I giornali iniziano un po’ ad ansimare. Il Qatar-gate non dà più molto. Dovevano spuntare nomi, partiti, miliardi. Qui pare che un anno e mezzo di indagini abbia portato solo alla scoperta di un paio di valigette di banconote. Delle quali si ignora la provenienza, l’eventuale natura criminale, e soprattutto l’obiettivo. A quasi una settimana dall’esplodere di quello che è stato definito lo scandalo politico del secolo ancora nessuno è in grado di dirci qual è il reato che si contesta agli arrestati. Dal momento che nessuno crede che il Qatar possa essersi messo in moto per ingerirsi negli affari dell’Europa allo scopo unico di ottenere da una deputata greca un discorsetto, ascoltato da pochi intimi, di lievi lodi per il regime di Doha. E allora?

Non ho idea. Non ho informazioni, anche perché né io né i giornalisti del mio giornale hanno contatti coi servizi segreti. Noi siamo un giornale un po’ particolare. Niente veline, niente manine, niente 007. Diciamo solo quel che vediamo. E su cui – se ci è possibile – ragioniamo. Oggi io vedo due cose. Una chiara, certa. L’altra fumosa. Ma sono due cose che sin qui non hanno sollevato nessun interesse da parte della stampa e della politica. Quella chiara è che le autorità giudiziarie belghe, in violazione di qualunque principio giuridico e della dichiarazione universale dei diritti umani (1948) stanno usando una bambina di 22 mesi come ostaggio e strumento di pressione per far confessare e ottenere eventuali delazioni dai genitori che hanno catturato e messo in carcere. Peraltro è chiaro più o meno a tutti che l’arresto dell’onorevole Kaili, mamma della bambina, è stato del tutto illegale perché la deputata europea godeva, evidentemente, della immunità della quale godono tutti i parlamentari, almeno nella parte più avanzata del mondo.

Il sequestro della bambina e il suo uso come strumento di pressione verso genitori è una vera infamia. Possibile che la cosa lasci tutti indifferenti? Possibile che nessuno conosca i bisogni di una bambina di 22 mesi (a quell’età molti bambini ancora prendono il latte dal seno della mamma)? Possibile che non ci sia una sollevazione contro una azione così inumana, mentre monta lo sdegno verso l’on Cozzolino, che a me risulta non sia neppure indagato? Sarà una mia ossessione, ma io penso che per sollevare la questione morale bisogna almeno possedere un abbozzo di morale. Mi dite che morale c’è nell’indignarsi per Cozzolino e non per il sequestro di un bambino?

La seconda questione che vorrei sollevare è quella degli 007. Cosa sappiamo, fin qui, di questa inchiesta e delle sue origini? Sappiamo che tutto nasce da alcune inchieste delle procure americane, le quali avevano deciso di indagare sul Qatar che era riuscito a soffiare agli Stati Uniti l’assegnazione dei mondiali di calcio del 22. Dopodiché la faccenda è stata presa in mano dai servizi segreti belgi. Ma i servizi segreti spesso non sono segretissimi, e così pare che agli 007 belgi si siano affiancati 007 di svariati altri paesi. Forse anche italiani. Forse no. I quali hanno agito senza informare la magistratura, sottotraccia, utilizzando mezzi di indagine che difficilmente possono essere considerati regolari nei paesi europei a stato di diritto. Comprese delle perquisizioni. E naturalmente pedinamenti, intercettazioni, infiltrazioni.

Ora magari voi potete pensare che io sia legato a vecchi cliché politici. Può darsi. Io penso invece che sia solo esperienza: quando un’indagine è guidata dagli 007 c’è poco da fidarsi. Molto spesso è una operazione che ha fini che noi non possiamo conoscere, spesso ha dei mandanti, spesso i mandanti sono imprevedibili, spesso dietro ci sono interessi politici inconfessabili. Non saprei dire quali. A occhio mi sembra una operazione volta a colpire la credibilità e l’autorevolezza dell’Europa in un momento di grande scombussolamento delle relazioni e dei rapporti di forza internazionali. Ma immagino che tutto ciò non interessi a nessuno. Ora la cosa importante è capire quante randellate dare a Cozzolino. La questione morale è tutta qui.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.