L'esito del voto
Elezioni in Israele, Netanyahu vince col supporto dell’estrema destra: la sinistra quasi scomparsa dal Parlamento
Doveva essere una sorta di referendum personale, e alla fine l’ha vinto. L’esito delle urne israeliane, col Paese che martedì è andato al voto per la quinta volta negli ultimi quattro anni, ha premiato il leader del Likud, l’ex primo ministro di destra Benjamin ‘Bibi’ Netanyahu.
Le stime, lo scrutinio dei voti non è ancora terminato, danno il Likud primo partito con 31 seggi, davanti ai centristi di Yesh Atid a quota 24. Quest’ultimo è il movimento dell’attuale primo ministro Yair Lapid, in carica da dopo le dimissioni dell’ex primo ministro di destra Naftali Bennett.
Per formare una maggioranza alla Knesset, il Parlamento israeliano, servono 61 seggi: una impresa non facile in un sistema elettorale proporzionale puro. Ma stando alle stime dei principali media israeliani Netanyahu dovrebbe raggiungere i 66-67 seggi grazie al supporto dell’estrema destra.
Un ruolo chiave l’avranno infatti il cartello elettorale di estrema destra formato da Potere Ebraico e Partito Sionista Religioso: quest’ultimo, che includeva anche Otzma Yehudit in una lista di estrema destra, aveva solo 8 seggi nella Knesset e potrebbero arrivare a 14 diventando il terzo partito nazionale. A sostenere il governo Netanyahu ci saranno anche altri partiti estremisti, Ebraismo della Torah Unito, che rappresenta la comunità ebraica ultraortodossa, e Shas, che difende invece la comunità ortodossa di origine nordafricana e mediorientale.
Dodici seggi andrebbero al partito dell’ex ministro della Difesa Benny Gantz. Affermazione importante anche per Ra’am, la Lista Araba Unita di impronta conservatrice, che potrebbe diventare il più grande partito arabo in Parlamento con 5 seggi, stesso risultato per la sinistra di Hadash-Ta’al. Ra’am era anche l’unico partito arabo nel governo uscente a guida Lapid. Dalla Knesset scomparirebbe invece la sinistra: i Laburisti, partito che ha fondato il Paese e nel 1992 aveva 44 seggi, si ritrovano con soli 5 seggi. Sia Meretz che Balad (uno dei partiti che rappresentano gli arabi israeliani) sono sotto la soglia di sbarramento fissata al 3,25 per cento.
Proprio i partiti che non riusciranno a superare la soglia di sbarramento decideranno se Bibi potrà mettere insieme la maggioranza di 61 deputati necessaria per governare il Paese. Numeri che potrebbero consentire a Bibi Netanyahu, ancora sotto processo per frode e corruzione, di governare col supporto decisivo dell’estrema destra. Una rivincita clamorosa per l’ex primo ministro, l’uomo politico più a lungo al potere, ben quindici anni, nella storia di Israele: si è rivelato fallimentare infatti il tentativo di estrometterlo dal ruolo con una coalizione-ammucchiata che andava dalla destra anti-Bibi al centro fino alla sinistra e ai partiti arabi, tutti uniti dall’unico obiettivo di spodestarlo, ma con una maggioranza così risicata ed eterogenea da cadere in pochi mesi.
Un ruolo chiave per Bibi lo avrà Itamar Ben Gvir, capo del partito Potere Ebraico. Un personaggio inquietante che nelle scorse settimane è stato ripreso dalle tv mente, durante degli scontri tra forze dell’ordine israeliana e palestinesi, girava armato di pistola invitando i militari a sparare.
🇮🇱🇵🇸Far-right Israeli lawmaker Itamar Ben-Gvir pulled a gun at residents in Sheikh Jarrah, a Palestinian neighborhood in occupied East Jerusalem, on Thursday evening.#Israel #Palestine pic.twitter.com/Gqt9V7309Y
— Daily Middle East (@middleast_daily) October 14, 2022
Non solo: Itamar Ben Gvir, avvocato 46enne, era anche un discepolo del movimento Kach, organizzazione estremista fondata dal rabbino americano Meir Kahane, poi dichiarata fuorilegge nel 1994 per le sue posizioni razziste anti-musulmane e i suoi ripetuti incitamenti alla violenza contro i palestinesi, ancora oggi considerata un’organizzazione terroristica dall’Unione Europea. Colono residente nei Territori Occupati illegalmente da Israele, è noto anche per le posizioni anti-Lgbt e per aver auspicato in passato l’espulsione di tutti i palestinesi da Israele.
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