Si è molto discusso, in questi primi giorni di avvio del percorso di governo di Mario Draghi, di quanto forte sia l’attenzione verso le problematiche del Mezzogiorno. È stato osservato che, da governatore della Banca d’Italia, fu artefice di un importante convegno sul tema, incardinato sulla necessità di recuperare l’anomalia del profondo divario territoriale di un Paese fondatore dell’Unione europea, seconda potenza industriale dopo la Germania, una delle economie più avanzate nel mondo occidentale.
«Da lungo tempo – affermava Draghi già nel 2009 – I risultati economici del Mezzogiorno d’Italia sono deludenti. Il divario di pil pro capite rispetto al Centro-Nord è rimasto sostanzialmente immutato per trent’anni: nel 2008 era pari a circa quaranta punti percentuali. Il Sud, in cui vive un terzo degli italiani, produce un quarto del prodotto interno lordo; rimane il territorio arretrato più esteso e più popoloso dell’area dell’euro». Sono quindi convinta che il bisogno imprescindibile di realizzare un livello omogeneo di infrastrutture e servizi tale da fare del nostro Sud un ponte europeo verso i mercati del futuro, vale a dire le più promettenti aree di sviluppo dei traffici tra Africa e Medio Oriente, sia un importante obiettivo del nuovo governo.
E la scelta di istituire un dicastero all’innovazione digitale e un altro dedicato alla transizione ecologica – entrambi affidati a eminenti personalità del management di qualità e della ricerca scientifica – è un segnale inequivocabile che l’intenzione di Draghi è portare il Paese a dotarsi di infrastrutture capaci di corroborare l’impulso di una ripresa non dissimile dalla sfida che l’Italia raccolse all’indomani della seconda guerra mondiale. A tale proposito va rimarcato con forza un concetto fondamentale. L’aver accorpato sotto il dicastero affidato a Roberto Cingolani i temi dell’ambiente e dell’energia consente di ragionare in una logica spinta di economia circolare. Non solo. L’innovazione digitale è la componente che porta più avanti la trasformazione 4.0, già molto presente oggi nell’industria manifatturiera anche meridionale.

La convergenza delle due direttrici conduce a porre in risalto il tema prioritario della transizione energetica, vale a dire della crescita sostenibile, compatibile con l’esigenza di ridurre le emissioni che alterano il clima. Bisogna essere consapevoli che le stime più attendibili segnalano un aumento significativo della domanda energetica globale del 30% al 2040, ovviamente con velocità differenti nelle diverse regioni del mondo. È quindi da una crescita della quota relativa al gas naturale e, soprattutto, delle produzioni da fonti rinnovabili che sono attese le performance incrementali più forti. Il modello dell’economia sostenibile poggia infatti su tre fattori: incremento globale delle produzioni da fonti rinnovabili; incremento dell’efficienza delle reti elettriche mediante la transizione dalle reti tradizionali alle reti intelligenti (smart grid); introduzione di un modello di sistema elettrico a dimensione sovranazionale. Un orizzonte in cui il ruolo del Mezzogiorno d’Italia è imprescindibile.

Il nostro Sud è terra elettiva, in ambito europeo, di produzioni green, anzitutto da fonte solare. Il suo territorio è un hub naturale di interscambio di energia elettrica della supergrid euromediterranea, vale a dire dell’infrastruttura transcontinentale che permetterà di sostenere la domanda europea di consumi energetici con l’apporto di produzioni non inquinanti. Siamo consapevoli che le misure da adottare per limitare il fenomeno del riscaldamento globale rispetto all’era preindustriale  dovranno essere drastiche.

E che in questa prospettiva l’industria elettrica è chiamata a una doppia sfida: aumentare enormemente le produzioni per far fronte alla crescita della domanda e, nel contempo, rivoluzionare il mix generativo che non può più vedere egemone la componente idrocarburi. Saranno indispensabili massicci investimenti per generare e trasportare l’elettricità in maniera efficiente. E puntare sullo sviluppo di innovazioni tecnologiche in grado di supportare un’industria degli accumuli di energia elettrica sostenibile. Perché, in definitiva, la transizione ecologica non può fare a meno dei grandi cambiamenti a cui si assiste, e sempre più si assisterà, nel mondo dell’energia.