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Trumpeconomics
Segnali tra USA-Europa: l’intreccio tra politica economica e geopolitica nella nuova era del governo dell’economia

Come abbiamo evidenziato più volte, l’elezione di Trump ha oscurato la tradizionale narrazione sulla politica economica in favore di un concetto più ampio e potente: l’“economic statecraft”, il Governo dell’economia, ovvero l’uso della politica economica come strumento di strategia geopolitica. Le decisioni da parte delle banche centrali riunitesi la scorsa settimana, come la riduzione di 25 punti base dei tassi di interesse da parte della Bank of Canada, il mantenimento dello status quo da parte della Federal Reserve e il rialzo del costo del denaro di 100 punti base da parte della Banca Centrale del Brasile (BCB), sebbene non abbiano sorpreso i mercati, sottendono a scelte strategiche che vanno ben oltre i semplici numeri. Prima ancora che le riunioni delle banche centrali avessero luogo, il Financial Times ha riportato una notizia degna degli anni ’20: oro (ma anche argento) stanno lasciando il Regno Unito per approdare negli Stati Uniti in vista di possibili dazi commerciali. Gli investitori in oro indicano il rischio di inflazione sotto la presidenza Trump come una ragione primaria del deflusso di metallo prezioso, ma la realtà è più complessa. L’oro sta lasciando il Regno Unito proprio mentre il Cancelliere Reed cerca di convincere i mercati della validità delle sue politiche di crescita.
Nuove bolle speculative?
La Bank del Canada ha eliminato la forward guidance a causa del rischio imminente di dazi statunitensi del 25%. Sebbene abbia rilasciato una comunicazione post meeting apparentemente neutrale, il Governatore ha lasciato intendere che, se i dazi venissero imposti, la banca dovrebbe intervenire. Ma in che modo? Tagliando i tassi o aumentandoli? La Federal Reserve ha ammesso che i prezzi degli asset sono elevati e che i tassi di interesse sono ben al di sopra del livello neutrale, ma non ha fretta di tagliarli. Il motivo? Deve valutare gli sviluppi delle politiche economiche di Trump. Il presidente ha reagito con una furiosa tirata di orecchie sui social media, sottolineando come, a suo dire, sia lui a decidere le politiche economiche, mentre la Fed dovrebbe limitarsi a implementarle. D’altro canto, l’amministrazione della Casa Bianca ha approvato il “placet” del Presidente della Fed Jerome Powell affinché gli istituti di credito statunitensi aiutino i clienti nel settore delle criptovalute. Il semaforo verde potrebbe tradursi in nuove bolle speculative o a una strategia di statecraft economico basato nel sostenere favorisce asset digitali “Made in America”, escludendo ogni potenziale rivale internazionale. Sul fronte fiscale, l’amministrazione Trump sfiderà il Congressional Budget and Impoundment Control Act del 1974, che limita la capacità dell’esecutivo di controllare la spesa pubblica.
Il controllo di Trump
La Casa Bianca sostiene che il Presidente dovrebbe poter bloccare trasferimenti visti come eccessivi o che vanno contro la sicurezza nazionale. Inoltre, si prospetta una riforma per facilitare il licenziamento dei dipendenti pubblici e per ridurre la spesa delle agenzie indipendenti. In pratica, il principio secondo cui “Il Presidente propone e il Congresso dispone” potrebbe evolversi in “Il Presidente propone, il Congresso dispone e il Presidente si oppone”. Uno dei punti cruciali della politica economica statunitense è l’uso del Defence Production Act per ridurre i prezzi del petrolio. La recente nomina del Segretario degli Interni Doug Burgum, ex governatore del North Dakota, nel Consiglio di Sicurezza Nazionale è un chiaro segnale: la Casa Bianca vuole un maggiore controllo sulle RISORSE MINERARIE in nome della sicurezza economica. Sul fronte dell’immigrazione, Trump intende trasferire fino a 30.000 immigrati illegali a Guantanamo Bay, con l’obiettivo di scoraggiare ulteriori ingressi irregolari. Questo, unito a un’eventuale riduzione del personale federale, potrebbe creare uno scenario in cui la domanda di lavoro derivante dalla stretta sull’immigrazione venga colmata dai licenziamenti nel settore pubblico.
Le iniziative UE
Il mix di politiche delineato sopra sarebbe teoricamente coerente con un dollaro più forte. Tuttavia, la riduzione dell’inflazione interna e dei tassi di interesse potrebbe moderare tale rafforzamento. Inoltre, il dollaro potrebbe essere sempre più integrato in una rete di criptovalute occidentali, consolidandone l’uso come asset chiave nel commercio globale. Nel frattempo, l’Unione Europea cerca di rispondere alle sfide globali con un nuovo piano di competitività basato sul Rapporto Draghi.La Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato una serie di iniziative tra cui: AI Gigafactories e piani d’azione per materiali avanzati, quantum computing, biotecnologie, robotica e tecnologie spaziali; una strategia per start-up e scale-up europee; un nuovo Clean Industrial Deal per promuovere tecnologie pulite e modelli di business circolari; un piano d’azione per l’energia accessibile e un acceleratore per la decarbonizzazione industriale; una nuova regolamentazione sugli appalti pubblici per favorire i settori critici europei; la creazione di un European Savings and Investment Union per migliorare i flussi di investimento. Seppur ambiziosa, questa strategia appare un mix costoso e burocraticamente complesso, con un livello di consenso limitato tra i governi nazionali dell’UE. L’aver voluto poi rimarcare l’intenzione di proseguire sulla strada fallimentare del Green Deal indica come questa commissione non intenda fare della crescita il suo core business.
La morsa delle vecchie élite
L’epoca in cui le banche centrali potevano limitarsi a valutare inflazione e tassi d’interesse è finita. Oggi, ogni decisione deve essere analizzata nel contesto della grande strategia economica globale. Gli attori principali – Stati Uniti, UE e Cina – stanno implementando modelli diversi di statecraft economica, con implicazioni profonde per i mercati e per la geopolitica. L’Europa come sappiano brancola nel buio. La morsa delle vecchie élite rimane evidentemente troppo forte per cedere al cambiamento. Nel frattempo però ieri Il Parlamento tedesco ha approvato la prima delle due mozioni presentate dall’Unione di Cdu e Csu. I voti a favore sono stati 348, contrari 345, astenuti 10. Decisiva per l’esito del voto è stata la scelta del gruppo parlamentare dell’estrema destra di Afd di sostenere la mozione. Il focus rimane al 23 febbraio giorno delle elezioni in Germania.
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