Proprio in questi giorni ha compiuto un anno la pandemia da Covid-19 che ha segnato e poi cambiato le nostre vite, le modalità con cui si manifesta la socialità, oltre a stravolgere, purtroppo in maniera permanente, le sicurezze dei lavoratori, degli “invisibili”, dei giovani, delle donne, degli anziani e delle loro famiglie. E così come scorre veloce il tempo che distrugge le speranze e la dignità delle persone, così celermente scorre il tempo del disimpegno della politica più propensa a galleggiare che a offrire soluzioni. La Campania, insieme con l’intero Mezzogiorno, è stretta in una morsa e ben presto esploderà perché non può più sopportare il peso di una crisi che avanza ogni giorno che passa e dell’inettitudine dei suoi politici, più propensi ai giochi di poltrone che a creare occupazione e nuove opportunità di sviluppo.

Preferendo il Piemonte alla Campania per un investimento che dovrebbe creare 19mila posti di lavoro, Italvolt ha dimostrato che il Sud attira gli investitori esteri, ma è incapace di avere una visione nel programmare e rendere attrattivo il territorio per gli investitori sia esteri che internazionali. Ora è la volta della società Verkor e un domani – si spera – di altri gruppi imprenditoriali che vorranno investire in Campania. Serve quindi un unico centro decisionale dove le aziende, oltre a ricevere le agevolazioni fiscali, possano anche essere assistite e ricevere le autorizzazioni necessarie a snellire le procedure ed attivare tutti i soggetti (Asi, Comuni, Province) affinché anche le infrastrutture a servizio dell’investimento siano utili ed efficaci.

Ma occorre anche aprire una stagione di confronto seria e permanente con la Regione. L’economia campana è in overdose da lavoro precario, il tasso di povertà aumenta sino al 46%, i bacini di crisi industriali risentono della costante desertificazione, i tanti lavoratori senza coperture reddituali aumentano e aumenteranno ancora di più con la sospensione della copertura della cassa Covid e con lo sblocco dei licenziamenti, le imprese attendono di poter investire nelle loro produzioni per la necessaria riconversione energetica, tecnologica e ambientale. Nel frattempo continuiamo ad aspettare, come sindacato, un incontro che tarda a venire. Gli ultimi tavoli tecnici ci avevano fatto ben sperare che una nuova stagione di dialogo fosse iniziata, ma anche questa speranza si è infranta nel totale silenzio e nella sospensione brusca degli incontri. Questo non è il tempo delle giuste parole e dei fin troppo scontati buoni propositi manifestati negli incontri politici, bensì è il tempo del fare.

Siamo quasi alla scadenza della presentazione del piano nazionale per l’utilizzo delle risorse del Recovery Fund e in Campania ancora tutto tace. Per il Sud serve una visione di lungo periodo e politiche nazionali strutturali che abbiano consapevolezza delle criticità. La capacità produttiva dell’intera Italia va contemplata partendo dalle debolezze del Sud e anche dalle eccellenze: puntare sulla bioeconomia potrebbe rivelarsi utile. Non è condivisibile l’immagine di un Sud arretrato o in balia delle mafie che purtroppo sono presenti ovunque, ma è auspicabile un unico motore trainante dove le Regioni hanno responsabilità politiche importanti. Riteniamo necessario sapere, per condividere insieme a tutti i settori produttivi, se e come si vuole investire nelle energie rinnovabili atteso che dal 2016 non si rilasciano più concessioni, dopo che la legge 6 del 2016 ha posto forti restrizioni sul tema in questione che non può essere più tralasciato o sottovalutato.

Con un piano ad hoc si può investire in efficienza energetica e far crescere l’occupazione, ovviamente tenendo conto dell’impatto ambientale. Investire in digitalizzazione e potenziare le linee delle connessioni digitali, promuovere un piano formativo anche condividendo con la bilateralità misure efficaci, riformare le politiche attive in appoggio delle attuali misure obsolete e inefficaci, un piano per il turismo e per il commercio che sono il motore del pil campano, sbloccare l’edilizia, ritornare a parlare di ciclo dei rifiuti e funzionamento degli Ato, monitorare le aziende in difficoltà e incrociare l’utilizzo delle risorse economiche con le ricadute occupazionali.

Queste sono le priorità. Per la legge degli alibi potremo individuare tanti responsabili, per la legge della responsabilità dobbiamo decidere se il potere è concepito con una visione arbitraria o, diversamente, l’arbitrio è solo la possibilità di scegliere quale senso dare al ruolo che ognuno di noi riveste, distinto ma unito da un innegabile destino: occuparci dei cittadini e dei lavoratori campani.