I temi del dibattito pubblico
Elly Schlein, il rischio dell’anonimato e dell’incomprensibilità: la leadership minata da un letargo comunicativo
Una fascinazione durata troppo poco, che ha cominciato ad appassirsi quando si è materializzato lo spettro dell’armocromista. Cartina di tornasole di una comunicazione masochista e asintonica
Elly Schlein aveva riacceso più di qualche speranza in quel centro-sinistra uscito con le ossa frantumate dall’appuntamento elettorale dello scorso settembre. Nei primi due mesi alla guida del Partito Democratico, la segreteria era apparsa a tanti come una novella Giovanna d’Arco, la sola capace di risollevare le sorti di una area politica che ribolliva di leader al testosterone. Lei, arrivata direttamente dalle praterie delle primarie, era sembrata la sola che potesse capeggiare la riscossa contro l’esercito della Meloni.
Una fascinazione durata troppo poco, che ha cominciato ad appassirsi subito dopo che al suo fianco si è materializzato lo spettro dell’armocromista. Cartina di tornasole di una comunicazione masochista e asintonica.
È quella la linea temporale che segna l’inizio di una regressione comunicativa preoccupante. Oggi, il rischio più grande che Elly Schlein dovrebbe scansare, ma verso il quale sta correndo spedita, senza minimamente fiutarne il pericolo, non è quello dell’incomprensibilità, come le ha rimproverato Lilli Gruber l’altra sera in diretta a La7. Fosse solo questo il punto, basterebbe poco alla segreteria dem per uscire dalla palude nella quale sembra oramai confinata da diverso tempo. No, il rischio vero e grave che le si para dinanzi è invece un altro, ben più insidioso: è quello di restare schiacciata nell’irrilevanza, in una bolla di audience auto-referenziale, di voler innanzi tutto parlare a una micro nicchia senza capire che tutto ciò può condannarla all’anonimato o, nella migliore delle ipotesi a una sterile subalternità rispetto alle narrazioni degli altri. In primis, quella di Giuseppe Conte.
Del resto, non c’è nulla di più catastrofico ed esiziale per qualsiasi leader politico di non riuscire a catturare l’attenzione e l’interesse dei cittadini, di non esser considerata la voce da ascoltare. Questo è banco di prova dei prossimi mesi della segreteria dem.
Nell’età della comunicazione e della digitalizzazione, la tenuta e l’appeal delle leadership politiche si misurano non tanto e non solo con la capacità di elaborazione teorica o di soluzioni pratiche, quanto prima di tutto con il metro della rilevanza mediatica e, all’interno di questa, di presidio dell’info-sfera digitale. Un like non equivale a un voto, guai a pensarlo, ma è una donazione di attenzione da parte dei follower. Un leader che non riesce a catturare l’attenzione digitale dei cittadini è nei fatti un leader che non esiste, che non fortifica una credibilità, che rischia di rimanere prigioniero nella Bastiglia dell’anonimato.
Di Giorgia Meloni possiamo criticare o condividere le scelte politiche e di governo, possiamo rimproverarle tanto, ma su un punto è difficile dissentire, a meno che non vogliamo metterci dei paraocchi: la sua capacità, attuale, di dettare l’agenda, cioè di scegliere o ribaltare le priorità dei temi del dibattito pubblico. Su questo terreno, invece, dopo un promettente inizio, Elly Schlein sta cedendo velocemente quote di audience e reputazione, nel suo campo d’azione a vantaggio di Giuseppe Conte e Matteo Renzi e di Giorgia Meloni nel fronte opposto. Negli ultimi due mesi, per citare un dato significativo, i post social pubblicati dalle due leader hanno ottenuto performance opposte: il successo dei contenuti pubblicati dagli account di Giorgia Meloni è superiore a quello incassato dai canali della Schlein. Così come, nella percentuale di incremento dei nuovi follower gli account della Meloni crescono più velocemente di quelli della rivale dem. Se Elly Schlein nei prossimi mesi non si libera dal letargo comunicativo rischia di minare irrimediabilmente la propria leadership.
© Riproduzione riservata