dove la presidente è Chiara Colosimo, un’altra fedelissima di Giorgia Meloni).

L’intervista ha riaperto lo scontro tra politica e magistratura che sta, appunto, monopolizzando il dibattito. Le opposizioni tutte chiedono che il ministro della Difesa venga a riferire al più presto in aula. Il primo è stato il capogruppo del Pd in Commissione Giustizia della Camera Federico Gianassi. A lui si sono associati i parlamentari M5s, Avs e Azione e Italia Viva. Roberto Giachetti ha detto che “magari dovrebbe venire accompagnato anche dal ministro della Giustizia”. Il ministro cerca di correggere il tiro, minimizza (“racconto una cosa riferitami, una preoccupazione e non un attacco”), cerca il confronto con l’Anm “per chiarire le mie parole”. Matteo Renzi, leader di IV, guarda oltre, “la vera domanda è capire perché Giorgia Meloni ha bloccato la riforma che prevede la separazione delle carriere”. Quella tanto cara a Forza Italia e che il ministro Nordio, clamorosamente silente in tutto questo, ha deciso di rinviare perché “la precedenza deve essere data alla madre di tutte le riforme, il premierato”. Le riforme sono fonte di grandi tensioni nella coalizione di maggioranza poiché Lega e FdI stanno alzando la propria bandiera (Autonomia e premierato) mentre gli azzurri restano a mani vuote.

Un vero e proprio conflitto istituzionale, insomma, tra politica e magistratura. Resta la domanda se Crosetto abbia agito, mettendo le mani avanti, in difesa di Meloni o di se stesso. Fitti capannelli in Transatlantico ma nessuno con una vera risposta. Il dato certo è che ancora una volta i temi della vita reale restano fuori da governo e Parlamento. L’esame degli emendamenti della legge di bilancio, contro la quale ieri c’è stato il secondo giorno di sciopero di Cgil e Uil, procede senza un vero dibattito. Senza una vera speranza di poter incidere in qualche modo. Eppure i dati Istat e Ocse parlano chiaro: nel 2022 sono in condizione di povertà assoluta 2,18 milioni di famiglie (8,3% del totale contro il 7,7% nel 2021) e oltre 5,6 milioni di individui (9,7% in crescita dal 9,1% dell’anno precedente). L’inflazione colpisce e il governo non tutela. Non ne parla proprio.

Gli stipendi sono, nella media, tra i più bassi d’Europa. Per questo ci sono gli scioperi. Al silenzio rispetto a tutto questo il governo ha cercato di rispondere raccontando i successi e le conquiste del Pnrr italiano. “Abbiamo avuto 23 miliardi in più, altro che ritardi” ha spiegato il ministro Fitto. Giorgia Meloni il giorno dopo ha spiegato che in realtà “i miliardi in più sono 12”. Ma non è corretto neppure così. Il tempo di studiare le carte ed è arrivato il verdetto di un tecnico come l’economista Carlo Cottarelli. “Chiarisco – ha spiegato in un post – che di aggiuntivo al vecchio Pnrr ci sono 3 miliardi (non 21 e neppure 12) che non compensano neppure l’aumento dei prezzi dall’inizio del Pnrr. Il resto sono riallocazioni, anche giuste ma riallocazioni per di più limitate (circa il 9% del totale). È stato quindi possibile apportare solo cambiamenti modesti al Piano”. Cioè, in cerca di numeri positivi il governo ha cercato di fare una sorta di televendita sul Pnrr raccontandolo più bello e più ricco dopo la cura Fitto. È semplicemente uguale. Hanno sommato il Repower Ue (un altro fondo europeo per la transizione green). Con centomila posti in meno negli asili. E sei miliardi in meno per i comuni.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.