Sono stati tutti assolti con formula piena perché il fatto non sussiste i dirigenti della Tirreno Power imputati per disastro colposo nel processo sulla ex centrale a carbone di Vado Ligure. Tutto iniziò nel 2014 con il sequestro preventivo e spegnimento dei gruppi a carbone e il commissariamento della centrale ad opera del gip di Savona Fiorenza Magni “per motivi di sicurezza sanitaria” sollecitati dai dati dell’associazione Medicina Democratica che con Legambiente, Wwf, Greenpeace a Arci ne chiedeva la chiusura.

Per la gip l’azienda provocò “decessi riconducibili direttamente alla presenza della centrale” e la responsabilità di tale situazione è “esclusivamente attribuibile alle emissioni della centrale”. Alla base della richiesta alcune perizie epidemiologiche, presto smentite da studi ambientali dell’Arpa Liguria e sanitari dell’Iss. Ma per l’allora Pm Granero la centrale era responsabile di 400 morti. Le autorità ambientali e sanitarie stabilirono che negli anni successivi allo spegnimento l’inquinamento nel savonese aumentò. In pochi, tra cui Teresa Bellanova, credette subito alla tesi che smontava quella della procura.

Tirreno Power ha contestato fin dall’inizio la legittimità del provvedimento. Secondo l’azienda, il sequestro – preludio poi all’abbandono forzato del carbone – si è fondato su motivazioni ideologiche più che giuridiche. L’azienda aveva rispettato tutte le autorizzazioni, ma nel provvedimento di sequestro del 2014 la gip Giorgi sottolineava quanto fosse imprudente la scelta di attenersi sempre “a un livello di gestione degli impianti prossimo al limite massimo del tetto emissivo previsto dalla legge”. Sui giornali finirono anche delle intercettazioni al sottosegretario Claudio De Vincenti, mai indagato.

L’allora governatore Claudio Burlando, del Pd, imputato e poi archiviato insieme all’allora assessore della Liguria Raffaella Paita. La centrale si chiuse definitivamente nel 2016, lasciando a casa mille lavoratori. L’allora governo Renzi dichiarò Savona area di crisi complessa, investendo 50 milioni. Quest’anno il ministro Urso ne ha messi altri 30. Una parte è servita per riconvertire la centrale a gas, tra le manifestazioni contrarie delle associazioni ambientaliste.