La polemica
Soumahoro e Kaili sgominati, ora vi occupate di deboli e oppressi?

Ora che hanno sgominato il clan Soumahoro, ora che Antonio Panzeri ed Eva Kaili e le loro famiglie, bambini compresi, sono stati messi in condizione di non nuocere, quelli che hanno dedicato ettari di editoriali e maratone televisive ai misfatti di quei lestofanti potranno con l’antica passione, e nella certezza di aver fatto piazza pulita di coloro che li oltraggiavano, dedicarsi ai diritti dei migranti e delle vittime dei regimi dittatoriali.
La militanza civile delle pubbliche accuse giornalistiche, tradizionalmente rivolta alla difesa dell’umanità sprovveduta di protezione, dei derelitti, degli emarginati, degli oppressi dall’ingiustizia, e sempre solerte nel non lasciar correre nemmeno la più piccola violazione delle guarentigie dovute a quei bisognosi, potrà assistere con soddisfazione ai risultati del proprio lavoro e rivendicare con forza di aver contribuito a riaffermare le ragioni dei deboli e degli oppressi vilipese dal talentuoso ivoriano, dall’ex sindacalista mariuolo e dalla parlamentare greca con il compagno parvenu – viene da Abbiategrasso, spiega la stampa coi fiocchi – che si mette a piagnucolare davanti ai giudici che gli chiedono conto di quelle valigie piene di soldi.
Dopotutto è un bene. Senza le malversazioni di questo gruppo criminale i diritti civili saranno tutelati ovunque con la pregressa energia, e qui da noi i migranti potranno godere con pienezza delle cure tradizionalmente loro assicurate, buoni ricoveri e sistemazioni impeccabili, lavori ben remunerati e un generale clima di fraterna accoglienza: e a guardia del loro benessere, appunto, staranno una stampa, una comunità politica e una società attentissime a reprimere sul nascere anche i più tenui, e invero isolatissimi, fenomeni di discriminazione razzista, anche i più piccoli, e in realtà rarissimi, episodi di intolleranza xenofoba. E ovviamente una tale opera di ripristino della legalità sul fronte della cooperazione umanitaria e delle libertà civili val bene qualche fisiologica compressione dei diritti degli indagati, perché dopotutto si tratta di gente che faceva impunemente carriera e denaro sulla pelle dei poveracci che menava vanto di difendere. E anche quella bambina di meno di due anni, accompagnata dal nonno nella prigione in cui sta la madre, per colpa di questa semmai soffre, per colpa della madre che non si troverebbe lì dentro se non si fosse messa a prendere mazzette.
Crescerà e imparerà a leggere: e se la madre sarà riconosciuta innocente faticherà a trovare la notizia; se invece la madre sarà condannata le spiegheranno in prima pagina che la giustizia faceva bene a tenerle separate, perché era la figlia di una poco di buono. Un po’ come i figli dei clandestini, che se sapessero leggere sarebbero costretti a imparare che i loro genitori a dir poco mettono a rischio la sicurezza del Paese, e a dirla tutta portano le malattie e rubano il lavoro agli italiani. E che poi queste cose non le scrivano Soumahoro e Panzeri, ma molti di quelli che li processano sui giornali, è solo un altro dettaglio di questo spettacolo insopportabile.
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