La settimana delle grandi vittorie olimpiche italiane nell’atletica – che ci ha messo di fronte all’evidenza e alla necessità di garantire lo ius soli a chi nasce o cresce nel nostro Paese, ne frequenta le scuole avendo l’italiano come lingua madre e spesso non ha nemmeno mai visto il Paese d’origine dei propri genitori – è stata anche quella delle prime amichevoli internazionali del Napoli di Luciano Spalletti, tornato vittorioso dalla doppia trasferta europea.

Pur senza diversi titolari, il nuovo allenatore ha fatto vedere contro Bayern Monaco e Wisla Cracovia di aver già chiaro il progetto tattico intorno al quale costruire la squadra che sembra più quadrata difensivamente e più essenziale nel gioco di attacco rispetto al passato. Dopo Germania e Polonia il “generale agosto” del Napoli non proseguirà con la campagna di Russia, ma con il ben più confortevole ritiro a Castel di Sangro.

L’Abruzzo non sarà affascinante come la Prospettiva Nevskij dei tempi napoleonici, ma per l’allenatore del Napoli, che di San Pietroburgo se ne intende, rappresenta comunque la prima occasione per tenere a rapporto tutto il gruppo, compresi Lorenzo Insigne e tutti i calciatori potenzialmente sul mercato, e per provare a sancire un patto di mutua alleanza con l’obiettivo di centrare la Champions; si sa che «è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire», ma Spalletti conosce il calcio e sa che certe cose è meglio dirsele subito, lontano da occhi indiscreti, piuttosto che trascinarsi dubbi ed equivoci fino a metà stagione. Soprattutto se intorno al Napoli continuano ad aleggiare la lunga ombra di Napoli-Verona, esibizione indecente che i tifosi contestano ancora, e quella lunghissima delle multe per l’ammutinamento del 5 novembre 2019.

Era il crepuscolo di Carlo Ancelotti, una serata disgraziata e indecorosa in cui tutti – calciatori, allenatore e società – diedero il peggio di sé avviando una fase di destabilizzazione durata fino a oggi. Con la notifica degli atti giudiziari ad Allan ed Elseid Hysaj a distanza di quasi due anni, Aurelio De Laurentiis non sembra in realtà cercare una vendetta economica, quanto piuttosto un’affermazione di principio: come Ferdinando Quagliuolo, nella memorabile scena della quaterna in Non ti pago!, così il presidente del Napoli pretende l’ultima parola, in nome di un’autorità sancita da contratti lunghi centinaia di pagine e stracolmi di cavilli.

Il timore è che la telenovela tracimi i binari della tragica lite per sfociare nel ridicolo e nella farsa, come accaduto spesso al “sindaco a distanza” Luigi de Magistris: dalle “multe pazze” inflitte a ignari cittadini dal segnale fantasma di via Mezzocannone alla Galleria Vittoria, il cui commissariamento da parte di Anas e Rfi è stato grottescamente festeggiato dalla dimissionaria Alessandra Clemente come un grande risultato dell’amministrazione arancione; dalla funicolare centrale, che si darà il cambio con quella di Chiaia per chiusure “a tempo indeterminato”, all’inaugurazione della fermata Duomo di una metropolitana che, però, funziona solo di pomeriggio. Meno male che il 3 ottobre si vota, debiti e Covid permettendo.