La pubblica persecuzione di Aboubakar Soumahoro, notoriamente priva di qualsiasi profilo discriminatorio, anzi ispirata a equanime salvaguardia di una categoria, quella degli immigrati, che da sempre è molto benvoluta da tutti, deve ora proseguire sulla scorta delle ultime, inoppugnabili rivelazioni del giornalismo d’inchiesta: il clan Soumahoro affamava i bambini, altro che difesa degli ultimi.

E a questo punto il fatto che il deputato negro (oddio, chiedo scusa: il talentuoso ivoriano) sia estraneo anche al più remoto sospetto di implicazione in qualsiasi ipotesi di illecito, beh, si capirà che è del tutto irrilevante: hai infatti un bel dire che non ha responsabilità penali, ma come la mettiamo con le borse di lusso della moglie mentre nei centri di accoglienza gestiti da quei trafficoni mancava persino il latte da dare ai bambini?

Perché il punto, diciamolo una volta per tutte, è questo: qui era in gioco la reputazione del Paese. Era a rischio il posizionamento umanitario e di fattiva assistenza che l’Italia tradizionalmente può vantare nel trattamento dei migranti: un regime di accoglienza pienamente compatibile con lo slogan “prima gli italiani”, e invece oltraggiosamente compromesso dal parlamentare che non rinuncia allo stipendio e non ripudia la moglie quando il giornalismo dell’onestà gli squaderna in faccia lo stato di famiglia riprovevole. Il fatto è che sui diritti dell’infanzia qui non si transige. Quando ci accorgiamo che sono messi in pericolo dalle “borseggiatrici rom”, per esempio, vale a dire le madri immonde che si fanno ingravidare per evitare la galera, noi interveniamo con immediatezza: e lo facciamo per quel motivo, per proteggere i loro figli, e siccome ci teniamo da matti mettiamo in prima pagina e in prima serata quest’emergenza nazionale.

Vorrai mica che ci si scordi dei bambini rom, questi innocenti maltrattati dalle madri delinquenti, non dalla società che usa gli altoparlanti per avvisare i cittadini perbene di stare attenti agli zingari. E così per i figli degli immigrati. Un conto è se fossimo nel Paese in cui qualche sconsiderato dice che gli immigrati diffondono le malattie, e rubano, e spacciano, e stuprano, e portano via il lavoro agli italiani, e vogliono cancellare la nostra cultura riproducendosi come conigli e impiantando una schiatta di renitenti alla civiltà italica che pretende pure la cittadinanza.

Ma per fortuna qui da noi nessuno ha mai nemmeno osato pensare queste cose, e i figli degli immigrati godono qui di attenzioni senza pari, da sempre e da parte di tutti. Se dunque scoviamo un manigoldo con gli stivali infangati che fa le mostre di difenderli mentre quelli stanno a languire senza cibo, noi sappiamo da che parte stare: dalla parte di quei bambini e contro le ipocrisie di quel negro (oh santo cielo, chiedo scusa nuovamente: quel furbacchione africano). Qui i diritti dei migranti e dei loro bambini sono difesi senza se e senza ma. Se Aboubakar Soumahoro pensa di passarla liscia giusto perché ha evitato un’imputazione penale, allora si sbaglia di grosso. La proteggiamo noi, quella povera gente: e lui magari non renderà conto della propria infamia in un tribunale, ma in faccia al Paese dell’accoglienza e della tolleranza, ne stia certo, sì.