L’Iran sta per mettere in scena l’ennesima elezione farsa che si svolgerà venerdì 1° marzo e alla quale, come è accaduto nelle precedenti, una grande parte della popolazione non parteciperà disertando il voto. Il Consiglio dei guardiani ha già accuratamente escluso centinaia di candidati sgraditi e alcune province sono state private di rappresentanti di minoranze locali. ll regime iraniano non è mai stato così odiato come lo è ora dalla popolazione iraniana in maniera trasversale, dal centro alla periferia. Già alle ultime elezioni presidenziali del 2021, solo poco più del 30% degli elettori espresse un voto valido. Le richieste di boicottaggio si stanno diffondendo rapidamente nel paese.

Gli attivisti che hanno difficoltà a veicolare i loro numerosi appelli al boicottaggio, non disponendo di alcun canale di informazione, stanno dando sfoggio di tutta la loro fantasia per diffondere il loro messaggio. Lo fanno organizzandosi in gruppi sui social, su Instagram, TikTok e su WhatsApp; lasciando bigliettini e volantini sull’uscio delle abitazioni e scrivendo sui muri delle città “No alle elezioni farsa”; “No alla Repubblica islamica”; “No al voto”; “Per la libertà” e “Morte a Khamenei”. In questi giorni si odono, anche di notte, canti che diffondono il tam tam del boicottaggio dalle finestre degli edifici di Tehran e delle province più remote del paese caduto in bancarotta a causa della corruzione e dell’incompetenza dei pasdaran e del clero, accusati dal movimento “Donna, vita, libertà” di essere saccheggiatori e ladri delle ricchezze della nazione.

Elezioni Iran, la repressione e l’invito a disertare le urne

La popolazione non crede che il regime possa essere riformato, vuole voltare pagina e liberarsi della Repubblica islamica. Il voto si terrà in un contesto di repressione senza precedenti dopo le proteste a livello nazionale seguite alla morte di Mahsa Amini nel settembre 2022. Con oltre 600 manifestanti uccisi, tra i quali circa venti mandati al patibolo, le autorità iraniane sono ben lontane dal colmare il divario con l’opinione pubblica che non vede l’ora di rovesciare le istituzioni islamiche. Anche Narges Mohammadi, attivista iraniana per i diritti umani e premio Nobel per la pace, dal carcere di Evin in cui è ancora rinchiusa, ha invitato gli iraniani a disertare le urne. “La Repubblica islamica merita di essere sanzionata dalla popolazione e bandita dalla comunità globale. Boicottare le elezioni in un regime dispotico non è solo una necessità politica, ma anche un dovere morale per ciascun individuo amante della libertà e della giustizia”, ha scritto Mohammadi in un suo post su “X”.

I giovani e gli oppositori nel paese, dal Sistan-Belucistan al Kurdistan, dal Khuzestan all’Azerbaigian si aspettano che la comunità globale sanzioni duramente la Repubblica islamica che sta operando una orribile e spietata repressione con l’uccisione di pacifici giovani che manifestano per le strade, con le esecuzioni extragiudiziali, con le continue impiccagioni, con le incarcerazioni, con le torture e gli stupri di uomini e donne e persino di bambini e bambine.

Elezioni Iran, il 1 marzo si elegge ufficio politico ayatollah e pasdaran

Il 1° marzo si terranno le elezioni per eleggere il Majlis, il Parlamento iraniano, e l’Assemblea degli esperti, l’organismo incaricato di nominare o revocare la Guida suprema che attualmente è rappresentata da Ali Khamenei. Ma non fatevi ingannare dai nomi altisonanti delle screditate istituzioni iraniane, non vi è nulla di democratico in esse, il cosiddetto Parlamento, ad esempio, non è altro che un ufficio politico degli ayatollah e dei pasdaran. I sondaggi condotti nelle ultime settimane dall’Istituto Gamaan, una organizzazione con sede nei Paesi Bassi che svolge analisi e misurazioni dell’orientamento della popolazione nei confronti del regime islamico, hanno rilevato che la partecipazione degli elettori alle prossime elezioni potrebbe addirittura non superare il 15%, il 77% degli intervistati ha dichiarato che non voterà. Il leader religioso Ali Khamenei, guida suprema, sta lanciando ripetuti appelli chiedendo ai cittadini di andare a votare. Altro dato molto indicativo, emerso nell’inchiesta di Gramaan, della profonda impopolarità del regime iraniano è rappresentato dalla risposta alla domanda: “Sei favorevole alla Repubblica islamica, Sì o No?” Circa il 75% ha risposto di “No” e solo il 16% di “Sì”.

Elezioni Iran, i sondaggi contro la dittatura

Ai partecipanti all’inchiesta è stato domandato anche quale fosse a loro avviso il metodo più efficace per ottenere un cambio di regime in Iran. Esattamente un terzo degli intervistati ha detto di ritenere possibile un cambiamento attraverso le proteste (33%); il 13,2% ritiene possibile un cambiamento con le elezioni, circa il 40% ritiene che nessuno dei due metodi sia efficace per realizzare cambiamenti radicali e che sia necessario il rovesciamento della Repubblica islamica come precondizione per un qualsiasi cambio di regime. Hassan Rouhani, l’ex presidente, considerato moderato, ha confermato che gli è stato impedito di candidarsi. Rouhani, a capo del Consiglio di sicurezza per più di 30 anni, era stato al centro dei massimi circoli decisionali della Repubblica sin dalla rivoluzione del 1979, ha fatto sempre il doppio gioco, ha cercato cioè, da integralista un po’ più moderato, di accreditarsi come riformista, anche se non lo era mai stato. La sua estromissione dalla competizione elettorale è da interpretare come l’ennesimo messaggio che l’establishment al potere sta lanciando risolutamente a sostegno del suo programma di “epurazione” per garantirsi che nessun critico si faccia strada nei circoli del potere e per blindare la struttura di regime attorno all’ottantacinquenne Khamenei.