Un nuovo scenario, inedito, e in grado di risolvere alcuni punti interrogativi del delitto di via Poma, dove nel 1990 la ventenne Simonetta Cesaroni venne brutalmente assassinata con 29 coltellate. Una pista sulla quale i carabinieri di piazzale Clodio avrebbero lavorato per due anni e che manterrebbe la famiglia Vanacore al centro del giallo con Mario, figlio del portiere, sospettato killer. A svelare la ricostruzione del delitto è Repubblica, che ha visionato il quadro fornito dagli investigatori. Sulla vicenda però, la pm Gianfederica Dito ha chiesto l’archiviazione: impossibile attribuire la responsabilità penale in capo a Mario. Restano così forti perplessità sulla reale fondatezza dell’ipotesi (presentata dopo l’esposto dei familiari della vittima) che tra le altre cose darebbe una risposta al misterioso ritrovamento dell’agenda telefonica.

La ricostruzione del delitto

Nella lunga ricostruzione dei militari dell’Arma, martedì 7 agosto 1990 Simonetta Cesaroni – segretaria contabile presso l’ufficio degli Ostelli della gioventù – arriva in sede intorno alle 15:40-15:50. Al momento della sua entrata, la portineria era deserta in quanto il portiere Pietrino Vanacore era assente, così come la moglie Giuseppa De Luca.  Secondo l’informativa dei militari, tra le 17:50 e le 18:15, Mario Vanacore avrebbe fatto il suo ingresso negli uffici degli ostelli utilizzando le chiavi in suo possesso e armato di agenda telefonica per effettuare gratuitamente chiamate interurbane.

Quando il figlio del portiere è entrato negli uffici e ha trovato inaspettatamente Simonetta Cesaroni. Con l’intenzione apparente di abusare della giovane, probabilmente sotto minaccia, l’ha costretta a dirigersi nella stanza del direttore (dove successivamente è stato ritrovato il cadavere). Nonostante la resistenza della ragazza l’uomo ha reagito con violenza colpendola al viso, facendola cadere a terra. Poi l’omicidio, con Vanacore che si impossessa dell’arma del delitto e colpisce Simonetta Cesaroni ventinove volte.

La fuga e il depistaggio

Il figlio del portiere sarebbe uscito “dalla stanza aprendo la porta e lasciando il proprio sangue sul lato interno e sulla maniglia”.
Porta dove gli inquirenti di allora isoleranno “la traccia ematica di gruppo A, non appartenente a Simonetta Cesaroni”. Nel momento della fuga, l’uomo avrebbe dimenticato peraltro l’agenda telefonica. Poi la richiesta d’aiuto, con una chiamata al padre e alla matrigna. Negli istanti successivi sarebbe partito il depistaggio, con gli indumenti e gli oggetti della vittima portati via e con Mario Vanacore che nel frattempo sarebbe andato in farmacia per medicarsi.

In tarda serata l’arrivo della sorella – assieme al fidanzato, al datore di lavoro e a suo figlio – tutti preoccupati per non averla più vista rientrare. Prima della scoperta del cadavere di Simonetta emerge come la moglie di Vanacore, Giuseppa De Luca, insieme a Mario, abbiano tergiversato prima di accompagnare Paola Cesaroni e gli altri all’ufficio. Il ritardo, secondo l’informativa, avrebbe avuto lo scopo di permettere a Pietrino di allontanarsi e di salire al quinto piano da Cesare Valle.

Dopo la richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero, spetterà al gip decidere se accoglierla o meno.

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