La marcia dei sindaci. E la marcia di Vincenzo De Luca. Su Roma, fin sotto palazzo Chigi, davanti al ministero in cerca del ministro Fitto (assente) o di qualunque altro membro del governo, a bussare cassa per i soldi (fondi di coesione) che non arrivano alla regione Campania (e alle altre regioni di centrosinistra), a dire no contro una legge (Autonomia differenziata) destinata a spaccare il paese e ad aumentare le disuguaglianze, naso a naso con la polizia, gli uomini in divisa da una parte, le fasce tricolore dall’altra. Brutta scena. Un’ora e mezza di alta tensione. Che finisce poi a male parole, tra premier Meloni (“De Luca vada a lavorare invece di manifestare”) e governatore (“ma vada a lavorare lei, st….a”), lei in Calabria (con Fitto per l’appunto) e lui davanti a Montecitorio e poi in Transatlantico dove giornalisti e telecamere hanno documentato una delle giornate più amare di questa legislatura. “Un governo che carica i suoi sindaci e scarica i territori” è la felice sintesi di Riccardo Magi, deputato di +Europa.

Il mancato ricevimento

Giornata triste per la democrazia visto che nessun membro del governo ha trovato il tempo di ricevere e ascoltare le legittime istanze di trecento sindaci campani e del loro presidente di regione. Ci ha messo una pezza il perfetto di Roma Lamberto Giannini che, dopo aver salvato la Capitale nelle scorse settimane dal rischio paralisi causa trattori, ieri è stato l’unico rappresentante del governo che ha saputo trovare il tempo di ricevere in prefettura gli amministratori arrivati in treno dalla Campania e ascoltare le loro istanze. Più in generale, si può considerare fallito anche il tentativo di Giorgia Meloni di isolare De Luca rispetto alla comunità del Pd. Ancora di più visto che già tra i due ci sono scintille per non dire peggio. Ieri mattina la segretaria del Nazareno in un’intervista ha puntato il dito contro “la patriota che divide l’Italia” che con la legge sull’autonomia differenziata “mina servizi essenziali come la salute e la scuola”. Cercando di anticipare e intestare al partito la battaglia di De Luca contro l’autonomia differenziata approvata al Senato nelle scorse settimane. E anche quella dei fondi di coesione che il governo pare non distribuire come dovrebbe. Questa almeno l’accusa di De Luca che ha già presentato denunce in procura e al Tar contro il governo e, nello specifico, contro il ministro Fitto.

I 300 sindaci campani

In nome e per conto di un sud rispettato e finanziato al pari delle altre regioni ieri mattina sono sbarcati a Roma circa 300 sindaci campani guidati dal presidente della Regione Vincenzo de Luca. Hanno indossato le fasce tricolori e si sono dati appuntamento in piazza Santi Apostoli, uno degli ultimi luoghi iconici del Pd nella capitale. Tra loro anche deputati ed eurodeputati del Pd (Pina Picierno). Assente il sindaco di Napoli Manfredi, presente Mastella, sindaco di Benevento che ha spiegato perché ha aderito alla battaglia di De Luca. “Quella contro l’autonomia è una giusta battaglia: le condizioni di marginalità del sud sarebbero fortemente incrementate e non mi pare un’ipotesi praticabile”, ha aggiunto Mastella.

Il governatore ha tenuto il discorso in piazza Santi Apostoli. Contro l’autonomia. E per chiedere che vengano sbloccati quei soldi (solo per la Campania circa quattro miliardi) dei Fondi coesione europei che invece il governo, e il ministro Fitto che ne detiene la chiave, trattengono accusando le regioni del sud di non saperli spendere. Peggio, di sprecarli. È una battaglia durissima quella sui fondi: sono delle regioni, spettano alle regioni ma “guarda caso a quelle governate dal centrosinistra, noi e la Puglia, non li stanno dando. Tutto fermo da un anno e mezzo. E sarà così per un altro anno”. Guarda caso fino alla campagna elettorale per il rinnovo dei consigli regionali. All’Emilia Romagna pare siano arrivati “sono quelli mandati da Ursula von der Leyen”. Sono percorsi misteriosi quelli dei fondi di coesione. Fatto sta che le regioni “rosse-rosè” non li hanno visti. Solo una coincidenza?

Il tentativo di De Luca

Il colpo d’occhio sia piazza Santi Apostoli era quello delle grandi occasioni solenni. Manifestazione autorizzata, ovviamente. A quel punto, dopo le 12 e 30, De Luca decide che non poteva finire così. “Ci deve ricevere qualcuno del governo” suggerisce. E parte con una delegazione di una sessantina di sindaci alla volta di palazzo Chigi. E della galleria Sordi che ospita gli uffici di numerosi dicasteri tra cui quello del Sud, del Pnrr, della Coesione sociale e degli Affari europei, il superministero di Fitto, quello – anche – con la maggiore dotazione finanziaria.

A pochi metri da largo Chigi però la delegazione viene fermata. Prima dagli addetti agli ingressi, “scusate ma qui non c’è nessuno”. Come nessuno, è venerdì mattina, non c’è un sottosegretario, qualcuno delegato a spiegare e trattare? Arriva in compenso un messaggio dal ministro Fitto, impegnato a Reggio Calabria con la presidente Meloni e e il presidente Occhiuto: “Per quello che riguarda la Campania è ancora in corso l’istruttoria sui fondi di coesione”. “Chiacchiere, qui siamo ancora alle chiacchiere, andiamo a palazzo Chigi” dice De Luca che si mette a capo delle fasce tricolori. La piazza è transennata, lo era forse meno il giorno prima quando erano giunti sin qua gli agricoltori (senza i trattori). Raggiunto l’unico varco rimasto aperto, si vede la scena che non avremmo mai voluto vedere: la polizia, che presidia la piazza, ha avuto l’ordine di “fare muro e contrastare”. Poliziotti contro sindaci con addosso il tricolore. “Non si può andare oltre” dice il dirigente responsabile dell’ordine pubblico. “E allora chiedete che qualcuno venga qui a parlare, sennò dovete caricarci, è chiaro? Ci dovete uccidere” urla il governatore.

Sarà il prefetto Giannini l’unico che ci mette la faccia: Ospiterà la delegazione in prefettura con quel minimo di rispetto che si deve ad un eletto dal popolo che chiede di interloquire con il governo. A palazzo Chigi, a quanto pare, non è disponibile neppure un sottosegretario.

Il commento di FdI

Intanto la premier Meloni, sempre in Calabria, può leggere alcuni report e vedere alcune immagini. “De Luca vada a lavorare invece che a marciare” è il commento che trapela e che le agenzie fanno rimbalzare. De Luca lo viene a sapere una volta lasciata la Prefettura e tornato a piedi a Montecitorio, accompagnato da vari parlamentari. C’è anche Piero, il figlio. Ed è a questo punto, dopo un’ora e mezzo di alta tensione, che il governatore fa l’unica cosa che non doveva fare: insultare la premier. “È intollerabile questo atteggiamento, centinaia di sindaci che stanno qua e che non hanno i soldi per l’ordinaria amministrazione. Lavora tu str..za”.

E’ un attimo passare dalla ragione piena al torto colpevole. Comprensibile, vista la tensione. Ma non si può fare. Un presidente di regione non può farlo. Infatti è questa l’unica cosa che poi circola nel resto del giorno: l’insulto e l’offesa alla premier. “Ci chiediamo se i dirigenti del Pd, a partire dal segretario Schlein, non provino imbarazzo alcuno nel vedere un presidente di Regione espresso da quel partito, insultare, irridere e dileggiare chiunque osi contrastarlo” commenta Tommaso Foti, capogruppo FdI alla Camera. Seguono decine e decine di commenti fotocopia tutti firmati dai Fratelli d’Italia. E ancora una volta il problema non sono più i soldi che non vengono destinati alla regione e ai suoi sindaci, alla comunità di quel territorio perché sospettata di essere “incapace a gestirli”.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.