Nonostante la condanna definitiva nei confronti dei carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, accusati di aver ucciso Stefano Cucchi, c’è chi ancora oggi prova a scaricare le responsabilità di quanto accaduto oltre 12 anni al giovane geometra romano, nella notte tra il 15 e 16 ottobre 2009, quando il pestaggio subito dai militari lo portò al decesso una settimana dopo all’ospedale Sandro Pertini della capitale.

L’ultimo a farlo è Antonio Galizia, 68enne ex maresciallo, per anni a capo della stazione dei Carabinieri di Giovinazzo, in provincia di Bari, ora con un presente da politico.

Su Facebook Galizia si lascia andare a parole incredibili, proprio alla luce delle recenti sentenze. “Sfruttare la morte la morte per fare soldi e avere notorietà è come averlo ucciso una seconda volta. Cucchi andava aiutato e non ucciso da Istituzione e famiglia”, scrive sui social Galizia, accusando di fatto la famiglia di averlo abbandonato. 

E infatti l’ex carabiniere ci mette il carica da novanta e accusa: “Fermo restando che nessuno ha il diritto di togliere la vita a nessuno e chi uccide deve essere condannato, allo stesso modo deve essere condannata la famiglia di Cucchi che avevano abbandonato il figlio e fratello a vivere da sbandato”. “Forse – aggiunge ancora Galizia – condannare la famiglia e la sorella per aver abbandonato un figlio e un fratello sarebbe stata vera Giustizia”.

Parole che rievocano quelle dell’ex ministro Carlo Giovanardi, che sosteneva all’epoca che Stefano Cucchi fosse morto perché abbandonato dai familiari e perché “anoressico e drogato”. Giovanardi che, dopo le condanne di D’ALessandro e Di Bernardo, ha chiarito di non aver cambiato e di non dovere alcuna scusa alla famiglia Cucchi: “Quello che ho sempre detto è esattamente quello che la Cassazione penale nel processo contro i medici ha certificato con sentenza passato in giudicato, secondo cui Cucchi è morto a causa dei medici che non l’hanno curato”, ha spiegato l’ex ministro a Repubblica.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia