L'anniversario
Edison compie 140 anni: dall’illuminazione della Scala alla sfida della transizione energetica e della decarbonizzazione
La società, che già negli anni ’50 del secolo scorso realizzò la prima centrale nucleare italiana, ora può guidare, con le innovative tecnologie di EdF e di Ansaldo, l’Italia verso la realizzazione di piccole centrali nucleari sicure che affianchino, come basi di fornitura continua di elettricità, le energie rinnovabili intermittenti nell’ottica della transizione energetica e della decarbonizzazione
La Fondazione Edison, in occasione dei 140 anni di vita della società Edison, ha ultimato un libro in due tomi intitolato “Il Gruppo Edison: 1883-2023”, a cura di Marco Fortis, Alberto Quadrio Curzio e Claudio Pavese, pubblicato per i tipi de Il Mulino. Volume che è stato consegnato lo scorso 29 novembre al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dall’Amministratore delegato di Edison, Nicola Monti.
La prima centrale elettrica d’Europa
Il Gruppo Edison, in effetti, ha alle sue spalle una lunga vita, che si è spesso intersecata con momenti decisivi della storia d’Italia. Edison è uno dei pochi grandi gruppi privati e pubblici con una storia pluridecennale che il nostro paese abbia conservato. Fu formalmente costituita nel 1884 con il nome di Società Anonima Generale Italiana di Elettricità Sistema Edison ma, nella sostanza, era già operativa dall’anno precedente. Nel corso del 1883, infatti, il suo futuro nucleo fondatore, composto di un gruppo eterogeneo di lungimiranti tecnici, banchieri e industriali lombardi guidati da un uomo di scienza e politico geniale come Giuseppe Colombo, aveva avviato a Milano la prima centrale elettrica d’Europa, dopo aver ottenuto i brevetti da Thomas Alva Edison.
La centrale era stata costruita all’interno dell’ex teatro di Santa Radegonda nei pressi di Piazza Duomo e cominciò a servire regolarmente alcuni negozi, caffè, alberghi del centro e il Teatro Manzoni durante l’estate; l’iniziativa ebbe successo e il giorno di Santo Stefano, in occasione dell’inaugurazione della stagione lirica, grazie all’energia prodotta da quel pionieristico impianto anche il Teatro alla Scala poté essere illuminato per la prima volta con la luce elettrica. Il 1883 può dirsi quindi il primo anno di attività di un’impresa che sarebbe diventata negli anni ’30 del XX secolo, dopo aver ormai assunto il nome abbreviato Edison, la più importante società anonima del nostro paese per capitale investito, e avrebbe sempre costantemente ricoperto fino alla nazionalizzazione del settore elettrico, avvenuta nel 1963, il ruolo del principale e più dinamico gruppo elettro commerciale nazionale, con una significativa presenza anche nel settore della distribuzione del gas in alcune importanti città (Milano, Reggio Emilia, Lecco, Terni e altre).
Gli sviluppi
La Edison fu anche la prima società industriale italiana a dotarsi di un Ufficio Studi, negli anni ’30, presso cui lavorarono anche illustri personalità come Ferruccio Parri e un giovanissimo Paolo Baffi. Nella sezione cinematografica della Edison, nei primi anni ’50, mosse i suoi primi passi anche un grande regista come Ermanno Olmi, che in quanto dipendente della società realizzò per la Edison diversi cortometraggi sulla realizzazione delle dighe nelle Alpi e sulle attività della Edison nel settore elettrico.
Dopo la nazionalizzazione, la maggior parte delle storiche attività di produzione e vendita dell’energia elettrica della Edison passarono in capo all’Enel e nel 1966 avvenne la fusione con la Montecatini, da cui nacque il Gruppo chiamato poi Montedison. Il periodo Montedison è stato caratterizzato per oltre un ventennio dalla centralità delle attività chimiche e, in seguito, anche di quelle agro-industriali e assicurative.
Tuttavia, con gli anni ’90 il business energetico, fino allora limitato a scopi di pura autoproduzione, riacquistò progressivamente rilevanza all’interno della Montedison. Le attività energetiche del Gruppo chimico erano già state riunite nella Selm nel 1979 (poi quotata in borsa a partire dal 1983). Nel 1991, con una decisione dal significato anche simbolico, la Selm riprese il glorioso nome Edison, alla vigilia di un nuovo importante ciclo di sviluppo. Il periodo dal 1991 in poi, infatti, è stato contrassegnato dal graduale abbandono della chimica da parte della Montedison e dalla sua uscita, anche dai settori delle assicurazioni e dell’agro-industria; parallelamente la Edison effettuava rilevanti investimenti sia nel settore elettrico che in quello del gas naturale, affermandosi quale principale operatore nazionale dell’energia dopo gli ex monopolisti Enel e Eni e conquistando quote di mercato sempre maggiori nel quadro della fase di liberalizzazione dei mercati delle utilities.
Un ritorno al passato
Sono ormai trascorsi 140 anni dalla nascita della Edison di Giuseppe Colombo. Oggi la Edison ha completamente rifocalizzato la propria attività nel tradizionale campo dell’energia: un ritorno al passato, dunque, ma non limitato alla semplice natura del business. Se guardiamo più in profondità all’insieme dei profili organizzativi e strategici, alle direttrici e alle modalità di crescita dell’azienda, scopriamo, infatti, che un ideale filo conduttore collega, in maniera assai più sostanziale di quanto non possa apparire a uno sguardo superficiale, il periodo recente del Gruppo con quello della «grande Edison» ante nazionalizzazione.
Tanti sono i punti di continuità tra passato e presente, a prescindere dalle vicende riguardanti l’azionariato e i suoi cambiamenti nel tempo. Soprattutto la costante dell’innovazione tecnologica, che, limitandoci a un paio d’esempi, portò in passato la Edison a realizzare opere idrauliche ed elettrotecniche d’avanguardia a livello mondiale (ammirate anche dal governo statunitense) e a costruire la prima centrale atomica italiana, quella di Trino Vercellese. Mentre in tempi più recenti la Edison ha sviluppato un rilevante programma di investimenti in centrali termoelettriche a ciclo combinato e in centrali eoliche.
La cessione
Nonostante i diversi cambi a livello di controllo azionario che si sono succeduti nei suoi 140 anni di vita, la Edison si è sempre caratterizzata per una certa indipendenza operativa dei suoi manager ed ha agito quasi costantemente in una logica sostanziale, se non formale, da public company. Dopo la sua fondazione rimase fino all’inizio del XX° secolo nell’orbita della Comit. Poi, sotto la guida di Giacinto Motta, passò sotto il controllo del Credito Italiano e di famiglie industriali importanti come i Feltrinelli e i Pirelli. Con la crisi del 1929 e delle banche miste, la Edison fu temporaneamente “irizzata” ma, a differenza della Società Idroelettrica Piemontese (SIP), che era entrata anche nella telefonia, e della Società Meridionale di Elettricità (SME), la Edison ritornò subito in mani private.
Fino alla nazionalizzazione del settore elettrico la Edison agì da vera e propria public company, consolidando il proprio ruolo di primo gruppo elettrico italiano. In seguito, cedute le sue attività all’Enel, il suo controllo divenne problematico nonostante i ripetuti tentativi di Enrico Cuccia, dopo la fusione della Edison stessa con Montecatini e la nascita di Montedison, di dare a quest’ultima un azionariato stabile e di mantenerla nell’orbita del “salotto buono” di Mediobanca. Tentativi che fallirono prima con la breve gestione “indipendente” della Montedison da parte di Mario Schimberni, che sfidò apertamente Cuccia, e poi con la scalata della Montedison da parte della Ferruzzi guidata da Raul Gardini.
La logica manageriale
Con la successiva crisi della Ferruzzi, il controllo della Ferruzzi-Montedison, fu poi preso da Mediobanca fino agli inizi degli anni Duemila, quando ciò che restava di quel Gruppo, cioè la Edison (nel frattempo ritornata protagonista nell’energia), passò prima sotto il controllo di Eléctricité de France (EdF) e di Fiat, poi di quello di EdF e di A2A e infine, dal 2012 in poi, sotto quello al 100% di EdF. Il fatto che la Edison sia una società italiana da oltre vent’anni sotto il controllo prima parziale e poi totale di un investitore straniero non le ha impedito di continuare ad operare con quella logica manageriale ed innovativa che l’ha sempre contraddistinta nei suoi 140 di vita e di agire nell’interesse nazionale. La Edison, ad esempio, è stata l’unica società italiana che negli ultimi 25 anni abbia investito massicciamente nelle infrastrutture per l’approvvigionamento di gas. Una scelta lungimirante. Infatti, nel 2022, con l’esplosione del conflitto russo-ucraino, senza il terminale off-shore al largo di Rovigo per il gas naturale liquefatto costruito dalla Edison nei primi anni Duemila e il gas del Qatar importato dalla Edison stessa tramite quel terminale, l’Italia avrebbe avuto grossissimi problemi di autosufficienza energetica.
Il fatto che non siano stati dei “campioni nazionali” a realizzare quel terminale ma una società italiana a controllo straniero dovrebbe far riflettere molto sia sull’importanza della concorrenza (che spinge operatori diversi dagli incumbent a fare investimenti strategici che gli incumbent non farebbero) sia sull’importanza degli investimenti esteri nel nostro Paese, da molti visti come una “colonizzazione” ma che in realtà anche in molti altri settori sono stati decisivi per stabilizzare o far crescere pezzi fondamentali dell’industria italiana, ad esempio nella moda o nella farmaceutica.
Ora la Edison, che già negli anni ’50 del secolo scorso realizzò la prima centrale nucleare italiana, può guidare, con le innovative tecnologie di EdF e di Ansaldo, l’Italia verso la realizzazione di piccole centrali nucleari sicure che affianchino, come basi di fornitura continua di elettricità, le energie rinnovabili intermittenti nell’ottica della transizione energetica e della decarbonizzazione. In quella che sarà forse una delle più importanti sfide che il nostro Paese dovrà affrontare nei prossimi vent’anni.
© Riproduzione riservata