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Dazi USA, Trump grazia Messico e Canada ma la prossima vittima sarà l’Europa
Gli Stati Uniti stanno ridefinendo il commercio internazionale con una strategia più aggressiva e orientata alla sicurezza nazionale. Il Nord America è solo il primo tassello di una trasformazione più ampia

La guerra commerciale tra Stati Uniti, Canada e Messico è terminata prima ancora di iniziare. L’amministrazione Trump ha deciso di congelare per 30 giorni i dazi al 25%, dopo che entrambi i paesi hanno accettato di collaborare pienamente nella lotta al fentanyl e di inviare 10mila agenti di polizia o soldati al confine. Nei prossimi 30 giorni, figure chiave dell’amministrazione americana – il segretario al Tesoro Bessent, il segretario di Stato Rubio e il segretario al Commercio Lutnick – discuteranno con il Messico delle questioni commerciali e del controllo del confine. Il quadro rimane poco chiaro, ma tutto lascia intendere che si stia delineando una nuova Dottrina Monroe su scala pan-nordamericana, con un asse commerciale più forte tra Usa, Canada e Messico.
La prossima vittima sarà l’Europa
Mentre la crisi con il Nord America sembra temporaneamente risolta, gli occhi ora si spostano sull’Europa. La Ue non ha un problema con il fentanyl né un confine diretto con gli Stati Uniti, ma sarà probabilmente la prossima vittima dei dazi di Trump. Il ruolo dell’Italia potrebbe essere fondamentale per negoziare un accordo di ampio respiro, anche perché la situazione nel Vecchio continente è instabile. Il premier francese Bayrou ha imposto il bilancio 2025 con un voto di fiducia, ma il rischio di una crisi di governo è elevato. La Germania si avvicina alle elezioni federali con poche prospettive di stabilità politica. Il Regno Unito sta aumentando le tasse locali e cerca di mantenere equilibri tra Usa e Ue, ma rischia di restare isolato. L’incertezza economica e politica spingerà le banche centrali a rivedere le proprie strategie. Il governatore della Fed, Raphael Bostic, ha suggerito che le prospettive per il 2025 sono troppo incerte per prevedere un taglio dei tassi, riflettendo l’instabilità globale.
Il primo colpo sulla Cina
Intanto The Donald ha dichiarato che il dazio del 10% sulla Cina è solo un “primo colpo” e che aumenterà se non accetterà un nuovo accordo. Nelle prossime 24 ore si terrà un colloquio tra le due superpotenze, ma resta da vedere se sarà concessa un’ulteriore tregua. Nel frattempo, però, Pechino ha annunciato una prima ritorsione contro il GNL Usa. Una manovra molto subdola, perché ricade sulla testa dell’Europa. Questo significa che acquisterà più GNL russo, entrando in diretta competizione con i buyer europei, che rimangono forti importatori di gas liquefatto russo. Di fatto sta creando condizioni per un’escalation della crisi energetica. Non solo: il governo cinese ha annunciato anche nuove restrizioni sulle esportazioni di tungsteno, tellurio, bismuto, molibdeno e articoli correlati all’indio, proseguendo lungo il sentiero della militarizzazione delle materie prime (inaugurato ormai due anni) che vede l’Europa totalmente impreparata a farvi fronte.
Le trasformazioni
Un occhio va dato anche ai Brics: Trump ha minacciato più volte di imporre dazi del 100% sui paesi che intendono allontanarsi dal dollaro. E la politica commerciale americana sta subendo trasformazioni radicali: lo USAID è stata inglobato nel Dipartimento di Stato, un segnale del fatto che la diplomazia economica avrà un ruolo sempre più strategico; Washington caldeggia la chiusura del dipartimento dell’Istruzione, istituito solo nel 1979, in un’ottica di riduzione dell’apparato federale; la creazione di un fondo sovrano nazionale. Il repubblicano ha anche proposto che l’Ucraina conceda agli Usa diritti esclusivi sulle sue riserve minerarie in cambio di aiuti militari, un’operazione che potrebbe ridefinire gli equilibri nel conflitto con la Russia. Gli Stati Uniti stanno ridefinendo il commercio internazionale con una strategia più aggressiva e orientata alla sicurezza nazionale. Il Nord America è solo il primo tassello di una trasformazione più ampia, e l’Europa potrebbe essere la prossima a dover fare i conti con la nuova dottrina economica di Trump.
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