«Sono 25 anni che i napoletani attendono un piano traffico. A breve dovrebbe arrivare, insieme con l’apertura della nuova fermata della metro in piazza Nicola Amore. Ma per raggiungere i livelli di Tokyo indicati dal sindaco servono più mezzi e una bigliettazione più moderna». Ne è convinto Armando Cartenì, professore di Pianificazione dei trasporti presso l’università della Campania.

Professore, Napoli oggi che città è?
«Una città provata dalla pandemia non solo in termini sanitari. Giovani e donne le categorie che più hanno risentito della crisi in termini occupazionali, il che è inaccettabile. Si tratta di categorie indispensabili e da valorizzare per il futuro del nostro Paese».

Quali sono i problemi principali?
«Il traffico e il trasporto collettivo sicuramente, posto che le infrastrutture e i servizi di trasporto non sono il fine ma il mezzo con cui raggiungere luoghi diversi dove svolgere attività. E sono proprio queste, le attività, a essere maggiormente in crisi: ristorazione e commercio sono in ginocchio, il turismo è pressoché inesistente, per non parlare di cultura e tempo libero».

Quali errori sono stati commessi negli ultimi anni?
«È indubbio che errori sono stati commessi, ma solo chi non fa non sbaglia. Sicuramente il Piano traffico poteva essere messo ai primi posti dell’agenda politica. Non hanno aiutato le dimissioni dell’ex assessore Mario Calabrese che aveva avviato diverse lodevoli iniziative che poi hanno subito inevitabili ritardi».

Possibile che la terza città d’Italia non abbia un piano per il traffico?
«Siamo in ritardo, ma Palazzo San Giacomo ha affidato la redazione del Piano urbano della mobilità sostenibile a un’autorevole società che sta ultimando le analisi. Mi auguro che l’amministrazione lo approvi rapidamente così da lasciare una preziosa eredità alla prossima giunta. Ho visto una bozza e mi sembra un piano audace ma, nel contempo, equilibrato e risolutivo di molti dei problemi, dal traffico, ai servizi di trasporto collettivo, passando per l’uso integrato della micromobilità e della mobilità ciclabile. Dopo 25 anni, potremmo avere finalmente il Piano traffico».

Come dovrebbe essere articolato questo piano?
«Dovrebbe fissare delle performance condivise per poi individuare il percorso, ovvero le infrastrutture, i servizi e le risorse finanziarie, per raggiungere gli obiettivi, secondo un’accezione moderna di sostenibilità che pone al centro della pianificazione non più l’utente del trasporto ma il cittadino».

Napoli ha un numero spropositato di auto in strada: cosa suggerisce per ridurle?
«La pandemia ha acuito questo problema. Oggi i cittadini hanno paura di usare i mezzi pubblici a causa del non sempre garantito distanziamento sociale, con il risultato che i più abbienti, restii a usufruire di questi servizi, preferiscono l’auto privata alimentando così il traffico e lasciando alle fasce sociali più svantaggiate l’obbligo, per mancanza di alternative, di utilizzare il trasporto pubblico. Per rimediare si potrebbe puntare su sistemi di monitoraggio dell’affollamento, regolazione automatica degli accessi e prenotazione del posto a bordo che, unitamente a sanificazioni periodiche, potrebbero rilanciare il trasporto collettivo».

Tra qualche mese si inaugurerà la nuova fermata della metro di via Duomo: basterà per trasformare Napoli in una capitale dell’efficienza dei trasporti, seconda solo a Tokyo, come sostenuto da de Magistris?
«Sarà sicuramente una straordinaria occasione per stimolare il rinnovamento del trasporto collettivo e contrastare il fenomeno al quale accennavo. Il metrò dell’arte è sicuramente un motivo di vanto internazionale per Napoli, ma per paragonarci a Tokyo dobbiamo anche garantire più treni e una bigliettazione più moderna e tecnologica».
Condivide l’idea, sostenuta dal governatore Vincenzo De Luca, di creare un’azienda unica per i trasporti?
«In linea di principio sono molto favorevole: sarebbe una soluzione per valorizzare efficacia ed efficienza dei servizi, a patto però che sia garantita la qualità e il benessere aziendale. Bisognerebbe prevedere un bando per selezionare l’operatore unico con grandi penali in caso di scarsa qualità dei servizi di trasporto erogati».

Quali caratteristiche dovrà avere il prossimo sindaco?
«Immagino un sindaco che metta al centro della sua agenda politica le sfide principali per la città: sviluppo sostenibile, economia, sanità, scuola, cultura e welfare. E non dimentico i trasporti, parte integrante di tutte le precedenti sfide e ne potrebbero condizionare il successo. Mi piacerebbe, inoltre, che gli assessorati direttamente coinvolti negli investimenti previsti per i prossimi anni, a cominciare da quelli che troveranno spazio nel Recovery Plan, siano assegnati per alta competenza, così da garantire qualità dei progetti e rispetto delle scadenze. Mi piacerebbe un sindaco che tratti i suoi cittadini come “clienti” e non come elettori, lavorando per aumentare la loro soddisfazione».

Come vede Napoli tra dieci anni?
«Prendo a prestito una frase di Paolo Borsellino: “Un giorno questa terra sarà bellissima”. Da irrinunciabile ottimista vedo Napoli capitale verde del Mezzogiorno grazie a politiche e investimenti volti all’efficientamento energetico, alla gestione dei rifiuti, al rinnovo veicolare, allo sviluppo delle tecnologie, ma prima di tutto alla promozione della cultura dello sviluppo sostenibile. Parlo di “cultura” perché ritengo che il napoletano e la sua sensibilizzazione siano indispensabili per il successo di questo rinnovamento».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.