Finora hanno taciuto e hanno lasciato fare. “Non sappiano nulla su liste e candidati, lavora la segretaria…”. La segretaria è Elly Schlein ma a quanto pare non sta lavorando bene. Almeno, a loro – che sono la delegazione degli eurodeputati Pd uscenti – non piace. Sono quindici, dal capogruppo Benifei al dottor Bartolo, dalla vicepresidente Pina Picierno alla presidente della Commissione economica Irene Tinagli, dall’ex sindaco Variati, campione di preferenze, alla politologa Elisabetta Gualmini.

E poi Patrizia Toia, Giuliano Pisapia, l’ex procuratore antimafia Franco Roberti e Alessandra Moretti. A giugno, se le cose vanno come devono, ne dovrebbero entrare altrettanti e forse scattare anche un paio in più. Il punto è che la segretaria vuole un “profondo ricambio”. E agli uscenti non piacciono i criteri adottati per selezionare i nomi nuovi. Nel partito è iniziata la più classica delle guerre tra correnti, proprio quelle che la segretaria era convinta di aver sotterrato per sempre. I 15 eurodeputati ieri hanno pensato di battere un colpo.

Si sono riuniti a Strasburgo (qualcuno era collegato), senza la segretaria, e hanno “affrontato il tema del programma, degli obiettivi raggiunti e ciò su cui vogliamo impegnarci per il futuro”. Soprattutto, si spiega, “abbiamo posto il tema della valorizzazione degli uscenti nella posizione della lista per il lavoro svolto, per le battaglie portate avanti e per dare continuità” al lavoro impostato in Europa. Non farlo “suonerebbe come una bocciatura”. Tradotto e semplificato, non pensate di farci fuori perché non ve lo permetteremo. Non è una dichiarazione di guerra ma un avvertimento in piena regola.

Che prende le mosse dal fatto che, pur senza ufficialità, stanno girando nomi e candidature di esterni e “civici” che, se fossero confermati, nei fatti cancellerebbero due terzi dell’attuale squadra di eurodeputati. Il tutto, per altro, come dice uno di loro “senza aver neppure chiarito se la segretaria sarà candidata oppure no. Anche questa incertezza non è un bel segnale”. Così come non è un bel segnale aspettare e vedere cosa fa la premier. “Schlein decida cosa fare e il resto, anche, viene di conseguenza”.

Giovedì il presidente del partito Stefano Bonaccini, che guida la corrente dei riformisti del partito, quella che guarda alla primaria missione del Pd, essere un partito a vocazione maggioritaria e di governo, ha incontrato la segretaria e insieme hanno voluto firmare un comunicato che parla di “sintesi” e “soluzioni”. La Pasqua porterà consiglio, si spera. Anche perché le liste vanno chiuse entro fine aprile e, nei limiti del possibile, sarebbe utile consentire ai candidati qualche vantaggio sulla campagna elettorale che sarà durissima.

Il messaggio in bottiglia arrivato, inatteso, da Strasburgo al Nazareno è molto chiaro ed esplicito: Schlein deve valorizzare gli uscenti, il mix con le candidature della società civile – giornalisti pluridecorati come Lucia Annunziata e Marco Tarquinio o anche punti di riferimento internazionali nel mondo del volontariato come Cecilia Strada – può andare bene ma con giudizio e, soprattutto, se in linea con il programma del partito. E francamente, come hanno fatto più volte notare in queste ore deputati come Lia Quartapelle ed ex ministri come Lorenzo Guerini, cosa hanno in comune la linea di Tarquinio o di Cecilia Strada con la posizione del Pd sull’Ucraina? E anche su Israele? E sull’immigrazione? Il capodelegazione a Bruxelles Brando Benifei riferirà nei prossimi giorni al responsabile Organizzazione dem Igor Taruffi quanto venuto fuori dalla riunione.

Sarebbe emersa anche la contrarietà alla formula del “panino”: una candidatura civica femminile alla guida delle liste, un uomo al secondo posto e la segretaria al terzo. “Questo schema penalizzerebbe sia le candidature civiche che le donne uscenti ma anche la stessa Schlein che non farebbe il pieno di voti”. Molto più utile – e sicuro per qualcuno – un “mix tra candidature civiche e dirigenti di partito sia nuovi che uscenti”. Se qualcuno dei quindici uscenti fosse candidato in posizione “troppo sfavorevole”, valuterebbe l’ipotesi di una rinuncia in chiave molto polemica.

Il problema Schlein lo ha un po’ in tutte e cinque le circoscrizioni. Nel nord est ci sono alcuni nomi che dovrebbero essere bloccati, cioè sicuri, come Bonaccini (il suo mandato come governatore dell’Emilia Romagna scade a gennaio). Puntano alla conferma anche Elisabetta Gualmini, Irene Tinagli e Alessandra Moretti. Il caos è soprattutto nella circoscrizione centro dove si registra un vero e proprio affollamento. C’è il sindaco uscente di Firenze Dario Nardella (candidato di Franceschini), ieri al centro di una polemica perché l’università Luiss ha cancellato un evento previsto il 4 aprile giudicandolo “campagna elettorale”. Ma c’è anche un altro sindaco molto popolare come Matteo Ricci, primo cittadino di Pesaro che punta all’Europa. E però Schlein deve piazzare anche Nicola Zingaretti (che però non è più nelle grazie di Bettini), l’amica Bonafoni e qualche uscente come Brando Benifei. Affollata anche la situazione al sud. Meno nelle isole.  Urge parlare chiaro e fare scelte altrettanto chiare. Il tempo è quasi scaduto.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.