“Gli esperti ci avevano messi in guardia negli scorsi anni: gli eccessivi tagli imposti dal commissariamento avrebbero messo in difficoltà la sanità campana in caso di emergenza”. A parlare è Stefano Caldoro, governatore della Regione dal 2010 al 2015, oggi presidente, all’opposizione, del gruppo di Forza Italia in Consiglio.

Presidente Caldoro, la sanità campana è in grado di affrontare l’emergenza sanitaria?
“C’è un problema generale di debolezza del sistema e, purtroppo anche di posti letto in terapia intensiva. In tutto il Meridione, e così anche in Campania, c’è un numero di posti di terapia intensiva più basso che al Nord. A questo si aggiunge la carenza storica di personale a causa del piano di rientro che, negli ultimi anni dieci anni, ha imposto a chi ha governato di pagare i debiti, prima di ogni cosa. Questo ha fortemente indebolito il sistema tanto che, quando gestivamo questa crisi, gli esperti ammonivano questo approccio così rigido del piano di rientro. E una delle motivazioni degli esperti era proprio che in caso di emergenza non avremmo avuto modo di affrontarla a pieno. Eppure la risposta dal Ministero dell’Economia era sempre la stessa: ridurre il debito”.

Cosa dobbiamo aspettarci se il numero di contagiati aumentasse anche al Sud?
“Se c’è un elemento che ci può aiutare noi partiamo con un “vantaggio”, se così si può dire, di qualche settimana per attrezzare, come si sta facendo in Campania, Calabria, Puglia, Abruzzo, più posti in terapia intensiva e sub intensiva. Qui si stanno attrezzando l’Ospedale del Mare e le cliniche private per dare nuovi posti. Se si riescono ad allestire questi nuovi posti di terapia intensiva, almeno 150, raggiungeremmo il parametro di un posto di terapia intensiva ogni mille abitanti. Questo ci porterebbe ai livelli della Lombardia, pre emergenza. Certo, lì non sono bastati, ma è fondamentale raggiungere almeno questo traguardo nella speranza,  ovviamente, che le misure in atto ci mettano al riparo dall’allargamento del contagio”.

I governatori come hanno gestito la vicenda?
“Il punto di fragilità all’inizio è stato la sottovalutazione del problema da parte di tutti. Poi, con la stretta del governo centrale, il sistema intero si è allineato. È fondamentale che ci siano direttive uniche, nazionali e che siano chiare per tutti. Come è normale che sia, i governatori delle tre regioni più colpite, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna,  hanno spinto affinché ci fossero misure ancora più stringenti”.

E i sindaci? Alcuni stanno in silenzio, altri fanno passi falsi, come il sindaco de Magistris che due giorni fa ha detto: “Se il virus fosse partito da Sud ci avrebbero
sparato a vista”.
“Posso dare un consiglio: non bisogna aggiungere nulla all’informazione istituzionale e lasciare perdere commenti personali e politici che in questo momento non servono. Non bisogna cedere al protagonismo. Lo stesso presidente della Regione farebbe bene a fare qualche video in meno”.

Cosa ne pensa della nomina di Domenico Arcuri come commissario per l’emergenza?
“Dal centrodestra avremmo preferito un commissario che avesse una competenza più ampia, come Bertolaso e De Gennaro. Il governo ha scelto una figura più tecnica, legata agli acquisti e in questo Arcuri e Invitalia hanno un’esperienza e una competenza indubbia. Questa scelta rispecchia la volontà di Conte di mantenere per sé il controllo della task force”.

Per le elezioni amministrative si va verso il rinvio ad ottobre. Questo cambierà gli equilibri?
“Il tempo in politica cambia molto le cose. E imporrà, in un campo e nell’altro, di ripartire da zero. Senza dimenticare una cosa: questa crisi ci mostra che esperienza e capacità servono e l’opinione pubblica, una volta fuori da tutti questo, pretenderà dai partiti nomi che siano garanzia di competenza”.