È la solita storia del “premesso che”. Premesso che siamo garantisti, quello è un ladro. Premesso che siamo garantisti, è una vergogna. Premesso che siamo garantisti, è evidente che quella è una famiglia di farabutti. Premesso che siamo garantisti, insomma, garantiamoci il diritto di fare a pezzi un indagato, e la moglie, e la figlia, arrestate non si sa in base a quali imprescindibili esigenze cautelari, perché d’accordo che la giustizia deve fare il suo corso ma intanto ci pensiamo noi. Per il dovere di informare la gente. Per la difesa dell’onestà. Per la democrazia.

E come Soumahoro va strattonato tanto più fortemente perché faceva le mostre di difendere i deboli mentre la moglie si faceva il guardaroba di lusso alle loro spalle, così Panzeri, l’ex deputato del Pd, l’ex sindacalista, va castigato a reti unificate e a prime pagine scandalizzate perché il suo profilo progressista nascondeva in realtà le chat sulle vacanze da centomila euro. Con lo strepito misurato non sulla ipotetica provenienza illecita dei soldi destinati a quel lusso, che ancora ancora ci potrebbe stare, ma sulla intrinseca portata oltraggiosa di tanta spesa. La settimanella nella pensioncina in riviera, evidentemente, non avrebbe revocato la sua perfetta presentabilità democratica.

Ovviamente la sua parte politica scaricherà prima del processo, solo sulla base di quel chiasso mediatico e unicamente sull’onda della retata, questo suo eminente (fino a ieri) rappresentante, ed è desolante assistere ai gesti vigliacchi di quelli che rinnegano persino, ora che è finito in disgrazia, di averlo conosciuto (qualcuno, come Andrea Orlando, è arrivato a rimuovere un proprio messaggio con il quale si congratulava con Panzeri per non si sa più quale incarico o iniziativa). Ovviamente non si dice che la notizia dovesse scomparire, o che il milieu politico e amicale di Panzeri dovesse limitarsi, nell’apprenderla, a fare spallucce. Ma anche qui, e per l’ennesima volta pur dopo oltre trent’anni di giustizia giornalistica, il protocollo continua a svilupparsi nel solco tradizionale della condanna già confezionata: e con quella premessa (“premesso che siamo garantisti”) chiamata a un ruolo anche più bastardo, cioè a legittimare i pregiudizi e il verdetto popolar-televisivo che invece dovrebbe sorvegliare e possibilmente inibire.

Ti sbattiamo in prima pagina e pubblichiamo le tue chat di famiglia, d’accordo, ma di che cosa ti lamenti? Non sai che siamo garantisti? La premessa garantista è insomma il lasciapassare di cui gode ogni nefandezza giustizialista. Il cosiddetto sistema dell’informazione dovrebbe comportarsi diversamente anche solo in omaggio a una regola statistica, se non già per un minimo di decenza e rispetto dei diritti delle persone: e cioè perché troppe volte, troppe, e con il sacrificio della reputazione, e a volte della vita, di tanti, i presunti scandali avevano di scandaloso soltanto l’inconsistenza su cui si basavano. Può darsi che questo non sia il caso, ma tante volte il caso è stato proprio questo. Non basta a suggerire un po’ di prudenza? E quella premessa farlocca (“premesso che siamo garantisti”), non dovrebbe supporre il dovere di ascoltare anche, forse prima, quel che ha da dire a propria difesa l’indagato? O “premesso che siamo garantisti” significa fare gli equanimi ripetitori dell’accusa?